A partire dal primo romanticismo tedesco il concetto di "frammento" ha conosciuto una tale fortuna che si è praticamente evoluto da forma di rappresentazione deficitaria ad una delle chiavi di lettura più persuasive per tutta l’esistenza umana, nel suo rapporto a sé e al mondo intero. Nella genealogia di questo "cambiamento di paradigma" largamente condiviso, le riflessioni di Friedrich Schlegel sulla dignità, sia filosofica sia poetica, del "frammento" che si ricollegano, a loro volta, al pensiero speculativo idealistico, soprattutto di impronta fichteana, sembrano determinare ancora profondamente la preferenza anche postmoderna di concepire la vita in un pensiero "debole". Se la cultura occidentale contemporanea avverte come falliti tutti i sogni precedenti di un accesso diretto all’assoluto, sogni così disastrosamente naufragati nei vari totalitarismi della storia, d’altra parte, potrebbe nascere comunque il sospetto che l’ascesa del frammento a concetto guida stia anche, però, alla radice delle tante aporie e contraddizioni che contrassegnano la sensibilità culturale ed esistenziale della nostra epoca. Partendo da questo contesto l’indagine qui proposta sulla diversa consapevolezza del significato dell’incompiuto in Friedrich Hölderlin, cerca di evidenziare fino a che punto l’audace ed inconsueta esperienza del rapporto umano all’infinito che il poeta cerca di esprimere in maniera sempre più libera ed innovativa nelle varie fasi del suo tormentato cammino biografico ed artistico, possa dare spunto ad un'autentica rilettura del frammentario. Risulta, infatti, che Hölderlin concepisce il rapporto dell’uomo all’"intero" fin dall’inizio nella figura di un movimento "eccentrico", in cui il soggetto si può realizzare solamente in un continuo oscillare tra l’avvicinarsi e l’allontanarsi rispetto ad un "assoluto" che resterà, comunque, sempre incommensurabile, se non a volte irriconoscibile. Nell’esperienza, mai compiuta, dei suoi continui tentativi e fallimenti, il soggetto umano non può, in ogni modo, realizzarsi senza percepire e vivere il rapporto all’infinito, nelle varie configurazioni che questo assume nella storia e nel susseguirsi delle culture - un rapporto che, per Hölderlin, resta profondamente di non-identità. La sofferenza che l’individuo patisce proprio per via della coscienza della fondamentale vicinanza e, allo stesso tempo, della insormontabile differenza rispetto all’assoluto può addirittura, in certe costellazioni storiche, assumere le forme del tragico, provocando l’estinguersi della coscienza e della vita stessa di un individuo. Ciononostante, al di là della tragedia, l’accettazione della propria finitezza e del carattere frammentario dell’esistenza dà, come si delinea nell’orizzonte dell’ultimo inno di Hölderlin, intitolato "Mnemosyne", la possibilità di trovare una sorta di pace in cui si custodisce il senso del frammento che siamo.

"UND VIELES WIE AUF DEN SCHULTERN EINE LAST VON SCHEITERN IST ZU BEHALTEN" – Moderner Fragmentarismus und Hölderlins anderes Bewusstsein von der Bedeutung des Unvollendeten

FABER, Beatrix Ursula Betti
2008-01-01

Abstract

A partire dal primo romanticismo tedesco il concetto di "frammento" ha conosciuto una tale fortuna che si è praticamente evoluto da forma di rappresentazione deficitaria ad una delle chiavi di lettura più persuasive per tutta l’esistenza umana, nel suo rapporto a sé e al mondo intero. Nella genealogia di questo "cambiamento di paradigma" largamente condiviso, le riflessioni di Friedrich Schlegel sulla dignità, sia filosofica sia poetica, del "frammento" che si ricollegano, a loro volta, al pensiero speculativo idealistico, soprattutto di impronta fichteana, sembrano determinare ancora profondamente la preferenza anche postmoderna di concepire la vita in un pensiero "debole". Se la cultura occidentale contemporanea avverte come falliti tutti i sogni precedenti di un accesso diretto all’assoluto, sogni così disastrosamente naufragati nei vari totalitarismi della storia, d’altra parte, potrebbe nascere comunque il sospetto che l’ascesa del frammento a concetto guida stia anche, però, alla radice delle tante aporie e contraddizioni che contrassegnano la sensibilità culturale ed esistenziale della nostra epoca. Partendo da questo contesto l’indagine qui proposta sulla diversa consapevolezza del significato dell’incompiuto in Friedrich Hölderlin, cerca di evidenziare fino a che punto l’audace ed inconsueta esperienza del rapporto umano all’infinito che il poeta cerca di esprimere in maniera sempre più libera ed innovativa nelle varie fasi del suo tormentato cammino biografico ed artistico, possa dare spunto ad un'autentica rilettura del frammentario. Risulta, infatti, che Hölderlin concepisce il rapporto dell’uomo all’"intero" fin dall’inizio nella figura di un movimento "eccentrico", in cui il soggetto si può realizzare solamente in un continuo oscillare tra l’avvicinarsi e l’allontanarsi rispetto ad un "assoluto" che resterà, comunque, sempre incommensurabile, se non a volte irriconoscibile. Nell’esperienza, mai compiuta, dei suoi continui tentativi e fallimenti, il soggetto umano non può, in ogni modo, realizzarsi senza percepire e vivere il rapporto all’infinito, nelle varie configurazioni che questo assume nella storia e nel susseguirsi delle culture - un rapporto che, per Hölderlin, resta profondamente di non-identità. La sofferenza che l’individuo patisce proprio per via della coscienza della fondamentale vicinanza e, allo stesso tempo, della insormontabile differenza rispetto all’assoluto può addirittura, in certe costellazioni storiche, assumere le forme del tragico, provocando l’estinguersi della coscienza e della vita stessa di un individuo. Ciononostante, al di là della tragedia, l’accettazione della propria finitezza e del carattere frammentario dell’esistenza dà, come si delinea nell’orizzonte dell’ultimo inno di Hölderlin, intitolato "Mnemosyne", la possibilità di trovare una sorta di pace in cui si custodisce il senso del frammento che siamo.
2008
XLII
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