“Infinito” è una parola enigmatica che, se non paralizza, allude a un un cammino che si realizza nella forma di un sempre nuovo superamento di ogni condizione e di ogni risposta determinata. Gli scritti di Emanuele Severino, accompagnando al tramonto l'alienazione nichilistica dell'Occidente, ne propongono un'immagine che tiene insieme l'eternità e la necessità dell'essere con la processualità di un divenire pensato nella forma di un infinito oltrepassare, ossia come lo sbocciare infinito degli eterni. Le mie pagine riflettono su questa figura in relazione a quegli scritti, nella convinzione che il discorso di Severino riesca a pensare con verità e senza contraddizione (ossia, potremmo anche dire, secondo “giustizia”) tanto la verità dell'essere quanto la verità del divenire, consentendoci di gettare uno sguardo sulla bellezza infinita del cosmo. Sullo sfondo, Parmenide ed Eraclito (vicini e insieme lontani dalla filosofia severiniana), Fichte (che Severino nomina nel paragrafo conclusivo de La struttura originaria e al quale dedica, all'inizio degli anni Sessanta, un'importante monografia), Nietzsche (il cui pensiero allude a una “saturazione” dell'essere da parte del divenire), Freud (in particolare a proposito del carattere interminabile dell'indagine psicoanalitica).
Lo sbocciare infinito degli eterni,
BRIANESE, Giorgio
2016-01-01
Abstract
“Infinito” è una parola enigmatica che, se non paralizza, allude a un un cammino che si realizza nella forma di un sempre nuovo superamento di ogni condizione e di ogni risposta determinata. Gli scritti di Emanuele Severino, accompagnando al tramonto l'alienazione nichilistica dell'Occidente, ne propongono un'immagine che tiene insieme l'eternità e la necessità dell'essere con la processualità di un divenire pensato nella forma di un infinito oltrepassare, ossia come lo sbocciare infinito degli eterni. Le mie pagine riflettono su questa figura in relazione a quegli scritti, nella convinzione che il discorso di Severino riesca a pensare con verità e senza contraddizione (ossia, potremmo anche dire, secondo “giustizia”) tanto la verità dell'essere quanto la verità del divenire, consentendoci di gettare uno sguardo sulla bellezza infinita del cosmo. Sullo sfondo, Parmenide ed Eraclito (vicini e insieme lontani dalla filosofia severiniana), Fichte (che Severino nomina nel paragrafo conclusivo de La struttura originaria e al quale dedica, all'inizio degli anni Sessanta, un'importante monografia), Nietzsche (il cui pensiero allude a una “saturazione” dell'essere da parte del divenire), Freud (in particolare a proposito del carattere interminabile dell'indagine psicoanalitica).File | Dimensione | Formato | |
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