Dopo (§ 1) una breve premessa, il saggio (§ 2) prende le mosse dalla definizione classica dell'aporia del nulla (il non essere): una parola che in quanto tale ha significato ma che, per la peculiarità di ciò a cui si riferisce, non può avere alcun significato. Si discute la pur fondamentale mossa con la quale Wittgenstein mette in questione il presupposto che un'espressione, per essere significante, debba riferirsi a "qualcosa" come al suo significato. Ma questa importante mossa filosofica lascia aperto il problema; giacché il significato, sia pure inteso come una dimensione aperta e continuamente modificantesi, resta un polo necessariamente costitutivo (co-istitutivo) dello stesso essere significante. E del significato che è implicato dal significante appartiene, necessariamente e innanzitutto, proprio quella realtà che è il significante, la quale si riferisce dunque, necessariamente e innanzitutto, a se stessa. L'affermazione che ogni significante ha un significato resta dunque confermata, e con essa risulta ribadita anche l'aporia del nulla. (§ 3) La contraddizione del significato "non essere" (che è ma non è), risulta insuperabile perché si dà per scontato che la soluzione di tale contraddizione non possa essere nella contraddizione stessa, ma sieda in qualcos'altro che non è la contraddizione. In un certo senso la soluzione di tale contraddizione è quella classica, cioè quella che distingue i due differenti rispetti secondo i quali una stessa cosa viene affermata e negata. Ma nel caso specifico vi è questa peculiarità, che può essere colta solo nella misura in cui si attinge quel punto di vista per il quale la negazione costituisce essa stessa un particolare, determinato modo di essere di ciò di cui è negazione. Così, "non-x" è un particolare modo di essere di x, e quindi il non essere è un particolare modo di essere, quello negativo: il non essere è l'essere-non da parte dell'essere. Nel nostro caso abbiamo una situazione particolare perché qui solo uno dei due poli è costituito dalla negazione dell'altro. La contraddizione del non essere è risolta già con la sua semplice posizione, dato che il non essere già di per sé contiene i due rispetti che distinguono ciò che viene affermato da ciò che viene negato. Da ciò segue (§) che anche la negazione del non essere, in quanto è negazione di qualcosa che è (l'aspetto negativo dell'essere), viene ad essere negazione dell'essere, e quindi viene a sua volta ad essere una contraddizione. La quale però, come appunto la contraddizione del non essere, risulta risolta nel suo stesso porsi. Il problema è che tale soluzione non viene 'testimoniata' esplicitamente nella posizione del non-essere, giacché dei due poli (l'essere e il non essere), solo quello negativo (il non essere) risulta testimoniato in maniera esplicita. L'autentica testimonianza della verità dell'essere (§ 5) esige che si testimoni anche il lato 'puramente positivo' dell'essere, quello che si distingue tanto del non essere quanto dal non non essere. La testimonianza dell'essere vien realizzata mediante la testimonianza di quella che viene chiamata "onnitudine", ovvero ciò che è ogni cosa e che ogni cosa è. La testimonianza dell'essere è la parola che testimonia la differenza tra l'onnitudine e ogni singola entità, e quindi anche quella particolare determinazione che è la negazione. Questa soluzione consente dunque di distinguere la prima parte del verso 3 del frammento 2 di Parmenide dalla seconda parte, e, parallelamente, la prima parte (Ogni cosa è ciò che è) dalla seconda parte (e non un'altra cosa) del motto di Wittgenstein-Moore-Butler. Questa soluzione del tipico problema filosofico del non essere consente (§ 6) una diversa interpretazione di che cosa significhi dare un "contributo" al pensiero filosofico. Poiché si colloca all'interno dell'orizzonte del riconoscimento della verità implicita in ogni posizione, esso - nel caso specifico della soluzione proposta da Emanuele Severino - ne riconosce la validità pur esprimendola con parole diverse che, in quanto tali, ne esprimono un significato ulteriore. Solo alla luce della nozione, qui precisata, di pura differenza si può cogliere il significato autentico della differenza tra la soluzione qui proposta dell'aporia del nulla e quella proposta da Emanuele Severino.

Negazione del non essere e verità dell'essere

TARCA, Luigi
2013-01-01

Abstract

Dopo (§ 1) una breve premessa, il saggio (§ 2) prende le mosse dalla definizione classica dell'aporia del nulla (il non essere): una parola che in quanto tale ha significato ma che, per la peculiarità di ciò a cui si riferisce, non può avere alcun significato. Si discute la pur fondamentale mossa con la quale Wittgenstein mette in questione il presupposto che un'espressione, per essere significante, debba riferirsi a "qualcosa" come al suo significato. Ma questa importante mossa filosofica lascia aperto il problema; giacché il significato, sia pure inteso come una dimensione aperta e continuamente modificantesi, resta un polo necessariamente costitutivo (co-istitutivo) dello stesso essere significante. E del significato che è implicato dal significante appartiene, necessariamente e innanzitutto, proprio quella realtà che è il significante, la quale si riferisce dunque, necessariamente e innanzitutto, a se stessa. L'affermazione che ogni significante ha un significato resta dunque confermata, e con essa risulta ribadita anche l'aporia del nulla. (§ 3) La contraddizione del significato "non essere" (che è ma non è), risulta insuperabile perché si dà per scontato che la soluzione di tale contraddizione non possa essere nella contraddizione stessa, ma sieda in qualcos'altro che non è la contraddizione. In un certo senso la soluzione di tale contraddizione è quella classica, cioè quella che distingue i due differenti rispetti secondo i quali una stessa cosa viene affermata e negata. Ma nel caso specifico vi è questa peculiarità, che può essere colta solo nella misura in cui si attinge quel punto di vista per il quale la negazione costituisce essa stessa un particolare, determinato modo di essere di ciò di cui è negazione. Così, "non-x" è un particolare modo di essere di x, e quindi il non essere è un particolare modo di essere, quello negativo: il non essere è l'essere-non da parte dell'essere. Nel nostro caso abbiamo una situazione particolare perché qui solo uno dei due poli è costituito dalla negazione dell'altro. La contraddizione del non essere è risolta già con la sua semplice posizione, dato che il non essere già di per sé contiene i due rispetti che distinguono ciò che viene affermato da ciò che viene negato. Da ciò segue (§) che anche la negazione del non essere, in quanto è negazione di qualcosa che è (l'aspetto negativo dell'essere), viene ad essere negazione dell'essere, e quindi viene a sua volta ad essere una contraddizione. La quale però, come appunto la contraddizione del non essere, risulta risolta nel suo stesso porsi. Il problema è che tale soluzione non viene 'testimoniata' esplicitamente nella posizione del non-essere, giacché dei due poli (l'essere e il non essere), solo quello negativo (il non essere) risulta testimoniato in maniera esplicita. L'autentica testimonianza della verità dell'essere (§ 5) esige che si testimoni anche il lato 'puramente positivo' dell'essere, quello che si distingue tanto del non essere quanto dal non non essere. La testimonianza dell'essere vien realizzata mediante la testimonianza di quella che viene chiamata "onnitudine", ovvero ciò che è ogni cosa e che ogni cosa è. La testimonianza dell'essere è la parola che testimonia la differenza tra l'onnitudine e ogni singola entità, e quindi anche quella particolare determinazione che è la negazione. Questa soluzione consente dunque di distinguere la prima parte del verso 3 del frammento 2 di Parmenide dalla seconda parte, e, parallelamente, la prima parte (Ogni cosa è ciò che è) dalla seconda parte (e non un'altra cosa) del motto di Wittgenstein-Moore-Butler. Questa soluzione del tipico problema filosofico del non essere consente (§ 6) una diversa interpretazione di che cosa significhi dare un "contributo" al pensiero filosofico. Poiché si colloca all'interno dell'orizzonte del riconoscimento della verità implicita in ogni posizione, esso - nel caso specifico della soluzione proposta da Emanuele Severino - ne riconosce la validità pur esprimendola con parole diverse che, in quanto tali, ne esprimono un significato ulteriore. Solo alla luce della nozione, qui precisata, di pura differenza si può cogliere il significato autentico della differenza tra la soluzione qui proposta dell'aporia del nulla e quella proposta da Emanuele Severino.
2013
LI
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