Lanterne rosse di Zhang Yimou

The most superficial reasons for the fortune of Red Lanterns - the racking up of prizes at festivals, Gong Li's magnetic attractiveness, the formal care and narrative circularity, the presence of red lanterns, so evocative of a supposed "Chineseness" - are not sufficient elements to explain the extraordinary success of this film. This essay intends to explore three other, more karstic ones, which go to the root of the intercultural policies that activate Asian films in Europe. In the first instance, the work's traits of auto-orientalism act, "tuning in" certain visual imagery of China to the expectations of festival audiences; secondly, certain interpretative itineraries of critical reception that problematise (and misunderstand) the relationship between the film and History, present and past, acquire an important role; Finally, the text dwells on the synthetic tensions that run through the narrative and that open up the idea - together with the previous two points - that the exceptional consensus acquired stems from a sort of metonymic function exercised by the film, not so much with regard to an entire cinematography or the culture of which it is an expression, but with regard to that small handful of Mandarin titles that manage to access the international distribution circuits.

Le ragioni più superficiali della fortuna di Lanterne rosse - l’incetta di premi ai festival, l’avvenenza magnetica di Gong Li, la cura formale e la circolarità narrativa, la presenza delle lanterne rosse, così evocativa di una supposta «cinesità» - non sono elementi sufficienti per spiegare il successo straordiario di questa pellicola. Questo saggio intende approfondirne altre tre, più carsiche, che vanno alla radice delle politiche interculturali che attivano i film asiatici in Europa. In prima istanza agiscono i tratti di auto-orientalismo dell’opera che «sintonizzano» alcuni immaginari visuali della Cina con le attese del pubblico festivaliero; in seconda battuta acquistano un ruolo importante alcuni itinerari interpretativi della ricezione critica che problematizzano (e malintendono) il rapporto tra il film e la Storia, presente e passata; infine il testo si sofferma sulle tensioni sintetiche che attraversano il racconto e che aprono all’idea – insieme ai precedenti due punti – che il consenso eccezionale acquisito nasca da una sorta di funzione metonimica esercitata dalla pellicola non tanto nei confronti di un’intera cinematografia o della cultura di cui è espressione, quanto di quel ristretto pugno di titoli in mandarino che riescono ad accedere ai circuiti distributivi internazionali.