All'interno della pur vastissima bibliografia leopardiana c'è un campo di ricerca che fino a poco tempo fa è rimasto in ombra, vale a dire la traduzione. Negli ultimi anni però l'interesse per le traduzioni sembra avere un nuovo corso, specie per quanto riguarda le lingue antiche. Mi riferisco soprattutto all'edizione dei volgarizzamenti poetici a cura di Franco D'Intino, e al contributo di Novella Bellucci sulla teoria della traduzione.1 La mia ricerca è stata condotta seguendo la strada individuata da questi lavori, prendendo l'avvio dall'ipotesi che l'opera di Leopardi come traduttore e la sua riflessione sulla traduzione si siano influenzati reciprocamente. fl primo capitolo dello studio è stato dedicato all'analisi degli scritti teorici. Una lettura comparata delle introduzioni alle traduzioni poetiche giovanili (1815-1817), dei preamboli alle più tarde traduzioni in prosa (18261827) e dei pensieri dello Zibaldone intorno a questo argomento ha portato alle seguenti conclusioni: i). La riflessione sul tradurre è legata alle teorie linguistiche ancor più strettamente di quanto sia stato affermato sinora. Le prime osservazioni contenute nei saggi introduttivi giovanili possono essere ritenute il nucleo generatore del "sistema delle lingue" elaborato anni dopo nelle pagine dello Zibaldone. Nei saggi giovanili Leopardi riflette per la prima volta sulle differenze di indole fra le varie lingue, per cui alcune risultano più adatte di altre a riprodurre la lingua e lo stile dei classici antichi. Nello Zibaldone proseguì la sua ricerca, distinguendo le lingue in base a due principi: universalità e libertà. La libertà è il pregio principale che una lingua possa avere: le assicura un'ampia varietà di forme e una lunga sopravvivenza. Per quanto riguarda l'universalità, essa in passato è coincisa con la libertà, nel caso del greco, liberissimo per storia e per natura e parlato in tutto il mondo conosciuto. La moderna lingua universale è il francese, che però deve la propria diffusione non alla ricchezza di forme e costrutti, come era per il greco, bensì all'uniformità. ii) In questa situazione si intravede ancora una possibilità, per l'esistenza di una lingua che sia moderna e universale, e al tempo stesso Ubera: l'italiano è fra le lingue viventi l'unica che per varietà di forme e di costruzioni è paragonabile al greco, e dunque ha in potenza le caratteristiche adatte a divenire la lingua universale e Ubera che manca alla cultura contemporanea. iii). Con questo progetto contrasta la situazione di fatto: da quando la lingua e la letteratura italiane hanno perduto il proprio primato in Europa - ciò a giudizio di Leopardi è avvenuto dal XVH secolo in poi - la lingua è progressivamente decaduta, fino a giungere a uno stato di mancanza di autonomia e di imbarbarimento. Un grave rischio è inoltre costituito dalle pretese normative dei puristi, che, se avessero corso, invece di preservare la purezza originaria della lingua, soffocherebbero per sempre la sua libertà e la sua capacità di produrre sempre nuovi vocaboU a partire da poche radici. La soluzione è offerta dall'esempio del greco, che dovrà essere imitato per ricreare le qualità originarie della lingua italiana. iv). È a questo punto che la traduzione ritorna come pratica di vitale importanza per le lingue. Si intuisce infatti che la traduzione dal greco costituisce l'attività privilegiata per esercitare la libertà e la varietà dell'italiano. Per studiare l'influenza di queste riflessioni sulla pratica della traduzione, sono stati scelti il Volgarizzamento della satira di Simonide sopra le donne e i Versi morali dal greco. La loro composizione risale al periodo fra la fine del 1823 e i primi mesi del 1824,2 quando la maggior parte delle riflessioni sin qui esposte era stata compiuta, e offrono dunque la possibilità di studiare l'influenza che su di essi ebbe la riflessione teorica. Si è creduto di riconoscere, in questa raccolta di traduzioni, una coerenza che fino ad ora non è stata posta in rilievo. L'unità delle composizioni, scritte di seguito nel medesimo autografo, è stata messa in ombra dal fatto che due di esse nel 1834 sono state scelte per essere incluse nei Canti. Si tratta delle poesie che concludono la sezione dei frammenti, intitolate Dal greco di Simonide {Canti LX) e Dallo stesso {Canti LXI). Nel corso di questa indagine si è ritenuto necessario interpretare i due frammenti assieme alle altre traduzioni, con cui sono stari conservati per più di dieci anni. L'analisi dei volgarizzamenti è stata suddivisa secondo le differenze di stile e di tecnica della traduzione. Il primo e il secondo capitolo sono dedicati ai poeti dei Versi morali: nel secondo sono analizzate le versioni dei poeti della commedia di mezzo, nel terzo invece le traduzioni da Archiloco e Simonide, l'ultimo è dedicato alla Satira sopra le donne. Di ogni traduzione sono stati innanzi tutto presi in esame gli aspetti formali -struttura metrica, lessico e sintassi- e di seguito è stato fatto un confronto con gli originali. Per il raffronto sono state consultate le edizioni utilizzate da Leopardi, secondo quanto è possibile stabilire dagli Elenchi di letture, dalle note nello Zibaldone e dal Catalogo della Biblioteca di Recanati. Le traduzioni dai poeti comici sono quattro: due da Alessi una da Amfide e una da Eubulo. Esse costituiscono un caso isolato nell'opera di Leopardi e non offrono possibilità di accostamenti come invece avviene per le altre tre composizioni dei Versi morali. La lingua si attesta su un registro medio, nel quale risaltano singole voci o espressioni particolarmente colorite. La mediazione fra cultura antica e moderna è compiuta con molta attenzione: come si è detto Leopardi tende a eliminare i riferimenti a usi del mondo greco che ritiene ormai incomprensibili, e li rende con concetti equivalenti, ma più intelleggibili. Le traduzioni da Archiloco e da Simonide sono state condotte con un metodo completamente diverso: lo stile è alto, caratterizzato da un vocabolario ricco di grecismi e di latinismi e da una sintassi complicata. Nonostante la grande differenza, è sembrato di poter istituire un rapporto fra queste tre composizioni e gli altri frammenti dei Versi morali: se questi ultimi, composti in endecasillabi sdruccioli, appartengono per metro e stile alla tradizione della commedia, un rimando alla drammaturgia è riconoscibile anche nelle versioni da Archiloco e da Simonide, che sono composte da un'unica strofa di endecasillabi e settenari variamente rimati, e sono assimilabili per forma e per temi ai cori dei drammi antichi, così come sono descritti in un passo dello Zibaldone, e così come nella tradizione letteraria italiana sono stati riprodotti nell'Aminta e nel Pastor fido. Lo studio dei due frammenti simonidei implica una discussione del problema della loro attribuzione. Come è noto, essi non appartengono al medesimo autore: il primo è opera del poeta Semonide di Amorgo, come anche il giambo Sopra le donne, e solo il secondo frammento dei Canti deve essere ascritto a Simonide di Ceo. Nonostante vari dubbi su tale questione persistano, e interventi anche recenti si esprimano in termini diversi, ritengo, anche sulla scorta di quanto affermato da Marcello Gigante nel suo ultimo intervento su Leopardi e Simonide,3 che a Leopardi fosse noto soltanto il poeta lirico Simonide di Ceo, e che a questi abbia inteso attribuire tutte le opere tradotte sotto questo nome. il Volgarizzamento della satira di Simonide sopra le donne è anteriore ai Versi morali. Per molti aspetti la composizione è assimilabile a quelle dai poeti comici, di cui condivide il metro. Per lo stile si può individuare un modello preciso, vale a dire le Satire di Ariosto. Il fondamento spirituale di questo volgarizzamento appare più complesso che nei frammenti dai poeti comici. La tendenza ad accentuare, rispetto all'originale, i toni cupi e sarcastici, fa pensare che il motivo satirico sia solo un pretesto, per suggerire una verità più profonda: come in alcuni passi dello Zibaldone e dei Pensieri, la donna assurge qui a figura esemplare del destino umano, e la scellerataggine che le è attribuita è solo una fra le tante manifestazioni dell'accanimento della sorte contro gli uomini. Dal confronto con il greco è emersa un'altra caratteristica del volgarizzamento, vale a dire la tendenza a forzare la traduzione in modo da dare un'immagine offuscata degli dei. In altre parole, nel volgarizzamento essi sono presentati come delle figure intermedie fra il destino a loro stessi superiore e l'uomo, secondo una visione non dissimile da quella espressa nella Storia del genere tonano, e tale interpretazione non è suggerita dall'originale greco. L'analisi condotta sulla base dei criteri desunti dalle stesse opere di Leopardi testimonia come queste, che sono le ultime prove poetiche prima degli anni dedicati alla prosa, rispondono all'intendimento di sperimentare, attraverso la traduzione dal greco, nuove forme e nuovi stili per la lingua italiana. Fra queste composizioni, nate come esercizio di "varietà della lingua", videro la luce due capolavori, le traduzioni simonidee dei Canti. Una riconsiderazione di questi due frammenti all'interno della breve raccolta in cui furono originariamente inclusi, è necessaria per meglio comprendere la loro storia e il loro significato. 1 Poeti greci e latini, a c. di F. D'INTINO, Roma 1999 e N. BELLUCCI, «Difficoltà e impossibilità di ben tradurre». Teoria e pratica della traduzione nei pensieri dello Zibaldone, in Lo Zibaldone cento anni dopo: composizione, edizione, temi. Atti del X Convegno intemazionale di studi leopardiani, Firenze 2001. 2 In corso d'opera è stata avanzata per i Versi morali una cronologia più precisa, in base al confronto con alcuni appunti zibaldoniani: sarebbero stati compiuti fra il dicembre 1823 e il gennaio 1824. 3 M. GIGANTE, Simonide e Leopardi, «La Parola del Passato», 53, 1998. There's a work field that has been neglected up to now, inside the huge Leopardi's bibliography, that is the translation. In these last years, however, interest in his translations seems to grow up, especially the ones from ancient languages. I'm referring first of all to the edition of poetic translations from greek and from latin, by Franco D'Intino, and to Novella Bellucci's study about Leopardi's theory of translation.1 My research has taken inspiration from these two works, and starts from the hypothesis that Leopardi's translations and his reflections on translating are strictly connected. The first chapter is dedicated to the analysis about the theory of translation. A comparative reading of the Preamboli to the earlier poetic translations (1815-1817), of the later introductions to prose translations (1826-1827) and of the thoughts of the Zibaldone (1817-1832) regarding this subject, led to the following conclusions: 1. Leopardi's considerations on translating are linked to his theory of languages. First observations included in the early introductions can be considered the origin of the "sistema delle lingue" worked out some years later in the "Zibaldone". In his early essays, Leopardi reflected for the first time about the differences between languages: some of them are more suitable to reproduce the style of ancient languages. In the "Zibaldone" he continued his research, and his classification of languages depends from two principles: freedom and universality. Freedom is the most important quality, and gives languages variety and a long life. For what concerns universality, it was the same thing of freedom, in the greek language. Greek was free for his history and nature and it was spoken in the entire known world. The modern universal language is the french one, but it owes his diffusion to his uniformity, and not to his variety, as it happened with greek. 2. Italian language is the last chance for having a modem language, which still maintains freedom. It is the only one comparable to greek, for his variety, so that it can be the modern universal language. 3. But the italian language lays in a situation of decadence: it has lost his importance in Europe since the 17* century, and has became debased and influenced from french language. A great risk is also represented from the claims of the "Accademici della Crusca": instead of preserving its original pureness, they want to stifle its freedom and its capability to create new terms. 4. The solution is represented from greek language: it shall be imitated to re-create the italian, and translating from greek is of vital interest Translating from greek is the only good mean to practice freedom and variety in Italian language. In order to understand the influence of these reflections on Leopardi's practice of translation, we have decided to analyse a little number of translations, composed between the end of 1823 and the beginning of 1824: the Volgarizzamento della satira di Simonide sopra le donne and the Versi morali dal greco. They are characterised by a coherence that has been till now neglected. The consideration of the unity of the Versi morali has been obscured because Leopardi in the "Canti" has included two of them. They are the two compositions entitled Dal greco di Simonide (Canti LX) and Dallo stesso (Canti LXT)- In our work we have considered the two poems together with the other translations, among which they have been kept for ten years, before being included in the "Canti". Second and third chapter are dedicated to the poets of the "Versi morali": translations from the poets of middle comedy are analysed in the second chapter, while in the third one the translations form Archilocus and Simonides are analysed; the last chapter is dedicated to the Satira sopra le donne. For each translation we have analysed metre, vocabulary and syntax, then we have compared it with the original greek composition. For the comparison we have referred to the same editions of ancient poets used by Leopardi. There are four translations from poets of the middle comedy: two from Alexis, one from Amphis and one from Eubulus. Language and style are those of common speech, with a few rare and vernacular terms. Great attention is given to eliminate from them elements that are peculiar of ancient world and difficult to understand to a modern reader. The translations from Archilocus and Simonides are completely different: the vocabulary is full of terms taken from greek and latin, the syntax is very difficult and style is noble and magnificent. We can presume a relationship between the translations from the poets of middle comedy and the translations from Archilocus and Simonides: the first ones have the metre and the style of italian comedy, while the second ones are a sort of "chorus", like the ones of the Aminta and Pastor fido. There's a problem concerning the attribution of the two fragments Dal greco di Simonide. They are not from the same author only the second is by Simonides Coeus, while the first one is by Semonides of Amorgo, and also the Satira sopra le donne is by Semonides. We must presume that Leopardi knew only Simonides Coeus: he thought that Simonides was the author of all the compositions he translated under this name. Poeti greci e latini, a c. di F. D'INTINO, Roma 1999 e N. BELLUCO, nDifficolta e impossibilita di ben tradurre*. Teoria e pratica della traduzione nei pensieri dello Zibaldone, in Lo Zibaldone cento ami dopo: composizione, edizione, temi Atti del X Convegno internazionale di studi leopardiani, Firenze 2001. The "Volgarizzamento della satira di Simonide sopra le donne" has been composed before the "Versi morali". It has the same metre of the translations from poets of middle comedy, but it is more complex. Leopardi emphasizes the dark and sardonic note, and the satire is just an opportunity to speak about the cruelty of human destiny. As in the "Zibaldone" and in the "Pensieri", woman here is the symbol of a more general unhappiness, and her wickedness is just one of the many misfortunes that trouble mankind. Leopardi also forces the translation in order to give a particular description of gods: they are presented as an intermediary between mankind and destiny, and they are similar to the gods in the "Storia del genere umano", but this interpretation is not suggested from the original greek poem. These compositions are the last poems of Leopardi, before the composition of the "Operette morali": and they give evidence to the attempt to find, through translation, new forms and styles for italian language. Two masterpieces, the translations "Dal greco di Simonide" of the "Canti", rose among these poems: a study of the two fragments together with the other translations is necessary to improve knowledge of their history and their meaning.
Leopardi e la ricerca della traduzione perfetta: i "Versi morali dal greco" e il "Volgarizzamento della satira di Simonide sopra le donne" (1823-1824) / Randino, Simonetta. - (2003 Dec 04).
Leopardi e la ricerca della traduzione perfetta: i "Versi morali dal greco" e il "Volgarizzamento della satira di Simonide sopra le donne" (1823-1824)
Randino, Simonetta
2003-12-04
Abstract
All'interno della pur vastissima bibliografia leopardiana c'è un campo di ricerca che fino a poco tempo fa è rimasto in ombra, vale a dire la traduzione. Negli ultimi anni però l'interesse per le traduzioni sembra avere un nuovo corso, specie per quanto riguarda le lingue antiche. Mi riferisco soprattutto all'edizione dei volgarizzamenti poetici a cura di Franco D'Intino, e al contributo di Novella Bellucci sulla teoria della traduzione.1 La mia ricerca è stata condotta seguendo la strada individuata da questi lavori, prendendo l'avvio dall'ipotesi che l'opera di Leopardi come traduttore e la sua riflessione sulla traduzione si siano influenzati reciprocamente. fl primo capitolo dello studio è stato dedicato all'analisi degli scritti teorici. Una lettura comparata delle introduzioni alle traduzioni poetiche giovanili (1815-1817), dei preamboli alle più tarde traduzioni in prosa (18261827) e dei pensieri dello Zibaldone intorno a questo argomento ha portato alle seguenti conclusioni: i). La riflessione sul tradurre è legata alle teorie linguistiche ancor più strettamente di quanto sia stato affermato sinora. Le prime osservazioni contenute nei saggi introduttivi giovanili possono essere ritenute il nucleo generatore del "sistema delle lingue" elaborato anni dopo nelle pagine dello Zibaldone. Nei saggi giovanili Leopardi riflette per la prima volta sulle differenze di indole fra le varie lingue, per cui alcune risultano più adatte di altre a riprodurre la lingua e lo stile dei classici antichi. Nello Zibaldone proseguì la sua ricerca, distinguendo le lingue in base a due principi: universalità e libertà. La libertà è il pregio principale che una lingua possa avere: le assicura un'ampia varietà di forme e una lunga sopravvivenza. Per quanto riguarda l'universalità, essa in passato è coincisa con la libertà, nel caso del greco, liberissimo per storia e per natura e parlato in tutto il mondo conosciuto. La moderna lingua universale è il francese, che però deve la propria diffusione non alla ricchezza di forme e costrutti, come era per il greco, bensì all'uniformità. ii) In questa situazione si intravede ancora una possibilità, per l'esistenza di una lingua che sia moderna e universale, e al tempo stesso Ubera: l'italiano è fra le lingue viventi l'unica che per varietà di forme e di costruzioni è paragonabile al greco, e dunque ha in potenza le caratteristiche adatte a divenire la lingua universale e Ubera che manca alla cultura contemporanea. iii). Con questo progetto contrasta la situazione di fatto: da quando la lingua e la letteratura italiane hanno perduto il proprio primato in Europa - ciò a giudizio di Leopardi è avvenuto dal XVH secolo in poi - la lingua è progressivamente decaduta, fino a giungere a uno stato di mancanza di autonomia e di imbarbarimento. Un grave rischio è inoltre costituito dalle pretese normative dei puristi, che, se avessero corso, invece di preservare la purezza originaria della lingua, soffocherebbero per sempre la sua libertà e la sua capacità di produrre sempre nuovi vocaboU a partire da poche radici. La soluzione è offerta dall'esempio del greco, che dovrà essere imitato per ricreare le qualità originarie della lingua italiana. iv). È a questo punto che la traduzione ritorna come pratica di vitale importanza per le lingue. Si intuisce infatti che la traduzione dal greco costituisce l'attività privilegiata per esercitare la libertà e la varietà dell'italiano. Per studiare l'influenza di queste riflessioni sulla pratica della traduzione, sono stati scelti il Volgarizzamento della satira di Simonide sopra le donne e i Versi morali dal greco. La loro composizione risale al periodo fra la fine del 1823 e i primi mesi del 1824,2 quando la maggior parte delle riflessioni sin qui esposte era stata compiuta, e offrono dunque la possibilità di studiare l'influenza che su di essi ebbe la riflessione teorica. Si è creduto di riconoscere, in questa raccolta di traduzioni, una coerenza che fino ad ora non è stata posta in rilievo. L'unità delle composizioni, scritte di seguito nel medesimo autografo, è stata messa in ombra dal fatto che due di esse nel 1834 sono state scelte per essere incluse nei Canti. Si tratta delle poesie che concludono la sezione dei frammenti, intitolate Dal greco di Simonide {Canti LX) e Dallo stesso {Canti LXI). Nel corso di questa indagine si è ritenuto necessario interpretare i due frammenti assieme alle altre traduzioni, con cui sono stari conservati per più di dieci anni. L'analisi dei volgarizzamenti è stata suddivisa secondo le differenze di stile e di tecnica della traduzione. Il primo e il secondo capitolo sono dedicati ai poeti dei Versi morali: nel secondo sono analizzate le versioni dei poeti della commedia di mezzo, nel terzo invece le traduzioni da Archiloco e Simonide, l'ultimo è dedicato alla Satira sopra le donne. Di ogni traduzione sono stati innanzi tutto presi in esame gli aspetti formali -struttura metrica, lessico e sintassi- e di seguito è stato fatto un confronto con gli originali. Per il raffronto sono state consultate le edizioni utilizzate da Leopardi, secondo quanto è possibile stabilire dagli Elenchi di letture, dalle note nello Zibaldone e dal Catalogo della Biblioteca di Recanati. Le traduzioni dai poeti comici sono quattro: due da Alessi una da Amfide e una da Eubulo. Esse costituiscono un caso isolato nell'opera di Leopardi e non offrono possibilità di accostamenti come invece avviene per le altre tre composizioni dei Versi morali. La lingua si attesta su un registro medio, nel quale risaltano singole voci o espressioni particolarmente colorite. La mediazione fra cultura antica e moderna è compiuta con molta attenzione: come si è detto Leopardi tende a eliminare i riferimenti a usi del mondo greco che ritiene ormai incomprensibili, e li rende con concetti equivalenti, ma più intelleggibili. Le traduzioni da Archiloco e da Simonide sono state condotte con un metodo completamente diverso: lo stile è alto, caratterizzato da un vocabolario ricco di grecismi e di latinismi e da una sintassi complicata. Nonostante la grande differenza, è sembrato di poter istituire un rapporto fra queste tre composizioni e gli altri frammenti dei Versi morali: se questi ultimi, composti in endecasillabi sdruccioli, appartengono per metro e stile alla tradizione della commedia, un rimando alla drammaturgia è riconoscibile anche nelle versioni da Archiloco e da Simonide, che sono composte da un'unica strofa di endecasillabi e settenari variamente rimati, e sono assimilabili per forma e per temi ai cori dei drammi antichi, così come sono descritti in un passo dello Zibaldone, e così come nella tradizione letteraria italiana sono stati riprodotti nell'Aminta e nel Pastor fido. Lo studio dei due frammenti simonidei implica una discussione del problema della loro attribuzione. Come è noto, essi non appartengono al medesimo autore: il primo è opera del poeta Semonide di Amorgo, come anche il giambo Sopra le donne, e solo il secondo frammento dei Canti deve essere ascritto a Simonide di Ceo. Nonostante vari dubbi su tale questione persistano, e interventi anche recenti si esprimano in termini diversi, ritengo, anche sulla scorta di quanto affermato da Marcello Gigante nel suo ultimo intervento su Leopardi e Simonide,3 che a Leopardi fosse noto soltanto il poeta lirico Simonide di Ceo, e che a questi abbia inteso attribuire tutte le opere tradotte sotto questo nome. il Volgarizzamento della satira di Simonide sopra le donne è anteriore ai Versi morali. Per molti aspetti la composizione è assimilabile a quelle dai poeti comici, di cui condivide il metro. Per lo stile si può individuare un modello preciso, vale a dire le Satire di Ariosto. Il fondamento spirituale di questo volgarizzamento appare più complesso che nei frammenti dai poeti comici. La tendenza ad accentuare, rispetto all'originale, i toni cupi e sarcastici, fa pensare che il motivo satirico sia solo un pretesto, per suggerire una verità più profonda: come in alcuni passi dello Zibaldone e dei Pensieri, la donna assurge qui a figura esemplare del destino umano, e la scellerataggine che le è attribuita è solo una fra le tante manifestazioni dell'accanimento della sorte contro gli uomini. Dal confronto con il greco è emersa un'altra caratteristica del volgarizzamento, vale a dire la tendenza a forzare la traduzione in modo da dare un'immagine offuscata degli dei. In altre parole, nel volgarizzamento essi sono presentati come delle figure intermedie fra il destino a loro stessi superiore e l'uomo, secondo una visione non dissimile da quella espressa nella Storia del genere tonano, e tale interpretazione non è suggerita dall'originale greco. L'analisi condotta sulla base dei criteri desunti dalle stesse opere di Leopardi testimonia come queste, che sono le ultime prove poetiche prima degli anni dedicati alla prosa, rispondono all'intendimento di sperimentare, attraverso la traduzione dal greco, nuove forme e nuovi stili per la lingua italiana. Fra queste composizioni, nate come esercizio di "varietà della lingua", videro la luce due capolavori, le traduzioni simonidee dei Canti. Una riconsiderazione di questi due frammenti all'interno della breve raccolta in cui furono originariamente inclusi, è necessaria per meglio comprendere la loro storia e il loro significato. 1 Poeti greci e latini, a c. di F. D'INTINO, Roma 1999 e N. BELLUCCI, «Difficoltà e impossibilità di ben tradurre». Teoria e pratica della traduzione nei pensieri dello Zibaldone, in Lo Zibaldone cento anni dopo: composizione, edizione, temi. Atti del X Convegno intemazionale di studi leopardiani, Firenze 2001. 2 In corso d'opera è stata avanzata per i Versi morali una cronologia più precisa, in base al confronto con alcuni appunti zibaldoniani: sarebbero stati compiuti fra il dicembre 1823 e il gennaio 1824. 3 M. GIGANTE, Simonide e Leopardi, «La Parola del Passato», 53, 1998. There's a work field that has been neglected up to now, inside the huge Leopardi's bibliography, that is the translation. In these last years, however, interest in his translations seems to grow up, especially the ones from ancient languages. I'm referring first of all to the edition of poetic translations from greek and from latin, by Franco D'Intino, and to Novella Bellucci's study about Leopardi's theory of translation.1 My research has taken inspiration from these two works, and starts from the hypothesis that Leopardi's translations and his reflections on translating are strictly connected. The first chapter is dedicated to the analysis about the theory of translation. A comparative reading of the Preamboli to the earlier poetic translations (1815-1817), of the later introductions to prose translations (1826-1827) and of the thoughts of the Zibaldone (1817-1832) regarding this subject, led to the following conclusions: 1. Leopardi's considerations on translating are linked to his theory of languages. First observations included in the early introductions can be considered the origin of the "sistema delle lingue" worked out some years later in the "Zibaldone". In his early essays, Leopardi reflected for the first time about the differences between languages: some of them are more suitable to reproduce the style of ancient languages. In the "Zibaldone" he continued his research, and his classification of languages depends from two principles: freedom and universality. Freedom is the most important quality, and gives languages variety and a long life. For what concerns universality, it was the same thing of freedom, in the greek language. Greek was free for his history and nature and it was spoken in the entire known world. The modern universal language is the french one, but it owes his diffusion to his uniformity, and not to his variety, as it happened with greek. 2. Italian language is the last chance for having a modem language, which still maintains freedom. It is the only one comparable to greek, for his variety, so that it can be the modern universal language. 3. But the italian language lays in a situation of decadence: it has lost his importance in Europe since the 17* century, and has became debased and influenced from french language. A great risk is also represented from the claims of the "Accademici della Crusca": instead of preserving its original pureness, they want to stifle its freedom and its capability to create new terms. 4. The solution is represented from greek language: it shall be imitated to re-create the italian, and translating from greek is of vital interest Translating from greek is the only good mean to practice freedom and variety in Italian language. In order to understand the influence of these reflections on Leopardi's practice of translation, we have decided to analyse a little number of translations, composed between the end of 1823 and the beginning of 1824: the Volgarizzamento della satira di Simonide sopra le donne and the Versi morali dal greco. They are characterised by a coherence that has been till now neglected. The consideration of the unity of the Versi morali has been obscured because Leopardi in the "Canti" has included two of them. They are the two compositions entitled Dal greco di Simonide (Canti LX) and Dallo stesso (Canti LXT)- In our work we have considered the two poems together with the other translations, among which they have been kept for ten years, before being included in the "Canti". Second and third chapter are dedicated to the poets of the "Versi morali": translations from the poets of middle comedy are analysed in the second chapter, while in the third one the translations form Archilocus and Simonides are analysed; the last chapter is dedicated to the Satira sopra le donne. For each translation we have analysed metre, vocabulary and syntax, then we have compared it with the original greek composition. For the comparison we have referred to the same editions of ancient poets used by Leopardi. There are four translations from poets of the middle comedy: two from Alexis, one from Amphis and one from Eubulus. Language and style are those of common speech, with a few rare and vernacular terms. Great attention is given to eliminate from them elements that are peculiar of ancient world and difficult to understand to a modern reader. The translations from Archilocus and Simonides are completely different: the vocabulary is full of terms taken from greek and latin, the syntax is very difficult and style is noble and magnificent. We can presume a relationship between the translations from the poets of middle comedy and the translations from Archilocus and Simonides: the first ones have the metre and the style of italian comedy, while the second ones are a sort of "chorus", like the ones of the Aminta and Pastor fido. There's a problem concerning the attribution of the two fragments Dal greco di Simonide. They are not from the same author only the second is by Simonides Coeus, while the first one is by Semonides of Amorgo, and also the Satira sopra le donne is by Semonides. We must presume that Leopardi knew only Simonides Coeus: he thought that Simonides was the author of all the compositions he translated under this name. Poeti greci e latini, a c. di F. D'INTINO, Roma 1999 e N. BELLUCO, nDifficolta e impossibilita di ben tradurre*. Teoria e pratica della traduzione nei pensieri dello Zibaldone, in Lo Zibaldone cento ami dopo: composizione, edizione, temi Atti del X Convegno internazionale di studi leopardiani, Firenze 2001. The "Volgarizzamento della satira di Simonide sopra le donne" has been composed before the "Versi morali". It has the same metre of the translations from poets of middle comedy, but it is more complex. Leopardi emphasizes the dark and sardonic note, and the satire is just an opportunity to speak about the cruelty of human destiny. As in the "Zibaldone" and in the "Pensieri", woman here is the symbol of a more general unhappiness, and her wickedness is just one of the many misfortunes that trouble mankind. Leopardi also forces the translation in order to give a particular description of gods: they are presented as an intermediary between mankind and destiny, and they are similar to the gods in the "Storia del genere umano", but this interpretation is not suggested from the original greek poem. These compositions are the last poems of Leopardi, before the composition of the "Operette morali": and they give evidence to the attempt to find, through translation, new forms and styles for italian language. Two masterpieces, the translations "Dal greco di Simonide" of the "Canti", rose among these poems: a study of the two fragments together with the other translations is necessary to improve knowledge of their history and their meaning.I documenti in ARCA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.