Il sistema dei controlli interni sta vivendo negli ultimi anni una stagione di intensa e profonda riflessione, accentuatasi inevitabilmente a seguito della crisi economico-finanziaria scoppiata nel 2007-2008. La tesi dedica largo spazio al ragionamento intorno al ruolo che il sistema dei controlli interni ricopre nelle dinamiche dell’impresa societaria, proponendosi in modo critico rispetto alla tradizionale agency theory con la quale si suole fornire il supporto logico a ciò che riguarda più in generale la corporate governance. In particolare, l’approccio adottato considera il sistema dei controlli interni come componente di un assetto organizzativo adeguato alla natura ed alle dimensioni dell’impresa esercitata, così che esso non avrebbe di mira tanto la ricomposizione dei divergenti interessi che fanno capo ai soci ed ai managers quanto, piuttosto, il soddisfacimento di istanze emergenti dalle caratteristiche e dalla misura dell’attività svolta. L’art. 2381 c.c., infatti, grava gli amministratori dell’obbligo di allestire una struttura interna idonea a far sì che l’impresa possa funzionare, ponendo le basi procedurali necessarie all’attuabilità del processo decisionale e curando l’implementazione di tutte quelle risorse organizzative utili ad avere sempre pieno controllo delle scelte adottate ed in esecuzione. In questa prospettiva generale, il sistema dei controlli interni risponde all’obiettivo puntuale di governare i rischi associati con lo svolgimento della specifica attività d’impresa, agevolando i lavori delle figure amministrative, ad esempio, con uffici aziendali qualificati e dedicati al monitoraggio di materie tecniche altrimenti di ardua accessibilità, nel continuo, da parte dei medesimi amministratori: di tal modo, dunque, si spiega agevolmente l’imposizione ope legis dell’apparato di controlli interni negli enti creditizi, intervenendo lo stesso legislatore a giudicare quali siano le componenti di una struttura che possa, in partenza, definirsi adeguata rispetto all’attività bancaria, siccome questa pone, in tutta evidenza anche in ragione degli interessi pubblici coinvolti, rafforzate esigenze di controllo dei rischi fronteggiabili solo mediante l’approntamento di presidi organizzativi capaci di rendere gli amministratori bancari in grado di perseguire una gestione sana e prudente. L’interpretazione del sistema dei controlli interni quale misura giustificata dalle caratteristiche dell’attività vale ad impostare di conseguenza l’indagine intorno alle strutture interne delle banche di credito cooperativo, inducendo cioè a valorizzarne, nell’ambito della loro cifra specialistica di società cooperative, le peculiarità afferenti al loro modo d’agire imprenditoriale invece che le prerogative di organizzazione corporativa delle stesse (voto capitario, principio della porta aperta, ecc.). Coerentemente alla lettura di un sistema dei controlli concepito quale apparato attento ad assecondare le istanze che l’impresa solleva, dunque, è importante dare rilievo a come il connotato della mutualità, per come declinantesi nel settore della cooperazione creditizia, e quello del localismo incidano sull’attività esercitata dalle banche di credito cooperativo. Questi ultimi attributi, in effetti, si prestano ad incidere sul “modo di fare banca” delle bcc, proprio condizionando il tipo e l’intensità dei rischi imprenditoriali che esse possono assumere: così, se da un lato, le banche di credito cooperativo risultano essere a tutti gli effetti soggetti esercenti “attività bancaria” e, in quanto tali, obbligate a possedere il minimo un sistema dei controlli interni, dall’altro lato, al tempo stesso, il sistema dei controlli interni deve presentarsi commisurato alla misura della loro impresa (in ossequio al principio di proporzionalità), giacché l’operatività che le caratterizza, per obblighi di legge e statutari, potrebbe rendere “eccessive” talune strutture aziendali – aggravando di ingiustificati costi realtà societarie spesso di ridotte dimensioni – così come potrebbe comportare un rafforzamento di altre risorse organizzative dedicate a ben definite aree di rischio (accentuazione di alcuni profili del rischio di credito, rischio di reputazione, rischio di concentrazione). Nello specifico, il sistema dei controlli interni nelle banche di credito cooperativo si articolerà in maniera conforme ai rischi che tipicamente questi enti creditizi devono fronteggiare, tenuto pure conto di altri fenomeni specifici che ruotano intorno alla cooperazione di credito e sono idonei ad influenzare sul ruolo dei presidi organizzativi in parola (tra i quali, soprattutto, la rete federativa nella quale ciascuna singola banca di credito cooperativo s’inserisce e la vigilanza cooperativa quale forma di controllo governativo).
Sistema dei controlli interni e salvaguardia delle specificità delle Banche di Credito Cooperativo / Minto, Andrea. - (2013 Dec 05).
Sistema dei controlli interni e salvaguardia delle specificità delle Banche di Credito Cooperativo
Minto, Andrea
2013-12-05
Abstract
Il sistema dei controlli interni sta vivendo negli ultimi anni una stagione di intensa e profonda riflessione, accentuatasi inevitabilmente a seguito della crisi economico-finanziaria scoppiata nel 2007-2008. La tesi dedica largo spazio al ragionamento intorno al ruolo che il sistema dei controlli interni ricopre nelle dinamiche dell’impresa societaria, proponendosi in modo critico rispetto alla tradizionale agency theory con la quale si suole fornire il supporto logico a ciò che riguarda più in generale la corporate governance. In particolare, l’approccio adottato considera il sistema dei controlli interni come componente di un assetto organizzativo adeguato alla natura ed alle dimensioni dell’impresa esercitata, così che esso non avrebbe di mira tanto la ricomposizione dei divergenti interessi che fanno capo ai soci ed ai managers quanto, piuttosto, il soddisfacimento di istanze emergenti dalle caratteristiche e dalla misura dell’attività svolta. L’art. 2381 c.c., infatti, grava gli amministratori dell’obbligo di allestire una struttura interna idonea a far sì che l’impresa possa funzionare, ponendo le basi procedurali necessarie all’attuabilità del processo decisionale e curando l’implementazione di tutte quelle risorse organizzative utili ad avere sempre pieno controllo delle scelte adottate ed in esecuzione. In questa prospettiva generale, il sistema dei controlli interni risponde all’obiettivo puntuale di governare i rischi associati con lo svolgimento della specifica attività d’impresa, agevolando i lavori delle figure amministrative, ad esempio, con uffici aziendali qualificati e dedicati al monitoraggio di materie tecniche altrimenti di ardua accessibilità, nel continuo, da parte dei medesimi amministratori: di tal modo, dunque, si spiega agevolmente l’imposizione ope legis dell’apparato di controlli interni negli enti creditizi, intervenendo lo stesso legislatore a giudicare quali siano le componenti di una struttura che possa, in partenza, definirsi adeguata rispetto all’attività bancaria, siccome questa pone, in tutta evidenza anche in ragione degli interessi pubblici coinvolti, rafforzate esigenze di controllo dei rischi fronteggiabili solo mediante l’approntamento di presidi organizzativi capaci di rendere gli amministratori bancari in grado di perseguire una gestione sana e prudente. L’interpretazione del sistema dei controlli interni quale misura giustificata dalle caratteristiche dell’attività vale ad impostare di conseguenza l’indagine intorno alle strutture interne delle banche di credito cooperativo, inducendo cioè a valorizzarne, nell’ambito della loro cifra specialistica di società cooperative, le peculiarità afferenti al loro modo d’agire imprenditoriale invece che le prerogative di organizzazione corporativa delle stesse (voto capitario, principio della porta aperta, ecc.). Coerentemente alla lettura di un sistema dei controlli concepito quale apparato attento ad assecondare le istanze che l’impresa solleva, dunque, è importante dare rilievo a come il connotato della mutualità, per come declinantesi nel settore della cooperazione creditizia, e quello del localismo incidano sull’attività esercitata dalle banche di credito cooperativo. Questi ultimi attributi, in effetti, si prestano ad incidere sul “modo di fare banca” delle bcc, proprio condizionando il tipo e l’intensità dei rischi imprenditoriali che esse possono assumere: così, se da un lato, le banche di credito cooperativo risultano essere a tutti gli effetti soggetti esercenti “attività bancaria” e, in quanto tali, obbligate a possedere il minimo un sistema dei controlli interni, dall’altro lato, al tempo stesso, il sistema dei controlli interni deve presentarsi commisurato alla misura della loro impresa (in ossequio al principio di proporzionalità), giacché l’operatività che le caratterizza, per obblighi di legge e statutari, potrebbe rendere “eccessive” talune strutture aziendali – aggravando di ingiustificati costi realtà societarie spesso di ridotte dimensioni – così come potrebbe comportare un rafforzamento di altre risorse organizzative dedicate a ben definite aree di rischio (accentuazione di alcuni profili del rischio di credito, rischio di reputazione, rischio di concentrazione). Nello specifico, il sistema dei controlli interni nelle banche di credito cooperativo si articolerà in maniera conforme ai rischi che tipicamente questi enti creditizi devono fronteggiare, tenuto pure conto di altri fenomeni specifici che ruotano intorno alla cooperazione di credito e sono idonei ad influenzare sul ruolo dei presidi organizzativi in parola (tra i quali, soprattutto, la rete federativa nella quale ciascuna singola banca di credito cooperativo s’inserisce e la vigilanza cooperativa quale forma di controllo governativo).File | Dimensione | Formato | |
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