L’analisi delle riforme previdenziali intervenute in Italia negli ultimi 15 anni offre interessanti spunti per valutare l’efficacia di politiche volte a posporre il pensionamento. Coerentemente con quanto previsto dalla teoria economica, l’andamento dell’età media di pensionamento appare più sensibile ad imposizioni di vincoli minimi per accedere al trattamento pensionistico che a norme che ne incentivano il posticipo. Occorre tuttavia sottolineare che l’aumento dei requisiti minimi provoca una perdita di benessere per gli individui coinvolti. Per quanto riguarda il futuro, studi empirici mostrano che il passaggio al sistema contributivo, che prevede l’erogazione di una pensione attuarialmente neutra, potrebbe non essere sufficiente ad aumentare l’età media di pensionamento. Se lasciare la possibilità di ritirarsi a 57 anni, come previsto originariamente dalla riforma del 1995, può sembrare una politica insufficiente a raggiungere gli obiettivi (anche ribaditi in sede europea) desiderati, l’imposizione di vincoli troppo stringenti sull’età minima di pensionamento potrebbe tuttavia essere una strada troppo “costosa” in termini di benessere degli individui. Tale scelta sarebbe inoltre ingiustificata in quanto la pensione contributiva, calcolata seguendo il principio della neutralità attuariale, non è un “regalo” nemmeno per quei lavoratori che scelgono di andare in pensione ad età relativamente giovani. Una soluzione più equilibrata, già proposta in Fornero e Castellino (2001), sarebbe quella di incrementare il limite minimo di età, nel rispetto del principio di flessibilità dell’età di pensionamento, legandolo ad esempio alla durata della vita attesa.
Per scelta o per forza: l’innalzamento dell’età di pensionamento in Italia
BELLONI, MICHELE;
2006-01-01
Abstract
L’analisi delle riforme previdenziali intervenute in Italia negli ultimi 15 anni offre interessanti spunti per valutare l’efficacia di politiche volte a posporre il pensionamento. Coerentemente con quanto previsto dalla teoria economica, l’andamento dell’età media di pensionamento appare più sensibile ad imposizioni di vincoli minimi per accedere al trattamento pensionistico che a norme che ne incentivano il posticipo. Occorre tuttavia sottolineare che l’aumento dei requisiti minimi provoca una perdita di benessere per gli individui coinvolti. Per quanto riguarda il futuro, studi empirici mostrano che il passaggio al sistema contributivo, che prevede l’erogazione di una pensione attuarialmente neutra, potrebbe non essere sufficiente ad aumentare l’età media di pensionamento. Se lasciare la possibilità di ritirarsi a 57 anni, come previsto originariamente dalla riforma del 1995, può sembrare una politica insufficiente a raggiungere gli obiettivi (anche ribaditi in sede europea) desiderati, l’imposizione di vincoli troppo stringenti sull’età minima di pensionamento potrebbe tuttavia essere una strada troppo “costosa” in termini di benessere degli individui. Tale scelta sarebbe inoltre ingiustificata in quanto la pensione contributiva, calcolata seguendo il principio della neutralità attuariale, non è un “regalo” nemmeno per quei lavoratori che scelgono di andare in pensione ad età relativamente giovani. Una soluzione più equilibrata, già proposta in Fornero e Castellino (2001), sarebbe quella di incrementare il limite minimo di età, nel rispetto del principio di flessibilità dell’età di pensionamento, legandolo ad esempio alla durata della vita attesa.File | Dimensione | Formato | |
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