Nel suo primo romanzo, che ancora risente dell’estetica decadente ma che è già la prima opera russa autenticamente simbolista, Tjažëlye sny (Sogni grevi), scritto fra il 1883 e il 1894 e pubblicato nel 1895, Fëdor Sologub elabora una concezione bipolare del mondo femminile che sta alla base della sua costruzione artistica matura, dove le eroine possono essere fate dalle sembianze angeliche, portatrici di valori spirituali positivi ed incorporei, oppure creature demoniache, sirene dal canto fatale per chi le ascolta, peccatrici e dannatrici. Eppure sia le une che le altre sono accomunate dal loro fascino irresistibile e ammaliante di incantatrici. Il protagonista di Tjažëlye sny è un giovane insegnante di provincia, Login, che si trova immerso nello squallore e nella volgarità – di gogoliana memoria – di una cittadina provinciale russa, prigioniero dell’immobilismo e della malvagità della società di cui suo malgrado fa parte, oppresso da incubi e fantasie di morte. L’uscita dal cerchio magico della corruzione e della banalità della vita quotidiana passa per Login attraverso due donne estremamente diverse fra loro, dalla prodigiosa femminilità divisa fra la materia e lo spirito, Klavdija e Anna. Klavdija è una creatura demoniaca dominata dalla passionalità, che pone il piacere e il peccato a fondamento della propria felicità. Nel ritratto di Klavdija molti sono gli elementi che rimandano all’iconografia mitica delle sirene, dai capelli verdi agli occhi vitrei e acquosi, ma anche all’immagine classica delle streghe. La sua bellezza sensuale, così simile a quella di molte eroine dostoevskiane, è di origine infernale, come testimonia l’etimologia (Klavdija deriva dal latino claudus, “zoppo”, una caratteristica tradizionalmente attribuita al diavolo). L’eterea Anna è, invece, una figura pura e celeste, una fata dalle vesti leggere e con il sorriso luminoso che cammina sempre scalza, una Madonna la cui nudità è visione estatica e non onta vergognosa. La seduzione che emana dal personaggio di Anna è la seduzione del bene purificatore e della speranza che salva: non a caso, in ebraico, Anna significa “colei che è piena di grazia”. L’assassinio di Motovilov, preside della scuola in cui Login insegna ed emblema del male che il protagonista vede tutt’attorno a sé e dal quale lui stesso è contaminato, è quindi il simbolo dell’uccisione da parte di Login del suo io malvagio e della rinascita alla vita autentica indicatagli da Anna. Le metafore marine – tanto care a Sologub – e il Leitmotiv dei “piedi nudi” potrebbero forse alludere al proteismo imprevedibile, alla fluidità delle sfuggenti eroine sologubiane, alla loro natura inafferrabile di personaggi liminari al confine fra la terra e il cielo.

Fëdor Sologub e le eroine-incantatrici di “Tjažëlye sny”

TORRESIN, LINDA
2013-01-01

Abstract

Nel suo primo romanzo, che ancora risente dell’estetica decadente ma che è già la prima opera russa autenticamente simbolista, Tjažëlye sny (Sogni grevi), scritto fra il 1883 e il 1894 e pubblicato nel 1895, Fëdor Sologub elabora una concezione bipolare del mondo femminile che sta alla base della sua costruzione artistica matura, dove le eroine possono essere fate dalle sembianze angeliche, portatrici di valori spirituali positivi ed incorporei, oppure creature demoniache, sirene dal canto fatale per chi le ascolta, peccatrici e dannatrici. Eppure sia le une che le altre sono accomunate dal loro fascino irresistibile e ammaliante di incantatrici. Il protagonista di Tjažëlye sny è un giovane insegnante di provincia, Login, che si trova immerso nello squallore e nella volgarità – di gogoliana memoria – di una cittadina provinciale russa, prigioniero dell’immobilismo e della malvagità della società di cui suo malgrado fa parte, oppresso da incubi e fantasie di morte. L’uscita dal cerchio magico della corruzione e della banalità della vita quotidiana passa per Login attraverso due donne estremamente diverse fra loro, dalla prodigiosa femminilità divisa fra la materia e lo spirito, Klavdija e Anna. Klavdija è una creatura demoniaca dominata dalla passionalità, che pone il piacere e il peccato a fondamento della propria felicità. Nel ritratto di Klavdija molti sono gli elementi che rimandano all’iconografia mitica delle sirene, dai capelli verdi agli occhi vitrei e acquosi, ma anche all’immagine classica delle streghe. La sua bellezza sensuale, così simile a quella di molte eroine dostoevskiane, è di origine infernale, come testimonia l’etimologia (Klavdija deriva dal latino claudus, “zoppo”, una caratteristica tradizionalmente attribuita al diavolo). L’eterea Anna è, invece, una figura pura e celeste, una fata dalle vesti leggere e con il sorriso luminoso che cammina sempre scalza, una Madonna la cui nudità è visione estatica e non onta vergognosa. La seduzione che emana dal personaggio di Anna è la seduzione del bene purificatore e della speranza che salva: non a caso, in ebraico, Anna significa “colei che è piena di grazia”. L’assassinio di Motovilov, preside della scuola in cui Login insegna ed emblema del male che il protagonista vede tutt’attorno a sé e dal quale lui stesso è contaminato, è quindi il simbolo dell’uccisione da parte di Login del suo io malvagio e della rinascita alla vita autentica indicatagli da Anna. Le metafore marine – tanto care a Sologub – e il Leitmotiv dei “piedi nudi” potrebbero forse alludere al proteismo imprevedibile, alla fluidità delle sfuggenti eroine sologubiane, alla loro natura inafferrabile di personaggi liminari al confine fra la terra e il cielo.
2013
8
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