Uno dei criteri in base ai quali l’ebraismo rabbinico scelse, tra la vasta letteratura religiosa ebraica antica, quali opere si dovessero considerare Sacra Scrittura e quali no, fu proprio il ruolo che in queste opere rivestono gli angeli. Presentati nella Bibbia ebraica come semplici portaordini di Dio (come nel sacrificio di Isacco) o suoi scagnozzi per i compiti più imbarazzanti (come nella distruzione di Sodoma), nei testi non canonici gli angeli appaiono come figure molto più complesse e importanti. Il loro ruolo è alle volte tradizionalmente subordinato: possono essere latori del volere divino agli uomini e delle preghiere umane a Dio, o sacerdoti del suo culto spirituale nell’alto dei cieli, o esercito del bene in battaglia contro le forze del male alla fine dei tempi (come nella Regola della guerra dei Figli della Luce contro i Figli delle Tenebre trovata tra i manoscritti del Mar Morto, I sec. a.C.). Ma essi appaiono anche come detentori di poteri sovrumani e magici, che gestiscono autonomamente su richiesta degli uomini, fino a diventare essi stessi oggetti di culto in alcuni casi documentati. Il progresso degli angeli verso quell’autonomia operativa – e anche poetica – che li caratterizzerà negli gnosticismi e nei misticismi tardoantichi e in tante tradizioni fino alla modernità comincia in una tradizione ebraica che risale al Libro dei Vigilanti (IV sec. a.C.): appunto quegli “angeli Vigilanti”, i pretoriani di Dio, che a Dio si ribellarono per unirsi alle “figlie degli uomini” e farsi civilizzatori del genere umano, i Prometei del mito ebraico antico che l’ebraismo rabbinico rifiutò. Passeremo in rassegna, nella letteratura ebraica non canonica, il loro ruolo vicario di una divinità sempre più percepita come trascendente e remota, l’inesauribile molteplicità delle loro funzioni, la loro peculiare mobilità attraverso le epoche e le culture – non solo ebraiche – del mondo antico e tardoantico.
Gli angeli secondo l'ebraismo del Secondo Tempio
CAPELLI, Piero
2012-01-01
Abstract
Uno dei criteri in base ai quali l’ebraismo rabbinico scelse, tra la vasta letteratura religiosa ebraica antica, quali opere si dovessero considerare Sacra Scrittura e quali no, fu proprio il ruolo che in queste opere rivestono gli angeli. Presentati nella Bibbia ebraica come semplici portaordini di Dio (come nel sacrificio di Isacco) o suoi scagnozzi per i compiti più imbarazzanti (come nella distruzione di Sodoma), nei testi non canonici gli angeli appaiono come figure molto più complesse e importanti. Il loro ruolo è alle volte tradizionalmente subordinato: possono essere latori del volere divino agli uomini e delle preghiere umane a Dio, o sacerdoti del suo culto spirituale nell’alto dei cieli, o esercito del bene in battaglia contro le forze del male alla fine dei tempi (come nella Regola della guerra dei Figli della Luce contro i Figli delle Tenebre trovata tra i manoscritti del Mar Morto, I sec. a.C.). Ma essi appaiono anche come detentori di poteri sovrumani e magici, che gestiscono autonomamente su richiesta degli uomini, fino a diventare essi stessi oggetti di culto in alcuni casi documentati. Il progresso degli angeli verso quell’autonomia operativa – e anche poetica – che li caratterizzerà negli gnosticismi e nei misticismi tardoantichi e in tante tradizioni fino alla modernità comincia in una tradizione ebraica che risale al Libro dei Vigilanti (IV sec. a.C.): appunto quegli “angeli Vigilanti”, i pretoriani di Dio, che a Dio si ribellarono per unirsi alle “figlie degli uomini” e farsi civilizzatori del genere umano, i Prometei del mito ebraico antico che l’ebraismo rabbinico rifiutò. Passeremo in rassegna, nella letteratura ebraica non canonica, il loro ruolo vicario di una divinità sempre più percepita come trascendente e remota, l’inesauribile molteplicità delle loro funzioni, la loro peculiare mobilità attraverso le epoche e le culture – non solo ebraiche – del mondo antico e tardoantico.File | Dimensione | Formato | |
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