Ce n’est qu’en début o della nascita dei festival cinematografici italiani

This special issue of “Cinema e Storia” approaches the processes through which Italian film festivals come into being as a decisive, non-neutral threshold: to study the origins of film festivals is to read positionings, negotiations, and the construction of narratives that extend the inaugural act over time. The issue offers a journey through emblematic cases that assemble an atlas of effective, varied cultural dispositifs: from touristic glamour to anthropological explorations, from “anti-festivals” and marginalized genres to queer trajectories, from silent-era archives to transnational horizons reaching toward the Far East. Recurring threads include the drive of cine-clubs and local communities; a polycentric geography that scrambles center and periphery; the “contact zone” where power, identities, and belongings are negotiated; and the role of paratexts (catalogs, journals, proceedings) that extend the viewing experience. Special attention is devoted to the microhistory and the cultural and institutional histories of Italian festivals, in order to foreground the actors, practices, and material contexts that, over the long term, structure the life of these events. The result is an image of festivals as laboratories in which viewing and critical discourse nourish each other, and in which the risky, experimental beginning activates a collective identity that projects well beyond the first edition.

Questo numero speciale di "Cinema e Storia" assume i processi che vedono la nascita dei festival cinematografici italiani come soglia decisiva e non neutra: studiare le origini dei film festival significa leggere posizionamenti, negoziazioni e la costruzione di narrazioni che prolungano l’atto inaugurale nel tempo. Il fascicolo propone un viaggio attraverso casi emblematici che compongono un atlante di dispositivi culturali efficaci e variegati: dal glamour turistico alle esplorazioni antropologiche, dagli “antifestival” e dai generi marginalizzati alle traiettorie queer, dagli archivi del muto agli orizzonti transnazionali verso il Far East. Fili ricorrenti includono la spinta dei cineclub e delle comunità locali, una geografia policentrica che rimescola centro e periferia, la dimensione di “contact zone” in cui si negoziano poteri, identità e appartenenze, e il ruolo dei paratesti (cataloghi, riviste, atti) che estendono l’esperienza della visione. Particolare attenzione è dedicata alla microstoria e alla storia culturale e istituzionale dei festival italiani, per mettere a fuoco attori, pratiche e contesti materiali che strutturano nel lungo periodo la vita di queste manifestazioni. Ne risulta l’idea dei festival come laboratori in cui visione e discorso critico si alimentano a vicenda, e in cui l’esordio — rischioso e sperimentale — attiva un’identità collettiva capace di proiettarsi ben oltre la prima edizione.