Al momento di bere qualcosa di caldo, se non è tè, i giovani cinesi prediligono un bicchierone di caffè venduto nello shop di una catena americana, piuttosto che una tazzina a base di miscela selezionata, da preparare in casa o da sorbire in un bar all’italiana. Nel Paese di Mezzo, inoltre, si consuma molto più vino rosso che vino bianco, in una serie complessa di brindisi. Difficilmente poi un cinese vi inviterà nella sua casa e, quando si troverà in coda alla cassa di un supermercato, nel suo carrello ci saranno al massimo quattro o cinque prodotti. Bastano pochi fermo-immagine come questi a segnare la distanza – culturale, sociale e di comportamento d’acquisto – tra Italia e Cina. Una distanza che richiede di essere colmata in un percorso di conoscenza reciproca, tra imprese, consumatori e mercati, a livello individuale e collettivo. Solo in un mercato così «educato», le tante aziende italiane di media dimensione che sempre più numerose si rivolgono oltre confine – le cosiddette multinazionali tascabili – possono svilupparsi nell’ambiente altamente competitivo della nuova economia internazionale. Se ridurre le distanze facendo leva sull’apprendimento è la chiave verso la nuova era dell’internazionalità (oltre l’internazionalizzazione), prepararsi in questo modo all’approdo sui nuovi mercati internazionali si rivela altresì occasione impareggiabile per riattivare il motore dell’innovazione anche in casa nostra. Ma che cosa c’entrano in tutto questo i «panni stesi a Pechino»? Un gioco, al termine del libro, lascia spazio ai lettori, permettendo loro di scoprirlo….

PANNI STESI A PECHINO. Esploratori e pionieri nei nuovi mercati internazionali

PONTIGGIA, Andrea;VESCOVI, Tiziano
2015-01-01

Abstract

Al momento di bere qualcosa di caldo, se non è tè, i giovani cinesi prediligono un bicchierone di caffè venduto nello shop di una catena americana, piuttosto che una tazzina a base di miscela selezionata, da preparare in casa o da sorbire in un bar all’italiana. Nel Paese di Mezzo, inoltre, si consuma molto più vino rosso che vino bianco, in una serie complessa di brindisi. Difficilmente poi un cinese vi inviterà nella sua casa e, quando si troverà in coda alla cassa di un supermercato, nel suo carrello ci saranno al massimo quattro o cinque prodotti. Bastano pochi fermo-immagine come questi a segnare la distanza – culturale, sociale e di comportamento d’acquisto – tra Italia e Cina. Una distanza che richiede di essere colmata in un percorso di conoscenza reciproca, tra imprese, consumatori e mercati, a livello individuale e collettivo. Solo in un mercato così «educato», le tante aziende italiane di media dimensione che sempre più numerose si rivolgono oltre confine – le cosiddette multinazionali tascabili – possono svilupparsi nell’ambiente altamente competitivo della nuova economia internazionale. Se ridurre le distanze facendo leva sull’apprendimento è la chiave verso la nuova era dell’internazionalità (oltre l’internazionalizzazione), prepararsi in questo modo all’approdo sui nuovi mercati internazionali si rivela altresì occasione impareggiabile per riattivare il motore dell’innovazione anche in casa nostra. Ma che cosa c’entrano in tutto questo i «panni stesi a Pechino»? Un gioco, al termine del libro, lascia spazio ai lettori, permettendo loro di scoprirlo….
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