Anno 270 d. C., mese di agosto: l'imperatore dei romani, Claudio II detto il Gotico, muore di peste a Sirmium. Le truppe acclamano come nuovo imperatore suo fratello, Quintillo, che si trova nell'Italia del nord a protezione dell'Urbs, sempre più spesso minacciata dalle popolazioni barbariche. Tutte le zecche dell'Impero e il Senato di Roma riconoscono il nuovo imperatore, ma Aureliano, comandante della legione balcanica e già braccio destro di Claudio II, dal Danubio inferiore, si muove verso la Pannonia per contrastare l'avanzata vandala. In questa circo-stanza viene proclamato imperatore dall'armata di stanza a Sirmium, sua città natale. La campagna vandala è breve, la zecca di Siscia comincia a coniare a suo nome, mentre le truppe abbandonano Quintillo che, suicida o ucciso ad Aquileia, lascia campo libero a Lucius Domitius Aurelianus (Venèra p. 15) La storia politica di questo imperatore risulta essere estremamente interessante, oltre che interamente ripercorribile attraverso i tipi monetali che si susseguono dal 270 al 275, anno del suo assassinio a Bisanzio; il pro-gramma politico di Aureliano e le conquiste militari, infatti, sono pubblicizzate attraverso di essi, così come anche il suo credo religioso e la sua volontà restauratrice del sistema monetario romano. Se per impedimenti contingenti, Aureliano è costretto a rimandare la riforma monetaria fino al 274, nei primi anni di regno, interviene comunque in maniera importante sull'assetto delle zecche: chiude le sette officine di Roma, aumenta da tre a quattro le officine di Milano, aumenta di due le officine a Serdica e apre l'officina di Tri-polis. Da questi interventi sembra di capire che, anche a seguito della repressione della rivolta dei monetieri guidata da Felicissimus l'imperatore, nel 271, è costretto ad intervenire nella capitale per reprimere una situazione in cui la gravità e la frequenza delle frodi dei monetieri erano lesivi dell'autorità e della circolazione monetaria-e la con-seguente chiusura della zecca centrale, l'imperatore voglia organizzare topograficamente le zecche anticipando una più ampia politica di decentramento che fosse a sostegno dei movimenti che l'esercito doveva compiere per difendere il limes dell'impero. Nel febbraio del 274 d.C., l'imperatore predispone una pesante opera di ristrutturazione del sistema monetario romano il cui scopo risulta chiaro anche oggi: riportare tale sistema alla sua antica forma, dove il termine di paragone di Aureliano non poteva che essere Caracalla, durante il cui regno erano ancora presenti tutti i nominali. Vengono emessi tre nominali bronzei che ricordano il sesterzio, il dupondio e l'asse; il nuovo aurelianiano non è che il vecchio antoniniano in cui si riconosce un tentativo di riportare in vita il denario e infine l'aureo: si ricrea il sistema monetario tradizionale, modificandolo solo negli aspetti ponderali e di fino, ma non nei suoi valori nomina-li. (Cubelli 89-91) Con l'attuazione della riforma, le coniazioni subiscono un evidente miglioramento nel processo tecnico (Cubelli p. 55): i nuovi antoniniani di Aureliano, detti appunto aurelianiani, risultano ben centrati (Cubelli 54), con più peso, più argento e maggior titolo. Anche lo stile del ritratto si fa più fine, il volto imperiale risulta più grande e più giovane, mentre, nel verso, i successi militari e la politica dell'imperatore vengono "pubblicizzati" attraverso l'iconografia e le legende delle monete. È interessante notare come politica economica e militare si intrecciano indissolubilmente: l'imperatore riesce a restituere l'antico impero insieme al relativo sistema monetario. Tutto questo ci porta a pensare ad una ristrutturazione profonda anche all'interno degli stessi atelier: alcune vecchie zecche monetali periferiche sono potenziate, quando funzionali a rifornire con moneta sonante l'esercito in tempi brevi; allo stesso momento e con il medesimo obiettivo ne vengono create di nuove, sempre in zone strategicamente e militarmente importanti, in cui ogni moneta prodotta presenta un sistema di marche che può ricondurre, non solo alla zecca stessa, ma anche all'officina in cui avviene la coniazione. Questo mio contributo non vuole ripercorrere la storia politica, militare o economica del regno di Aurelia-no, argomenti già ampiamente trattati da numerosi studiosi, ma prendere in considerazione il prodotto degli atelier monetali e in particolare modo quegli esemplari che presentano errori di varia natura (ortografici, iconografici, di "distrazione" e di battitura) che ci rivelano un'umanità spesso poco presente nelle fonti di altra natura, ma che ci possono inoltre fornire interessanti indizi sulla cultura e sul lavoro che veniva svolto dalla Familia monetalis e dallo scalptor in particolare. I dati, raccolti attraverso lo studio di diversi repertori, saranno presentati zecca per zecca.
Errare è romano: refusi, imprecisioni e dimenticanze nelle legende della produzione monetaria dell'imperatore Aureliano
Mostini, Aureliano
2020-01-01
Abstract
Anno 270 d. C., mese di agosto: l'imperatore dei romani, Claudio II detto il Gotico, muore di peste a Sirmium. Le truppe acclamano come nuovo imperatore suo fratello, Quintillo, che si trova nell'Italia del nord a protezione dell'Urbs, sempre più spesso minacciata dalle popolazioni barbariche. Tutte le zecche dell'Impero e il Senato di Roma riconoscono il nuovo imperatore, ma Aureliano, comandante della legione balcanica e già braccio destro di Claudio II, dal Danubio inferiore, si muove verso la Pannonia per contrastare l'avanzata vandala. In questa circo-stanza viene proclamato imperatore dall'armata di stanza a Sirmium, sua città natale. La campagna vandala è breve, la zecca di Siscia comincia a coniare a suo nome, mentre le truppe abbandonano Quintillo che, suicida o ucciso ad Aquileia, lascia campo libero a Lucius Domitius Aurelianus (Venèra p. 15) La storia politica di questo imperatore risulta essere estremamente interessante, oltre che interamente ripercorribile attraverso i tipi monetali che si susseguono dal 270 al 275, anno del suo assassinio a Bisanzio; il pro-gramma politico di Aureliano e le conquiste militari, infatti, sono pubblicizzate attraverso di essi, così come anche il suo credo religioso e la sua volontà restauratrice del sistema monetario romano. Se per impedimenti contingenti, Aureliano è costretto a rimandare la riforma monetaria fino al 274, nei primi anni di regno, interviene comunque in maniera importante sull'assetto delle zecche: chiude le sette officine di Roma, aumenta da tre a quattro le officine di Milano, aumenta di due le officine a Serdica e apre l'officina di Tri-polis. Da questi interventi sembra di capire che, anche a seguito della repressione della rivolta dei monetieri guidata da Felicissimus l'imperatore, nel 271, è costretto ad intervenire nella capitale per reprimere una situazione in cui la gravità e la frequenza delle frodi dei monetieri erano lesivi dell'autorità e della circolazione monetaria-e la con-seguente chiusura della zecca centrale, l'imperatore voglia organizzare topograficamente le zecche anticipando una più ampia politica di decentramento che fosse a sostegno dei movimenti che l'esercito doveva compiere per difendere il limes dell'impero. Nel febbraio del 274 d.C., l'imperatore predispone una pesante opera di ristrutturazione del sistema monetario romano il cui scopo risulta chiaro anche oggi: riportare tale sistema alla sua antica forma, dove il termine di paragone di Aureliano non poteva che essere Caracalla, durante il cui regno erano ancora presenti tutti i nominali. Vengono emessi tre nominali bronzei che ricordano il sesterzio, il dupondio e l'asse; il nuovo aurelianiano non è che il vecchio antoniniano in cui si riconosce un tentativo di riportare in vita il denario e infine l'aureo: si ricrea il sistema monetario tradizionale, modificandolo solo negli aspetti ponderali e di fino, ma non nei suoi valori nomina-li. (Cubelli 89-91) Con l'attuazione della riforma, le coniazioni subiscono un evidente miglioramento nel processo tecnico (Cubelli p. 55): i nuovi antoniniani di Aureliano, detti appunto aurelianiani, risultano ben centrati (Cubelli 54), con più peso, più argento e maggior titolo. Anche lo stile del ritratto si fa più fine, il volto imperiale risulta più grande e più giovane, mentre, nel verso, i successi militari e la politica dell'imperatore vengono "pubblicizzati" attraverso l'iconografia e le legende delle monete. È interessante notare come politica economica e militare si intrecciano indissolubilmente: l'imperatore riesce a restituere l'antico impero insieme al relativo sistema monetario. Tutto questo ci porta a pensare ad una ristrutturazione profonda anche all'interno degli stessi atelier: alcune vecchie zecche monetali periferiche sono potenziate, quando funzionali a rifornire con moneta sonante l'esercito in tempi brevi; allo stesso momento e con il medesimo obiettivo ne vengono create di nuove, sempre in zone strategicamente e militarmente importanti, in cui ogni moneta prodotta presenta un sistema di marche che può ricondurre, non solo alla zecca stessa, ma anche all'officina in cui avviene la coniazione. Questo mio contributo non vuole ripercorrere la storia politica, militare o economica del regno di Aurelia-no, argomenti già ampiamente trattati da numerosi studiosi, ma prendere in considerazione il prodotto degli atelier monetali e in particolare modo quegli esemplari che presentano errori di varia natura (ortografici, iconografici, di "distrazione" e di battitura) che ci rivelano un'umanità spesso poco presente nelle fonti di altra natura, ma che ci possono inoltre fornire interessanti indizi sulla cultura e sul lavoro che veniva svolto dalla Familia monetalis e dallo scalptor in particolare. I dati, raccolti attraverso lo studio di diversi repertori, saranno presentati zecca per zecca.File | Dimensione | Formato | |
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