Oggi la cultura della sostenibilità è molto più diffusa di quanto non fosse solo pochi anni fa. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, le imprese sono tra i principali diffusori dei messaggi di attenzione al sociale e all’ambiente, anche solo per il fatto che sanno cogliere le opportunità offerte dal nuovo paradigma con l’innovazione dei prodotti e delle formule imprenditoriali. La scollatura tra adesione ai principi di sostenibilità e la loro applicazione, quando si verifica, non è necessariamente frutto di scelte di retroguardia. Spesso è il risultato di condizioni competitive, ostacoli e inerzie organizzative, o anche solo procedurali, che tuttavia non di rado hanno il sopravvento sulle buone idee e sulle buone intenzioni. Se il management arriva un po’ in ritardo rispetto a quanto forse sarebbe stato opportuno, ciò è forse dovuto anche al fatto che la prospettiva teorica che per molto tempo ha dominato il pensiero economico sulla questione ha sostanzialmente ignorato la prospettiva aziendale, relegando il ruolo delle imprese all’adempimento passivo di obblighi e alla conformità a standard. Questo sostanzialmente per due errati pregiudizi di matrice concettuale tipicamente macro-economica: a) le imprese hanno come obiettivo unico o dominante il profitto; di conseguenza qualunque azione che possa mitigare questo obiettivo viene adottata esclusivamente in forza di adempimenti legislativi; b) gli sforzi per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità se non sono coordinati sono a priori irrilevanti nelle dinamiche globali. Entrambi questi presupposti sono errati. Sappiamo che i network si auto-organizzano secondo dinamiche che possono essere virtuose e dall’impatto significativo. Sappiamo che le decisioni di singoli soggetti (individui ed organizzazioni) possono essere oggetto di ampia convergenza verso modelli che si affermano indipendentemente da vincoli e policies. Sappiamo, infine, che le imprese mirano al miglioramento della propria attività in senso lato, non solo nel senso di incrementare la redditività; in questo esse possono essere il motore di innovazioni a 360 gradi, anche di quelle innovazioni che non sembrano essere strettamente funzionali alla performance economica di breve termine. Tutto ciò ci porta a dire che il ruolo delle imprese nella realizzazione di uno sviluppo sostenibile è di estrema importanza, indipendentemente dalla loro dimensione e a prescindere dalle policies e dagli obblighi di compliance. Per questo è prioritario mettere le imprese in condizioni migliorare i propri processi e di colmare il gap tra intenzioni e gestione sostenibile. La tecnologia fornisce un grande aiuto in tal senso, garantendo un miglioramento continuo dell’efficienza dei processi di trasformazione, ma restano nodi irrisolti sul se, quando e come realizzare il cambiamento. Questo articolo cerca di dare un modesto contributo nel colmare un gap che non è tanto di conoscenza quanto di dialogo tra la disciplina manageriale e quella parte del mondo delle imprese che, proprio perché consapevole dell’impatto reale di un tale cambiamento di prospettiva, è più cauta nell’investire in sostenibilità. Si propone quindi una procedura per la valutazione preliminare delle performance di sostenibilità associate a specifiche azioni e investimenti, e per la condivisione a più livelli delle scelte circa le priorità delle azioni da realizzare. Il sistema di controllo associato al modello di valutazione enfatizza le interdipendenze tra processi, dedicando una particolare attenzione alla complessità innescata dalle relazioni con stakeholders interni ed esterni. Tramite un processo di valutazione condivisa si identificano i possibili interventi di sostenibilità e se ne misura l’impatto sull’organizzazione con un criterio importanza-performance che pondera gli effetti di ciascuna azione pianificata con l’importanza assegnata dai responsabili dei processi coinvolti. La fattibilità delle varie azioni sarà poi valutata in base ad una combinazione degli sforzi finanziari e organizzativi richiesti.

L’impresa sostenibile: dai principi alla pratica

STOCCHETTI, Andrea
2015-01-01

Abstract

Oggi la cultura della sostenibilità è molto più diffusa di quanto non fosse solo pochi anni fa. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, le imprese sono tra i principali diffusori dei messaggi di attenzione al sociale e all’ambiente, anche solo per il fatto che sanno cogliere le opportunità offerte dal nuovo paradigma con l’innovazione dei prodotti e delle formule imprenditoriali. La scollatura tra adesione ai principi di sostenibilità e la loro applicazione, quando si verifica, non è necessariamente frutto di scelte di retroguardia. Spesso è il risultato di condizioni competitive, ostacoli e inerzie organizzative, o anche solo procedurali, che tuttavia non di rado hanno il sopravvento sulle buone idee e sulle buone intenzioni. Se il management arriva un po’ in ritardo rispetto a quanto forse sarebbe stato opportuno, ciò è forse dovuto anche al fatto che la prospettiva teorica che per molto tempo ha dominato il pensiero economico sulla questione ha sostanzialmente ignorato la prospettiva aziendale, relegando il ruolo delle imprese all’adempimento passivo di obblighi e alla conformità a standard. Questo sostanzialmente per due errati pregiudizi di matrice concettuale tipicamente macro-economica: a) le imprese hanno come obiettivo unico o dominante il profitto; di conseguenza qualunque azione che possa mitigare questo obiettivo viene adottata esclusivamente in forza di adempimenti legislativi; b) gli sforzi per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità se non sono coordinati sono a priori irrilevanti nelle dinamiche globali. Entrambi questi presupposti sono errati. Sappiamo che i network si auto-organizzano secondo dinamiche che possono essere virtuose e dall’impatto significativo. Sappiamo che le decisioni di singoli soggetti (individui ed organizzazioni) possono essere oggetto di ampia convergenza verso modelli che si affermano indipendentemente da vincoli e policies. Sappiamo, infine, che le imprese mirano al miglioramento della propria attività in senso lato, non solo nel senso di incrementare la redditività; in questo esse possono essere il motore di innovazioni a 360 gradi, anche di quelle innovazioni che non sembrano essere strettamente funzionali alla performance economica di breve termine. Tutto ciò ci porta a dire che il ruolo delle imprese nella realizzazione di uno sviluppo sostenibile è di estrema importanza, indipendentemente dalla loro dimensione e a prescindere dalle policies e dagli obblighi di compliance. Per questo è prioritario mettere le imprese in condizioni migliorare i propri processi e di colmare il gap tra intenzioni e gestione sostenibile. La tecnologia fornisce un grande aiuto in tal senso, garantendo un miglioramento continuo dell’efficienza dei processi di trasformazione, ma restano nodi irrisolti sul se, quando e come realizzare il cambiamento. Questo articolo cerca di dare un modesto contributo nel colmare un gap che non è tanto di conoscenza quanto di dialogo tra la disciplina manageriale e quella parte del mondo delle imprese che, proprio perché consapevole dell’impatto reale di un tale cambiamento di prospettiva, è più cauta nell’investire in sostenibilità. Si propone quindi una procedura per la valutazione preliminare delle performance di sostenibilità associate a specifiche azioni e investimenti, e per la condivisione a più livelli delle scelte circa le priorità delle azioni da realizzare. Il sistema di controllo associato al modello di valutazione enfatizza le interdipendenze tra processi, dedicando una particolare attenzione alla complessità innescata dalle relazioni con stakeholders interni ed esterni. Tramite un processo di valutazione condivisa si identificano i possibili interventi di sostenibilità e se ne misura l’impatto sull’organizzazione con un criterio importanza-performance che pondera gli effetti di ciascuna azione pianificata con l’importanza assegnata dai responsabili dei processi coinvolti. La fattibilità delle varie azioni sarà poi valutata in base ad una combinazione degli sforzi finanziari e organizzativi richiesti.
2015
37
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10278/3656541
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