L’idea di naturale, che anima il dibattito letterario del Settecento in Europa, riguarda una visione della realtà come l’ambito entro cui agisce l’uomo in modo libero e consapevole. Sul versante teatrale la necessità di aprirsi al mondo, per cogliere le sollecitazioni della vita quotidiana e per restituirle sotto forma di modelli dialettici e paradossali, trova in ambito inglese un impulso decisivo per la riformulazione dell’arte dell’attore con David Garrick, descritto mirabilmente come interprete dell’Hamlet di Shakespeare nel Tom Jones di Henry Fielding. Intanto, tra le pieghe della tradizione emerge la consapevolezza che l’antinomia naturale-immaginario è stata risolta da William Shakespeare, lo scrittore che l’Europa borghese riscopre con uno slancio senza pari. Anche le azioni teatrali di Carlo Goldoni e del conte Carlo Gozzi oltrepassano il limite della contrapposizione tra riforma e controriforma, fino a diventare modello per misurare la qualità di una nuova drammaturgia per l’attore. Lo conferma il fatto che entrambi, insieme al terzo scrittore l’abate Pietro Chiari, pur lavorando per lo più per i medesimi comici, propongano soluzioni strutturali differenti. Madame de Staël offre un acuto paragone tra la teatralità e la recitazione delle singole aree nazionali. In De l’Allemagne emerge il confronto tra le formule francesi e tedesche. In Corinne ou l’Italie la letterata ragiona, invece, sul teatro italiano, considerando Goldoni un commediografo monocorde, nonostante la sua indubbia capacità di osservazione, mentre Carlo Gozzi, rappresenta una via originale e non convenzionale, poiché si muove tra favole teatrali e provocazioni buffonesche, arlecchinate e poemi meravigliosi; il conte non imita la natura, ma lascia libero corso all’invenzione e alla gaiezza del racconto fiabesco. L’ampio sguardo critico di Germaine de Staël coglie l’empasse in cui si dibatte la scena italiana, bloccata nella memoria dei fasti della commedia all’improvviso, ma costretta ad inseguire la forma delle teatralità europee su terreni non propri. Nell’evolversi del dibattito, un passaggio necessario è offerto dalla posizione teorica di Victor Hugo, il quale introduce nel dibattito teatrale europeo il concetto di “grottesco”, definendolo nella Préface al Cromwell (1827), enunciandolo in maniera più esplicita nello scritto William Shakespeare (1864), come sintesi della complessità espressiva dell’età moderna e come possibile conciliazione dell’antinomia tra concetto classico e pensiero romantico. In ambito tedesco prende forma la posizione di E. T. A. Hoffmann, descritta sotto forma di dialogo ne Le curiose pene di un capocomico (Seltsame Leiden eines Theterdirektors), testo pubblicato nel 1819 e ispirato alla commedia di Ludwig Tieck Il mondo alla rovescia (1799), dove uno spettatore-personaggio chiede di salire sul palcoscenico per recitare insieme agli attori. Hoffmann propone un tracciato paradossale dell’idea di grottesco, elaborandola sulla scia di un dibattito senza respiro fino ad un inatteso capovolgimento finale. Il significato più diretto delle drammaturgie italiane di metà Settecento rivive nell’età successiva, senza lo stridore dell’antinomia tra il realismo utopico di Goldoni e la favola politica di Gozzi, solamente attraverso ulteriori mediazioni sceniche. In tal modo, la memoria dei teatri di entrambi i commediografi veneziani mantiene intatto il proprio impenetrabile segreto, il cui fascino continua ad essere difeso dall’artificio della rappresentazione.

I prodigi dell’arte scenica. Aspetti dell’antinomia naturale-immaginario fra testo e rappresentazione

ALBERTI, Carmelo
2006-01-01

Abstract

L’idea di naturale, che anima il dibattito letterario del Settecento in Europa, riguarda una visione della realtà come l’ambito entro cui agisce l’uomo in modo libero e consapevole. Sul versante teatrale la necessità di aprirsi al mondo, per cogliere le sollecitazioni della vita quotidiana e per restituirle sotto forma di modelli dialettici e paradossali, trova in ambito inglese un impulso decisivo per la riformulazione dell’arte dell’attore con David Garrick, descritto mirabilmente come interprete dell’Hamlet di Shakespeare nel Tom Jones di Henry Fielding. Intanto, tra le pieghe della tradizione emerge la consapevolezza che l’antinomia naturale-immaginario è stata risolta da William Shakespeare, lo scrittore che l’Europa borghese riscopre con uno slancio senza pari. Anche le azioni teatrali di Carlo Goldoni e del conte Carlo Gozzi oltrepassano il limite della contrapposizione tra riforma e controriforma, fino a diventare modello per misurare la qualità di una nuova drammaturgia per l’attore. Lo conferma il fatto che entrambi, insieme al terzo scrittore l’abate Pietro Chiari, pur lavorando per lo più per i medesimi comici, propongano soluzioni strutturali differenti. Madame de Staël offre un acuto paragone tra la teatralità e la recitazione delle singole aree nazionali. In De l’Allemagne emerge il confronto tra le formule francesi e tedesche. In Corinne ou l’Italie la letterata ragiona, invece, sul teatro italiano, considerando Goldoni un commediografo monocorde, nonostante la sua indubbia capacità di osservazione, mentre Carlo Gozzi, rappresenta una via originale e non convenzionale, poiché si muove tra favole teatrali e provocazioni buffonesche, arlecchinate e poemi meravigliosi; il conte non imita la natura, ma lascia libero corso all’invenzione e alla gaiezza del racconto fiabesco. L’ampio sguardo critico di Germaine de Staël coglie l’empasse in cui si dibatte la scena italiana, bloccata nella memoria dei fasti della commedia all’improvviso, ma costretta ad inseguire la forma delle teatralità europee su terreni non propri. Nell’evolversi del dibattito, un passaggio necessario è offerto dalla posizione teorica di Victor Hugo, il quale introduce nel dibattito teatrale europeo il concetto di “grottesco”, definendolo nella Préface al Cromwell (1827), enunciandolo in maniera più esplicita nello scritto William Shakespeare (1864), come sintesi della complessità espressiva dell’età moderna e come possibile conciliazione dell’antinomia tra concetto classico e pensiero romantico. In ambito tedesco prende forma la posizione di E. T. A. Hoffmann, descritta sotto forma di dialogo ne Le curiose pene di un capocomico (Seltsame Leiden eines Theterdirektors), testo pubblicato nel 1819 e ispirato alla commedia di Ludwig Tieck Il mondo alla rovescia (1799), dove uno spettatore-personaggio chiede di salire sul palcoscenico per recitare insieme agli attori. Hoffmann propone un tracciato paradossale dell’idea di grottesco, elaborandola sulla scia di un dibattito senza respiro fino ad un inatteso capovolgimento finale. Il significato più diretto delle drammaturgie italiane di metà Settecento rivive nell’età successiva, senza lo stridore dell’antinomia tra il realismo utopico di Goldoni e la favola politica di Gozzi, solamente attraverso ulteriori mediazioni sceniche. In tal modo, la memoria dei teatri di entrambi i commediografi veneziani mantiene intatto il proprio impenetrabile segreto, il cui fascino continua ad essere difeso dall’artificio della rappresentazione.
2006
Il mondo e le sue favole. Sviluppi europei del teatro di Goldoni e Gozzi – Inszenierte Wirklichkeit und Bühnenillusion. Zur Europäischen Rezeption von Goldonis und Gozzis Theater, a cura di Susanne Winter
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