Questo saggio intende far luce sulla stagione artistica veneziana coincidente con l’età romanica, attraverso l’esame della cattedrale di Torcello, di San Marco e della basilica dei Santi Maria e Donato a Murano, le uniche fabbriche sopravvissute fino ai giorni nostri, grossomodo integre, a fronte delle duecento e più attestate dalle fonti tra XI e XII secolo. Nonostante le loro peculiarità, i succitati organismi monumentali condividono tratti molto significativi. In primo luogo sono tutti e tre il risultato di radicali rifacimenti di basiliche altomedievali, sacrificate perché ritenute inadeguate al sopraggiungere di nuove esigenze estetiche e di culto. Un altro elemento in comune è l'ampio impiego di soluzioni formali bizantine, che influenzano sia l'organizzazione degli spazi che gli arredi: all’interno dell’emiciclo absidale di Torcello troviamo il synthronon greco-orientale; San Marco, si rifà all'Apostoleion di Costantinopoli, sebbene le murature tradiscano l’uso di tecniche costruttive autoctone; la basilica di Murano, a sua volta, riprende da San Marco le sofisticate archeggiature in laterizio e i fregi marmorei con intarsi rivestiti di mastice, componenti ornamentali entrambe importate da Bisanzio. L’essenza bizantina è evidente, ovviamente, anche nelle auree decorazioni musive delle superfici interne, sebbene spesso mescolata ad apporti locali. I prodotti di arte suntuaria, come la Pala d'Oro e le porte bronzee di San Marco, provengono, invece, direttamente da officine costantinopolitane. Per quanto riguarda i pavimenti si assiste ad una coesistenza di tappeti musivi e opus sectile. La scultura architettonica, infine, rappresentata da un gran numero di capitelli e transenne liturgiche, include sia pezzi di spoglio paleobizantini sia prodotti di imitazione di elevata qualità. La scelta di riprodurre forme tardoantiche rivela l'intento, da parte dei committenti, di alimentare il mito delle origini paleocristiane di Venezia.

Venezia “romanica”: tradizione locale, apporti da Bisanzio e reinvenzione dell’antico.

Simone Piazza
2025-01-01

Abstract

Questo saggio intende far luce sulla stagione artistica veneziana coincidente con l’età romanica, attraverso l’esame della cattedrale di Torcello, di San Marco e della basilica dei Santi Maria e Donato a Murano, le uniche fabbriche sopravvissute fino ai giorni nostri, grossomodo integre, a fronte delle duecento e più attestate dalle fonti tra XI e XII secolo. Nonostante le loro peculiarità, i succitati organismi monumentali condividono tratti molto significativi. In primo luogo sono tutti e tre il risultato di radicali rifacimenti di basiliche altomedievali, sacrificate perché ritenute inadeguate al sopraggiungere di nuove esigenze estetiche e di culto. Un altro elemento in comune è l'ampio impiego di soluzioni formali bizantine, che influenzano sia l'organizzazione degli spazi che gli arredi: all’interno dell’emiciclo absidale di Torcello troviamo il synthronon greco-orientale; San Marco, si rifà all'Apostoleion di Costantinopoli, sebbene le murature tradiscano l’uso di tecniche costruttive autoctone; la basilica di Murano, a sua volta, riprende da San Marco le sofisticate archeggiature in laterizio e i fregi marmorei con intarsi rivestiti di mastice, componenti ornamentali entrambe importate da Bisanzio. L’essenza bizantina è evidente, ovviamente, anche nelle auree decorazioni musive delle superfici interne, sebbene spesso mescolata ad apporti locali. I prodotti di arte suntuaria, come la Pala d'Oro e le porte bronzee di San Marco, provengono, invece, direttamente da officine costantinopolitane. Per quanto riguarda i pavimenti si assiste ad una coesistenza di tappeti musivi e opus sectile. La scultura architettonica, infine, rappresentata da un gran numero di capitelli e transenne liturgiche, include sia pezzi di spoglio paleobizantini sia prodotti di imitazione di elevata qualità. La scelta di riprodurre forme tardoantiche rivela l'intento, da parte dei committenti, di alimentare il mito delle origini paleocristiane di Venezia.
2025
Arte medievale in Italia. Il “romanico”. Secoli XI-XII
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