Tràdite da un unico testimone, la princeps del 1534 uscita a Venezia presso Giovann’Antonio de Nicolini da Sabio, le Rime di Giovan Battista Schiafenato (1480/90-post 1537) costituiscono un’eccezione nella cultura milanese degli anni Trenta, di per sé eccentrica al modello di Bembo. Esse aderiscono infatti a un petrarchismo più ortodosso, sia nel tema, quasi esclusivamente amoroso, che nelle scelte metriche; e sotto l’egida di Bembo tentano l’inserimento nei circoli del petrarchismo che conta, a partire dalla scelta dello stesso editore che nel 1530 aveva pubblicato le Rime bembiane. Tuttavia, sulla presenza della Natura e del paesaggio agiscono altri apporti provenienti da generi letterari diversi con cui Schiafenato costruisce quadretti classicheggianti di sapore umanistico che non paiono semplice declinazione alternativa del petrarchismo bembiano, quanto piuttosto marcatori tematico-strutturali con funzione metapoetica. Lo si evince non solo dalle fitte connessioni interne, ma anche dai testi appendice di libro usati come estensione della vicenda amorosa, con tanto di costituzione di un ‘micro-canzoniere’ pastorale nel (timido) tentativo di innovare la ‘forma libro di rime’.

Struttura, natura e paesaggio nelle Rime di Giovan Battista Schiafenato (1534)

Ribaudo Vera
2025-01-01

Abstract

Tràdite da un unico testimone, la princeps del 1534 uscita a Venezia presso Giovann’Antonio de Nicolini da Sabio, le Rime di Giovan Battista Schiafenato (1480/90-post 1537) costituiscono un’eccezione nella cultura milanese degli anni Trenta, di per sé eccentrica al modello di Bembo. Esse aderiscono infatti a un petrarchismo più ortodosso, sia nel tema, quasi esclusivamente amoroso, che nelle scelte metriche; e sotto l’egida di Bembo tentano l’inserimento nei circoli del petrarchismo che conta, a partire dalla scelta dello stesso editore che nel 1530 aveva pubblicato le Rime bembiane. Tuttavia, sulla presenza della Natura e del paesaggio agiscono altri apporti provenienti da generi letterari diversi con cui Schiafenato costruisce quadretti classicheggianti di sapore umanistico che non paiono semplice declinazione alternativa del petrarchismo bembiano, quanto piuttosto marcatori tematico-strutturali con funzione metapoetica. Lo si evince non solo dalle fitte connessioni interne, ma anche dai testi appendice di libro usati come estensione della vicenda amorosa, con tanto di costituzione di un ‘micro-canzoniere’ pastorale nel (timido) tentativo di innovare la ‘forma libro di rime’.
2025
Atti del XXVI Congresso dell’ADI (Associazione degli Italianisti)
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