Sinteticamente ripercorsi i tratti essenziali del recente intervento normativo occorre chiedersi che fine ha fatto la delega per la riforma degli ammortizzatori sociali, di cui certamente «l'articolato in esame non ne costituisce, almeno sul piano formale, l'attuazione». La legge sembra al riguardo tacere. Tuttavia, appare significativo che, come già in precedenza evidenziato, sia stata espressamente prorogata soltanto la delega per il riordino della normativa in materia di servizi per l'impiego e le politiche attive, incentivi all'occupazione, apprendistato. Dal silenzio, dunque, riservato alla delega per la riforma degli ammortizzatori e dalla definizione di riforma degli ammortizzatori socialii che si rinviene in alcuni passaggi della legge stessa (56), sembra doversi desumere che il legislatore ritiene di aver così realizzato la riforma del sistema. In realtà , l'appeal riformatore del recente intervento normativo è alquanto modesto non solo in materia di ammortizzatori , ma anche sul piano generale complessivo, anche se «sono innegabili sia un disegno significativo di razionalizzazione in un settore la cui disciplina si è consolidata mediante un processo legislativo di carattere alluvionale, sia un tentativo di farsi carico di una fase di transizione tra il vecchio e il nuovo sistema, in un momento molto critico per l'economia e l'occupazione» (57). Nelle intenzioni del legislatore l'intervento dovrebbe «rendere più omogenea l'esistenza delle diverse misure in vigore prima della riforma , riordinandole e migliorandole, posto che esse rispondono a diverse fattispecie di tipologie contrattuali, storia lavorativa ed ampiezza dell'impresa di provenienza» (58). In altri termini, riteniamo che di riforma non possa proprio parlarsi: si tratta più semplicemente di un riordino , di una sistemazione e, per certi versi, semplificazione della materia degli ammortizzatori sociali (59). E se proprio si vuol parlare di riforma , al più può dirsi che si tratta di una riforma dell'istituto del trattamento di disoccupazione. Insomma, come è già stato evidenziato in dottrina, «se questa è la riforma attesa da quindici anni, si poteva attendere ancora», anche se è possibile riconoscere che dopo anni ed anni di rinvii, segnati da una stratificazione normativa senza precedenti e caratterizzati dalla diversificazione degli strumenti per categorie di imprese e di lavoratori, per aree geografiche, per tipologie contrattuali eccetera, la strada della riformulazione del sistema e la sua riconduzione sui corretti binari della razionalizzazione delle tutele sembra finalmente avviata. Allo stato, dunque, nessuna riforma , ma semmai l'avvio «di una riforma degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive attesa da anni», anche se il progetto normativo è senza dubbio ambizioso, tanto che non si è mancato di definirlo «a vocazione universalisticaa, con l'intento di superare i limiti dell'impianto categoriale che caratterizza attualmente la disciplina italiana in materia» e «nel senso di assicurare il sostegno al reddito nelle ipotesi di disoccupazione sia parziale (sospensione del rapporto) sia totale (cessazione del rapporto), a tutti i lavoratori subordinati [...] azzerando così il dualismo tra area della disoccupazione protetta e non, che caratterizza l'attuale sistema». Il legislatore sembra voler disegnare un impianto capace di coinvolgere una platea più ampia di potenziali beneficiari e, da questo punto di vista, di certo più equo di quello attuale. Pur dovendosi apprezzare lo sforzo verso la definizione di un insieme omogeneo di regole, il nuovo sistema rimane, però, sotto tale profilo, privo della necessaria uniformità ed organicità e, per altro verso, lontano dall'auspicato obiettivo della universalizzazione delle tutele. Si introduce l'assicurazione sociale per l'impiego, senza però prevedere, «su base mutualistica, un'assistenza sociale su base universale, mentre rimane aperta, se pur affidata ad una transizione destinata a concludersi nel 2016, la partita della integrazione salariale in deroga e dell'indennità di mobilità».

LA LEGGE N. 92/2012 ED IL RIORDINO DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI: ALLA RICERCA DELLA RIFORMA PERDUTA

ZILIO GRANDI, Gaetano;SFERRAZZA, Mauro
2013-01-01

Abstract

Sinteticamente ripercorsi i tratti essenziali del recente intervento normativo occorre chiedersi che fine ha fatto la delega per la riforma degli ammortizzatori sociali, di cui certamente «l'articolato in esame non ne costituisce, almeno sul piano formale, l'attuazione». La legge sembra al riguardo tacere. Tuttavia, appare significativo che, come già in precedenza evidenziato, sia stata espressamente prorogata soltanto la delega per il riordino della normativa in materia di servizi per l'impiego e le politiche attive, incentivi all'occupazione, apprendistato. Dal silenzio, dunque, riservato alla delega per la riforma degli ammortizzatori e dalla definizione di riforma degli ammortizzatori socialii che si rinviene in alcuni passaggi della legge stessa (56), sembra doversi desumere che il legislatore ritiene di aver così realizzato la riforma del sistema. In realtà , l'appeal riformatore del recente intervento normativo è alquanto modesto non solo in materia di ammortizzatori , ma anche sul piano generale complessivo, anche se «sono innegabili sia un disegno significativo di razionalizzazione in un settore la cui disciplina si è consolidata mediante un processo legislativo di carattere alluvionale, sia un tentativo di farsi carico di una fase di transizione tra il vecchio e il nuovo sistema, in un momento molto critico per l'economia e l'occupazione» (57). Nelle intenzioni del legislatore l'intervento dovrebbe «rendere più omogenea l'esistenza delle diverse misure in vigore prima della riforma , riordinandole e migliorandole, posto che esse rispondono a diverse fattispecie di tipologie contrattuali, storia lavorativa ed ampiezza dell'impresa di provenienza» (58). In altri termini, riteniamo che di riforma non possa proprio parlarsi: si tratta più semplicemente di un riordino , di una sistemazione e, per certi versi, semplificazione della materia degli ammortizzatori sociali (59). E se proprio si vuol parlare di riforma , al più può dirsi che si tratta di una riforma dell'istituto del trattamento di disoccupazione. Insomma, come è già stato evidenziato in dottrina, «se questa è la riforma attesa da quindici anni, si poteva attendere ancora», anche se è possibile riconoscere che dopo anni ed anni di rinvii, segnati da una stratificazione normativa senza precedenti e caratterizzati dalla diversificazione degli strumenti per categorie di imprese e di lavoratori, per aree geografiche, per tipologie contrattuali eccetera, la strada della riformulazione del sistema e la sua riconduzione sui corretti binari della razionalizzazione delle tutele sembra finalmente avviata. Allo stato, dunque, nessuna riforma , ma semmai l'avvio «di una riforma degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive attesa da anni», anche se il progetto normativo è senza dubbio ambizioso, tanto che non si è mancato di definirlo «a vocazione universalisticaa, con l'intento di superare i limiti dell'impianto categoriale che caratterizza attualmente la disciplina italiana in materia» e «nel senso di assicurare il sostegno al reddito nelle ipotesi di disoccupazione sia parziale (sospensione del rapporto) sia totale (cessazione del rapporto), a tutti i lavoratori subordinati [...] azzerando così il dualismo tra area della disoccupazione protetta e non, che caratterizza l'attuale sistema». Il legislatore sembra voler disegnare un impianto capace di coinvolgere una platea più ampia di potenziali beneficiari e, da questo punto di vista, di certo più equo di quello attuale. Pur dovendosi apprezzare lo sforzo verso la definizione di un insieme omogeneo di regole, il nuovo sistema rimane, però, sotto tale profilo, privo della necessaria uniformità ed organicità e, per altro verso, lontano dall'auspicato obiettivo della universalizzazione delle tutele. Si introduce l'assicurazione sociale per l'impiego, senza però prevedere, «su base mutualistica, un'assistenza sociale su base universale, mentre rimane aperta, se pur affidata ad una transizione destinata a concludersi nel 2016, la partita della integrazione salariale in deroga e dell'indennità di mobilità».
2013
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