La bonifica idraulica meccanica delle aree umide ha interessato nel corso del XIX e XX secolo vaste estensioni del nostro Paese. Si tratta di una delle forme recenti di costruzione idraulica e territoriale che hanno maggiormente contribuito a delineare i tratti dell’Italia che oggi conosciamo. I territori della bonifica meccanica appaiono come una sorta di “macchina territoriale”. La natura “macchinica” travalica le pompe idrovore e si protrae nell’artificializzazione spinta del rapporto terre-acque (in particolare dei meccanismi di drenaggio e irrigazione). L’intero territorio di bonifica, con la sua idrografia artificiale, appare come una sorta di estensione spaziale della macchina idraulica, motore essenziale a separare le terre asciutte dalle acque. I disegni tecnici e le tavole di progetto degli ingegneri “bonificatori” restituiscono questa volontà di realizzare una macchina idrografica, partendo da quella che viene percepita come una sorta di tabula rasa territoriale (la palude). L’idea di macchina idraulica territoriale impone, però, delle riflessioni. Tanto i pensatori contemporanei (Paolo Rossi, Gianni Michieli), quanto i classici (Francois Reuleaux) sottolineano come nelle macchine convergano empirismo e, progressivamente, teoria: esse, da oggetto, si vanno facendo modello della realtà (si pensi al meccanicismo deterministico cartesiano), fino a diventare icona della modernità occidentale. Gli attributi della macchina enunciati da Lewis Mumford (“potenza, movimento, standardizzazione, quantificazione, irreggimentazione, precisione, uniformità, regolarità e soprattutto controllo”) ben si attagliano alle realizzazioni della bonifica idraulica meccanica. Tuttavia, la macchina della bonifica rivela dei caratteri di ibridità. Ad esempio: - la messa in opera delle parti meccaniche è resa possibile da un immane e assai “tradizionale” lavoro umano (riporto di terra, scavo dei canali) - i meccanismi artificiali coesistono con processi naturali che si espletano negli stessi spazi. La bonifica moderna è bifronte: ha un volto artificiale e meccanico, astratto rispetto all’ambiente, ma conserva pure un volto pedologico, biologico, idrologico A monte, la macchina territoriale è, di per sé, un paradosso. Con la modernità è cresciuta la capacità di governare le leggi della fisica fino a “produrre spazio”, ma il territorio è altro (Giuseppe Dematteis). Uno spazio-macchina è progettabile e controllabile nel funzionamento idraulico, ma rimane qualcosa che sfugge alla pre-visione ingegneristica: come quelle terre prosciugate e quella rete idraulica saranno utilizzate, percorse, percepite, trasformate; ovvero gli aspetti politici, simbolici, gestionali che sono alla base di un territorio.
Acque e bonifica moderna in Italia. Tra macchine idrauliche e ibridi territoriali.
CAVALLO, Federica
2014-01-01
Abstract
La bonifica idraulica meccanica delle aree umide ha interessato nel corso del XIX e XX secolo vaste estensioni del nostro Paese. Si tratta di una delle forme recenti di costruzione idraulica e territoriale che hanno maggiormente contribuito a delineare i tratti dell’Italia che oggi conosciamo. I territori della bonifica meccanica appaiono come una sorta di “macchina territoriale”. La natura “macchinica” travalica le pompe idrovore e si protrae nell’artificializzazione spinta del rapporto terre-acque (in particolare dei meccanismi di drenaggio e irrigazione). L’intero territorio di bonifica, con la sua idrografia artificiale, appare come una sorta di estensione spaziale della macchina idraulica, motore essenziale a separare le terre asciutte dalle acque. I disegni tecnici e le tavole di progetto degli ingegneri “bonificatori” restituiscono questa volontà di realizzare una macchina idrografica, partendo da quella che viene percepita come una sorta di tabula rasa territoriale (la palude). L’idea di macchina idraulica territoriale impone, però, delle riflessioni. Tanto i pensatori contemporanei (Paolo Rossi, Gianni Michieli), quanto i classici (Francois Reuleaux) sottolineano come nelle macchine convergano empirismo e, progressivamente, teoria: esse, da oggetto, si vanno facendo modello della realtà (si pensi al meccanicismo deterministico cartesiano), fino a diventare icona della modernità occidentale. Gli attributi della macchina enunciati da Lewis Mumford (“potenza, movimento, standardizzazione, quantificazione, irreggimentazione, precisione, uniformità, regolarità e soprattutto controllo”) ben si attagliano alle realizzazioni della bonifica idraulica meccanica. Tuttavia, la macchina della bonifica rivela dei caratteri di ibridità. Ad esempio: - la messa in opera delle parti meccaniche è resa possibile da un immane e assai “tradizionale” lavoro umano (riporto di terra, scavo dei canali) - i meccanismi artificiali coesistono con processi naturali che si espletano negli stessi spazi. La bonifica moderna è bifronte: ha un volto artificiale e meccanico, astratto rispetto all’ambiente, ma conserva pure un volto pedologico, biologico, idrologico A monte, la macchina territoriale è, di per sé, un paradosso. Con la modernità è cresciuta la capacità di governare le leggi della fisica fino a “produrre spazio”, ma il territorio è altro (Giuseppe Dematteis). Uno spazio-macchina è progettabile e controllabile nel funzionamento idraulico, ma rimane qualcosa che sfugge alla pre-visione ingegneristica: come quelle terre prosciugate e quella rete idraulica saranno utilizzate, percorse, percepite, trasformate; ovvero gli aspetti politici, simbolici, gestionali che sono alla base di un territorio.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Cavallo, acque e bonifica moderna in Italia.pdf
non disponibili
Tipologia:
Abstract
Licenza:
Licenza non definita
Dimensione
3.28 MB
Formato
Adobe PDF
|
3.28 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in ARCA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.