Statue, targhe commemorative e memoriali rappresentano un tipo particolare di patrimonio materiale, esplicitamente creato per concretizzare e celebrare memorie, simboli e valori collettivi. I monumenti pubblici possiedono una dimensione ostensiva, sono fatti per essere esposti e guardati, pensati per veicolare precisi messaggi sociali. Alcuni, con il passare del tempo, perdono la loro capacità comunicativa. Altri invece vengono contestati, rinnegati, e perfino distrutti. Un monumento anonimo, guardato distrattamente per decenni, in una sola notte può venire demolito da una folla di manifestanti; non sono la pietra o il bronzo di cui è costituito ad essere cambiati, ma la società che guarda la statua. L'esplosione della svastica a Norimberga, la caduta del Muro di Berlino, la rimozione della statua di Saddam Hussein a Baghdad, rimandano immediatamente ad eventi fondamentali della storia recente. La carica simbolica di questi gesti distruttivi è innegabile: quando cadono le statue, viene contestata sia l'autorità che ne sanciva l'esistenza, sia i sistemi di valore che materializzavano. La realizzazione di un monumento è sempre un'espressione intenzionale di potere, vale a dire della capacità – e della volontà – di un gruppo sociale o un'istituzione politica di collocare quell'oggetto in uno spazio pubblico, legittimandone la presenza attraverso la propria autorità. Questo però non implica necessariamente che la comunità che abita – nel senso più pieno della parola – quello spazio sia sempre e totalmente d'accordo con tale scelta.

Quando cadono le statue: memorie contestate e counter-heritage nelle proteste di Black Lives Matter

Nicola Martellozzo
2020-01-01

Abstract

Statue, targhe commemorative e memoriali rappresentano un tipo particolare di patrimonio materiale, esplicitamente creato per concretizzare e celebrare memorie, simboli e valori collettivi. I monumenti pubblici possiedono una dimensione ostensiva, sono fatti per essere esposti e guardati, pensati per veicolare precisi messaggi sociali. Alcuni, con il passare del tempo, perdono la loro capacità comunicativa. Altri invece vengono contestati, rinnegati, e perfino distrutti. Un monumento anonimo, guardato distrattamente per decenni, in una sola notte può venire demolito da una folla di manifestanti; non sono la pietra o il bronzo di cui è costituito ad essere cambiati, ma la società che guarda la statua. L'esplosione della svastica a Norimberga, la caduta del Muro di Berlino, la rimozione della statua di Saddam Hussein a Baghdad, rimandano immediatamente ad eventi fondamentali della storia recente. La carica simbolica di questi gesti distruttivi è innegabile: quando cadono le statue, viene contestata sia l'autorità che ne sanciva l'esistenza, sia i sistemi di valore che materializzavano. La realizzazione di un monumento è sempre un'espressione intenzionale di potere, vale a dire della capacità – e della volontà – di un gruppo sociale o un'istituzione politica di collocare quell'oggetto in uno spazio pubblico, legittimandone la presenza attraverso la propria autorità. Questo però non implica necessariamente che la comunità che abita – nel senso più pieno della parola – quello spazio sia sempre e totalmente d'accordo con tale scelta.
2020
45
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