Sulla presunta omosessualità di Mishima, ancora oggi argomento di miti e congetture, come dimostra il fatto che gli scaffali delle librerie giapponesi ospitano tuttora volumi presumibilmente autobiografici di uomini che, dichiarandosi amanti dell’autore, svelano segreti e retroscena della loro supposta relazione. Mishima stesso offre la sua opinione sul tema, oltre che nel celebre Confessioni di una maschera (Kamen no kokuhaku, 1949), anche nel romanzo Colori proibiti (Kinjiki), pubblicato originariamente in due parti nel 1951 e 1953. Nel racconto, Mishima segue la vicenda di Yūichi Minami, un ventenne dalla perfetta bellezza virile attratto dalle persone dello stesso sesso. Questa pulsione erotica, tuttavia, induce nel personaggio un dilaniante conflitto interiore. Yūichi, infatti, aborre il desiderio carnale, un istinto che, nella sua visione del mondo impregnata da un forte platonismo, minaccia di compromettere la sua integrità. A fare da contraltare al piacere sensuale, dunque, Yūichi sviluppa un’idealistica ambizione a salvaguardare l’assoluta purezza del suo corpo. Nello specifico, egli vive con particolare acutezza la lotta fra il suo anelito all’innocenza e il degradante richiamo della carne quando ammira il corpo di un giovane uomo, l’unico oggetto del suo amore al contrario delle donne, che invece non ispirano in lui alcuna spinta né erotica né emotiva. Tramite Yūichi, Mishima descrive dunque l’omosessualità maschile come una condizione martoriata dal dualismo di derivazione platonica che oppone la purezza e la carne.
I colori proibiti di Yukio Mishima
Daniele Durante
2021-01-01
Abstract
Sulla presunta omosessualità di Mishima, ancora oggi argomento di miti e congetture, come dimostra il fatto che gli scaffali delle librerie giapponesi ospitano tuttora volumi presumibilmente autobiografici di uomini che, dichiarandosi amanti dell’autore, svelano segreti e retroscena della loro supposta relazione. Mishima stesso offre la sua opinione sul tema, oltre che nel celebre Confessioni di una maschera (Kamen no kokuhaku, 1949), anche nel romanzo Colori proibiti (Kinjiki), pubblicato originariamente in due parti nel 1951 e 1953. Nel racconto, Mishima segue la vicenda di Yūichi Minami, un ventenne dalla perfetta bellezza virile attratto dalle persone dello stesso sesso. Questa pulsione erotica, tuttavia, induce nel personaggio un dilaniante conflitto interiore. Yūichi, infatti, aborre il desiderio carnale, un istinto che, nella sua visione del mondo impregnata da un forte platonismo, minaccia di compromettere la sua integrità. A fare da contraltare al piacere sensuale, dunque, Yūichi sviluppa un’idealistica ambizione a salvaguardare l’assoluta purezza del suo corpo. Nello specifico, egli vive con particolare acutezza la lotta fra il suo anelito all’innocenza e il degradante richiamo della carne quando ammira il corpo di un giovane uomo, l’unico oggetto del suo amore al contrario delle donne, che invece non ispirano in lui alcuna spinta né erotica né emotiva. Tramite Yūichi, Mishima descrive dunque l’omosessualità maschile come una condizione martoriata dal dualismo di derivazione platonica che oppone la purezza e la carne.I documenti in ARCA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.