Le litanie del pronao del tempio di Khnum e Neith a Esna sono testimoni di una fase d’uso matura del geroglifico e presentano interessanti peculiarità stilistiche, formali e contenutistiche riconducibili alla vivace creatività dello scriptorium locale. Al fine di rendere lode agli dèi dell’antica Latopoli in tutti i loro numerosi aspetti, forme ed epiteti, questi componimenti dovevano essere estremamente esaustivi e completi nella comunicazione; coerentemente con le forme del genere litanico, la loro struttura testuale è, invece, molto semplice, caratterizzata da una concisione efficace e da una ripetitività funzionale all’intento laudativo; tali requisiti sono anche indicativi della cornice performativa in cui le litanie erano inserite, come parte della recitazione del rituale per la festa del primo giorno del mese di Phamenoth. L’esaustività della descrizione – difficilmente realizzabile nella dimensione orale, ma necessaria alla completezza dei contenuti – è, dunque, demandata al mezzo scrittorio, ed è ottenuta attraverso la manipolazione dei singoli teonimi in forme articolate e di volta in volta diverse e originali: la selezione accurata dei segni che compongono ciascun nome divino aggiunge, così, significati ulteriori a ogni invocazione, alludendo alle varie forme della divinità, alle sue funzioni diversificate e ai suoi ruoli specifici nella mitologia nazionale e locale. L’interazione tra le varie modalità grafiche può portare alla sovrapposizione di più livelli di espressione (iconico, fonetico, semantico, allegorico-simbolico, simpatico) e il lettore è, così, costantemente invitato a sciogliere i crittogrammi del nome divino e a capirne i riferimenti. Il risultato è quello di una “alchimia grafica”, volta alla rivelazione della vera natura della divinità e dei suoi legami con il mondo, istituiti al tempo della creazione, nascosti nelle pieghe della realtà e in attesa di essere scovati dal “filosofo della scrittura” (Sauneron 1982). Il caso della Litania di Neith (Esna 216) è emblematico in questo senso, poiché la dea è anche la protagonista di una cosmogonia locale (Esna 206), redatta in forma epigrafica nello stesso monumento e molto produttiva per il repertorio grafico dell’intero rituale. E. Ciampini (2015) ha, infatti, riconosciuto nello sviluppo iconico delle prime epiclesi della litania la sequenza dell’evoluzione della figura creatrice nel mito. L’essere multiforme e in divenire di Neith come divinità primordiale appare ancora più chiaro dall’uso evocativo del geroglifico dello scarabeo nei suoi nomi. L’intervento intende, dunque, approfondire la comprensione della figura divina e dei suoi ruoli nella teologia locale, attraverso l’analisi dell’impiego del segno polivalente ḫpr (L1) sia nella coniazione di alcuni teonimi crittografici della dea, sia nel testo in chiaro delle invocazioni, con confronti anche da altre litanie.
L'uso del geroglifico ḫpr (L1) nella Litania di Neith (Esna 216)
Federica Pancin
2024-01-01
Abstract
Le litanie del pronao del tempio di Khnum e Neith a Esna sono testimoni di una fase d’uso matura del geroglifico e presentano interessanti peculiarità stilistiche, formali e contenutistiche riconducibili alla vivace creatività dello scriptorium locale. Al fine di rendere lode agli dèi dell’antica Latopoli in tutti i loro numerosi aspetti, forme ed epiteti, questi componimenti dovevano essere estremamente esaustivi e completi nella comunicazione; coerentemente con le forme del genere litanico, la loro struttura testuale è, invece, molto semplice, caratterizzata da una concisione efficace e da una ripetitività funzionale all’intento laudativo; tali requisiti sono anche indicativi della cornice performativa in cui le litanie erano inserite, come parte della recitazione del rituale per la festa del primo giorno del mese di Phamenoth. L’esaustività della descrizione – difficilmente realizzabile nella dimensione orale, ma necessaria alla completezza dei contenuti – è, dunque, demandata al mezzo scrittorio, ed è ottenuta attraverso la manipolazione dei singoli teonimi in forme articolate e di volta in volta diverse e originali: la selezione accurata dei segni che compongono ciascun nome divino aggiunge, così, significati ulteriori a ogni invocazione, alludendo alle varie forme della divinità, alle sue funzioni diversificate e ai suoi ruoli specifici nella mitologia nazionale e locale. L’interazione tra le varie modalità grafiche può portare alla sovrapposizione di più livelli di espressione (iconico, fonetico, semantico, allegorico-simbolico, simpatico) e il lettore è, così, costantemente invitato a sciogliere i crittogrammi del nome divino e a capirne i riferimenti. Il risultato è quello di una “alchimia grafica”, volta alla rivelazione della vera natura della divinità e dei suoi legami con il mondo, istituiti al tempo della creazione, nascosti nelle pieghe della realtà e in attesa di essere scovati dal “filosofo della scrittura” (Sauneron 1982). Il caso della Litania di Neith (Esna 216) è emblematico in questo senso, poiché la dea è anche la protagonista di una cosmogonia locale (Esna 206), redatta in forma epigrafica nello stesso monumento e molto produttiva per il repertorio grafico dell’intero rituale. E. Ciampini (2015) ha, infatti, riconosciuto nello sviluppo iconico delle prime epiclesi della litania la sequenza dell’evoluzione della figura creatrice nel mito. L’essere multiforme e in divenire di Neith come divinità primordiale appare ancora più chiaro dall’uso evocativo del geroglifico dello scarabeo nei suoi nomi. L’intervento intende, dunque, approfondire la comprensione della figura divina e dei suoi ruoli nella teologia locale, attraverso l’analisi dell’impiego del segno polivalente ḫpr (L1) sia nella coniazione di alcuni teonimi crittografici della dea, sia nel testo in chiaro delle invocazioni, con confronti anche da altre litanie.File | Dimensione | Formato | |
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