Nel Racconto dell’Oasita Eloquente, testo narrativo di ‘fiction’ databile agli inizi del Medio Regno egiziano, e incentrato sulle lunghe e poetiche orazioni di un contadino derubato che chiede giustizia, il silenzio compare in numerosi passaggi fondamentali, tanto da essere stato definito “a structural thread” (C. Eyre, The Performance of the Peasant in A. M. Gnirs, Reading the Eloquent Peasant) e “the problematic motor of the plot” (R.B. Parkinson, The Tale of Sinuhe and other ancient Egyptian poems). Le otto menzioni del verbo “tacere” spaziano, nel loro significato, da allusioni all’indifferenza, alla repressione, persino alla morte, a riferimenti contrari all’onestà e ad un corretto comportamento. La rilevante presenza del silenzio in un racconto essenzialmente logocentrico, atto a celebrare l’arte retorica che può trovarsi anche nei contesti più umili, non sorprende solo di per sé. Il Racconto dell’Oasita Eloquente è infatti imperniato sulla fondamentale nozione egiziana della maat, la giustizia cosmica e sociale, e presenta forti legami intertestuali e concettuali con la letteratura sapienziale, che insegna a vivere secondo questo principio universale. E uno dei temi essenziali della letteratura sapienziale è proprio quello del saper tacere, inteso come virtù attiva e positiva, essenziale per la convivenza civile, gradita agli uomini come agli déi. Tramite una comparazione diretta tra i passi dell’Oasita Eloquente ed esempi tratti dalle Saggezze ed altri testi contemporanei, il lavoro mira a far emergere una sistema complesso di relazione, costruzione e decostruzione dei modelli –e, più in generale, alcune considerazioni sul valore del silenzio nell’orizzonte culturale egiziano, e sulle problematiche del discorso e della comunicazione esplorate da questa antica civiltà.

La dialettica del silenzio nel Racconto dell’Oasita Eloquente e nella letteratura sapienziale egiziana di Medio Regno

ILARIA CARIDDI
2019-01-01

Abstract

Nel Racconto dell’Oasita Eloquente, testo narrativo di ‘fiction’ databile agli inizi del Medio Regno egiziano, e incentrato sulle lunghe e poetiche orazioni di un contadino derubato che chiede giustizia, il silenzio compare in numerosi passaggi fondamentali, tanto da essere stato definito “a structural thread” (C. Eyre, The Performance of the Peasant in A. M. Gnirs, Reading the Eloquent Peasant) e “the problematic motor of the plot” (R.B. Parkinson, The Tale of Sinuhe and other ancient Egyptian poems). Le otto menzioni del verbo “tacere” spaziano, nel loro significato, da allusioni all’indifferenza, alla repressione, persino alla morte, a riferimenti contrari all’onestà e ad un corretto comportamento. La rilevante presenza del silenzio in un racconto essenzialmente logocentrico, atto a celebrare l’arte retorica che può trovarsi anche nei contesti più umili, non sorprende solo di per sé. Il Racconto dell’Oasita Eloquente è infatti imperniato sulla fondamentale nozione egiziana della maat, la giustizia cosmica e sociale, e presenta forti legami intertestuali e concettuali con la letteratura sapienziale, che insegna a vivere secondo questo principio universale. E uno dei temi essenziali della letteratura sapienziale è proprio quello del saper tacere, inteso come virtù attiva e positiva, essenziale per la convivenza civile, gradita agli uomini come agli déi. Tramite una comparazione diretta tra i passi dell’Oasita Eloquente ed esempi tratti dalle Saggezze ed altri testi contemporanei, il lavoro mira a far emergere una sistema complesso di relazione, costruzione e decostruzione dei modelli –e, più in generale, alcune considerazioni sul valore del silenzio nell’orizzonte culturale egiziano, e sulle problematiche del discorso e della comunicazione esplorate da questa antica civiltà.
2019
LXXIV
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10278/3736543
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