Questo contributo intende tracciare un profilo delle posizioni linguistiche di Sperone Speroni, con particolare riguardo per il problema della traduzione per come è formulato nel finale del Dialogo delle lingue dal Peretto alias Pietro Pomponazzi. A questo testo Speroni affida la propria, personale rielaborazione delle idee del suo maestro, a partire da quell’esortazione a fare Aristotele volgare che nel finale del dialogo è proprio il Peretto a pronunciare. Tale esortazione non solo costituisce un autonomo sviluppo di Speroni, ma costituisce anche quello che, da lì in avanti, resterà il nodo centrale della sua riflessione. Nella sua lunga carriera intellettuale Speroni si mostra capace di elaborare un’originale sintesi fra l’orientamento aristotelico e pomponazziano (apprezzabile anzitutto nella costante attenzione per il piano delle res), la proposta linguistica bembiana e gli indirizzi retorici di Erasmo, che agiscono insieme come un correttivo delle derive della cosiddetta “scolastica” bembiana e uno stimolo ad allargare gli orizzonti del volgare all’ambito religioso. In questo lungo percorso, è a Pomponazzi e al suo magistero che Speroni torna ripetutamente: come ci si propone di dimostrare, l’immagine di Pomponazzi che ci restituiscono le pagine di Speroni è dinamica e scorre di continuo tra i due poli di attrazione bembiano ed erasmiano, sempre soggetta a revisioni legate al mutare delle circostanze nelle quali Speroni si trovò ad agire e, con esse, a quello dei problemi con i quali egli volta per volta si misurò.

il maestro e lo "scolare": Pomponazzi e il programma linguistico di Speroni

Alessio Cotugno
In corso di stampa

Abstract

Questo contributo intende tracciare un profilo delle posizioni linguistiche di Sperone Speroni, con particolare riguardo per il problema della traduzione per come è formulato nel finale del Dialogo delle lingue dal Peretto alias Pietro Pomponazzi. A questo testo Speroni affida la propria, personale rielaborazione delle idee del suo maestro, a partire da quell’esortazione a fare Aristotele volgare che nel finale del dialogo è proprio il Peretto a pronunciare. Tale esortazione non solo costituisce un autonomo sviluppo di Speroni, ma costituisce anche quello che, da lì in avanti, resterà il nodo centrale della sua riflessione. Nella sua lunga carriera intellettuale Speroni si mostra capace di elaborare un’originale sintesi fra l’orientamento aristotelico e pomponazziano (apprezzabile anzitutto nella costante attenzione per il piano delle res), la proposta linguistica bembiana e gli indirizzi retorici di Erasmo, che agiscono insieme come un correttivo delle derive della cosiddetta “scolastica” bembiana e uno stimolo ad allargare gli orizzonti del volgare all’ambito religioso. In questo lungo percorso, è a Pomponazzi e al suo magistero che Speroni torna ripetutamente: come ci si propone di dimostrare, l’immagine di Pomponazzi che ci restituiscono le pagine di Speroni è dinamica e scorre di continuo tra i due poli di attrazione bembiano ed erasmiano, sempre soggetta a revisioni legate al mutare delle circostanze nelle quali Speroni si trovò ad agire e, con esse, a quello dei problemi con i quali egli volta per volta si misurò.
In corso di stampa
Fare filosofia in italiano fra Medioevo e Rinascimento. Atti del convegno svoltosi presso la villa medicea di Castello, Firenze, 22-23 novembre 2021
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