L’improvvisa scomparsa di Pietro Bembo, il 18 gennaio 1547, segnò profondamente la cultura linguistica e letteraria mediocinquecentesca, producendo una frattura tra un prima e un dopo. L’evento offrì a molti letterati coevi l’occasione di tracciare un consuntivo di un magistero tanto autorevole quanto ingombrante: fu così che, in un breve lasso di tempo, si poté assistere a un ininterrotto fiorire di celebrazioni, elogi e omaggi, nei quali il compianto sincero di amici, discepoli e sodali si confonde col tributo interessato di chi, facendo tardiva professione di ortodossia bembiana, pretendeva d’intestarsi quell’eredità, raccogliendone il testimone. All’interno di una costellazione testuale tanto vasta ed eterogenea, questa ricerca si concentra sull’Orazione in morte del cardinale Pietro Bembo del padovano Sperone Speroni. In quest’opera incompiuta e dalla tormentata elaborazione il ricordo di Bembo spinge l’autore a tornare su alcuni dei suoi temi prediletti, quali il problema d’imitazione, il ruolo della scienza grammaticale, lo statuto del volgare e il rapporto tra filosofia ed eloquenza, elaborando soluzioni nuove e originali. A questo testo, di cui qui si propongono un’interpretazione complessiva e una nuova edizione, fanno da corona altri due omaggi al grande veneziano, fra loro strettamente legati, che sono analizzati nella prima parte e si restituiscono in Appendice: l’orazione funebre di Benedetto Varchi e il Pianto di Alvise Cornaro. Il trittico nel suo insieme ambisce così a ricostruire un capitolo della ricezione cinquecentesca delle idee linguistiche di Bembo (un bembismo postumo o un “dopo Bembo”, per così dire) fra Veneto e Toscana, vale a dire i centri culturali maggiormente impegnati nel raccogliere l’eredità bembiana e, forti di ciò, assicurarsi il primato culturale nella Penisola.
Bembo dopo Bembo. L’Orazione in morte del Cardinale di Sperone Speroni. Con in appendice B. Varchi, Orazione funebre sopra la morte del reverendissimo cardinal Bembo e Alvise Cornaro, Pianto per la morte del Bembo
A. Cotugno
In corso di stampa
Abstract
L’improvvisa scomparsa di Pietro Bembo, il 18 gennaio 1547, segnò profondamente la cultura linguistica e letteraria mediocinquecentesca, producendo una frattura tra un prima e un dopo. L’evento offrì a molti letterati coevi l’occasione di tracciare un consuntivo di un magistero tanto autorevole quanto ingombrante: fu così che, in un breve lasso di tempo, si poté assistere a un ininterrotto fiorire di celebrazioni, elogi e omaggi, nei quali il compianto sincero di amici, discepoli e sodali si confonde col tributo interessato di chi, facendo tardiva professione di ortodossia bembiana, pretendeva d’intestarsi quell’eredità, raccogliendone il testimone. All’interno di una costellazione testuale tanto vasta ed eterogenea, questa ricerca si concentra sull’Orazione in morte del cardinale Pietro Bembo del padovano Sperone Speroni. In quest’opera incompiuta e dalla tormentata elaborazione il ricordo di Bembo spinge l’autore a tornare su alcuni dei suoi temi prediletti, quali il problema d’imitazione, il ruolo della scienza grammaticale, lo statuto del volgare e il rapporto tra filosofia ed eloquenza, elaborando soluzioni nuove e originali. A questo testo, di cui qui si propongono un’interpretazione complessiva e una nuova edizione, fanno da corona altri due omaggi al grande veneziano, fra loro strettamente legati, che sono analizzati nella prima parte e si restituiscono in Appendice: l’orazione funebre di Benedetto Varchi e il Pianto di Alvise Cornaro. Il trittico nel suo insieme ambisce così a ricostruire un capitolo della ricezione cinquecentesca delle idee linguistiche di Bembo (un bembismo postumo o un “dopo Bembo”, per così dire) fra Veneto e Toscana, vale a dire i centri culturali maggiormente impegnati nel raccogliere l’eredità bembiana e, forti di ciò, assicurarsi il primato culturale nella Penisola.I documenti in ARCA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.