L’archivio e fototeca Antonio Morassi presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia conserva alcuni fascicoli con fotografie e appunti riguardanti la falsificazione di opere guardesche. Al loro interno si trova un ampio dossier di immagini con disegni del Maestro del Ricciolo, oggi riconosciuto in Giuseppe Latini. Antonio Morassi, il massimo esperto dei Guardi nel XX secolo, conosceva il nome di Latini come falsario di dipinti, ma non lo aveva collegato ai disegni con le caratteristiche iscrizioni per lo più illeggibili che erano attestati anche nel suo archivio fotografico. Una informazione ricevuta da Federico Zeri, che attribuiva i disegni connotati dalle tipiche scritte con riccioli a un prete attivo a Roma, certifica le testimonianze raccolte in seguito da Lino Moretti, che ricorda come i disegni di Latini fossero anche definiti nell’ambiente antiquario “Canaletto del prete”. Morassi utilizzò nei suoi appunti l’alias “prete romano” ma diffidando dell’informazione avuta da Zeri, che doveva conoscere il falsario, restauratore in via Margutta a Roma, rubricò i suoi fogli riconoscendoli come generiche falsificazioni moderne. Questo avveniva mentre altri studiosi, musei e istituzioni commisero spesso l’errore di considerarli – e acquisirli – come opere di Francesco Guardi o di un artista settecentesco veneziano.
Antonio Morassi, Federizo Zeri e un falsario di disegni guardeschi: Giuseppe Latini alias "il prete romano" alias il Maestro del Ricciolo
GIULIO ZAVATTA
2019-01-01
Abstract
L’archivio e fototeca Antonio Morassi presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia conserva alcuni fascicoli con fotografie e appunti riguardanti la falsificazione di opere guardesche. Al loro interno si trova un ampio dossier di immagini con disegni del Maestro del Ricciolo, oggi riconosciuto in Giuseppe Latini. Antonio Morassi, il massimo esperto dei Guardi nel XX secolo, conosceva il nome di Latini come falsario di dipinti, ma non lo aveva collegato ai disegni con le caratteristiche iscrizioni per lo più illeggibili che erano attestati anche nel suo archivio fotografico. Una informazione ricevuta da Federico Zeri, che attribuiva i disegni connotati dalle tipiche scritte con riccioli a un prete attivo a Roma, certifica le testimonianze raccolte in seguito da Lino Moretti, che ricorda come i disegni di Latini fossero anche definiti nell’ambiente antiquario “Canaletto del prete”. Morassi utilizzò nei suoi appunti l’alias “prete romano” ma diffidando dell’informazione avuta da Zeri, che doveva conoscere il falsario, restauratore in via Margutta a Roma, rubricò i suoi fogli riconoscendoli come generiche falsificazioni moderne. Questo avveniva mentre altri studiosi, musei e istituzioni commisero spesso l’errore di considerarli – e acquisirli – come opere di Francesco Guardi o di un artista settecentesco veneziano.File | Dimensione | Formato | |
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