La mia attività di ricerca ha avuto come oggetto l’analisi delle tecniche di gestione del rischio contrattuale nei contratti di durata, con particolare riferimento a quelle di origine convenzionale e ad esercizio unilaterale. Nei sistemi giuridici contemporanei il principio di flessibilità del contratto, intimamente legato ad istanze di conservazione dei rapporti giuridico patrimoniali, tende a favorire l’adozione di strumenti “manutentivi”, confinando al ruolo di extrema ratio la risoluzione ed altri strumenti “ablativi”. Mentre la tecnica della rinegoziazione si sviluppa in ossequio al principio generale dell’accordo e dell’incontro di volontà, come sancito dall’art. 1321 cod. civ. e ribadito, ex multis, dall’art. 1372 cod. civ., il sintagma latino ius variandi introduce uno strumento verso il quale si registra maggior diffidenza, consistendo nel potere, di origine legale o convenzionale, di modificare unilateralmente il contenuto di un contratto di durata o ad esecuzione differita. Dopo aver argomentato sul piano sistematico natura e ammissibilità di un intervento modificativo del regolamento contrattuale a carattere unilaterale, procedo con una ricostruzione delle molteplici ipotesi di ius variandi legale, rintracciabili sia nel codice che nella legislazione di settore, per poi passare ad esplorare confini e limiti di un ius variandi convenzionale, mediante il quale poter plasmare la materia fluida del contratto adeguandola ai mutati interessi delle parti. Attraverso il contributo della comparazione con il sistema di common law, in cui i principi generali della buona fede e della correttezza hanno avuto una evoluzione e un conseguente approdo peculiari, mi soffermo sulla possibilità di applicare la teoria relazionale dei contratti di durata nel nostro ordinamento di civil law. Tale teoria, enucleata da autorevoli esponenti della dottrina civilistica statunitense, valorizza il contenuto intrinsecamente incompleto dei contratti di durata e la loro fisiologica aspirazione a veder salvaguardata la convenienza delle operazioni economiche in essi sottese attraverso la ragionevole cooperazione tra le parti e l'intervento in chiave rimodulatoria del regolamento negoziale. Questo possibile scardinamento del principio pacta sunt servanda necessita di essere accompagnato da un uso consapevole e ponderato delle clausole generali della buona fede, della correttezza e della soliderietà contrattuale, strumenti di eccezione anche per l'esplicazione di un sindacato giurisdizionale sul legittimo esercizio della discrezionalità contrattuale.

Ius variandi e gestione del rischio contrattuale / Caldarelli, Gioia. - (2021 Mar 24).

Ius variandi e gestione del rischio contrattuale

Caldarelli, Gioia
2021-03-24

Abstract

La mia attività di ricerca ha avuto come oggetto l’analisi delle tecniche di gestione del rischio contrattuale nei contratti di durata, con particolare riferimento a quelle di origine convenzionale e ad esercizio unilaterale. Nei sistemi giuridici contemporanei il principio di flessibilità del contratto, intimamente legato ad istanze di conservazione dei rapporti giuridico patrimoniali, tende a favorire l’adozione di strumenti “manutentivi”, confinando al ruolo di extrema ratio la risoluzione ed altri strumenti “ablativi”. Mentre la tecnica della rinegoziazione si sviluppa in ossequio al principio generale dell’accordo e dell’incontro di volontà, come sancito dall’art. 1321 cod. civ. e ribadito, ex multis, dall’art. 1372 cod. civ., il sintagma latino ius variandi introduce uno strumento verso il quale si registra maggior diffidenza, consistendo nel potere, di origine legale o convenzionale, di modificare unilateralmente il contenuto di un contratto di durata o ad esecuzione differita. Dopo aver argomentato sul piano sistematico natura e ammissibilità di un intervento modificativo del regolamento contrattuale a carattere unilaterale, procedo con una ricostruzione delle molteplici ipotesi di ius variandi legale, rintracciabili sia nel codice che nella legislazione di settore, per poi passare ad esplorare confini e limiti di un ius variandi convenzionale, mediante il quale poter plasmare la materia fluida del contratto adeguandola ai mutati interessi delle parti. Attraverso il contributo della comparazione con il sistema di common law, in cui i principi generali della buona fede e della correttezza hanno avuto una evoluzione e un conseguente approdo peculiari, mi soffermo sulla possibilità di applicare la teoria relazionale dei contratti di durata nel nostro ordinamento di civil law. Tale teoria, enucleata da autorevoli esponenti della dottrina civilistica statunitense, valorizza il contenuto intrinsecamente incompleto dei contratti di durata e la loro fisiologica aspirazione a veder salvaguardata la convenienza delle operazioni economiche in essi sottese attraverso la ragionevole cooperazione tra le parti e l'intervento in chiave rimodulatoria del regolamento negoziale. Questo possibile scardinamento del principio pacta sunt servanda necessita di essere accompagnato da un uso consapevole e ponderato delle clausole generali della buona fede, della correttezza e della soliderietà contrattuale, strumenti di eccezione anche per l'esplicazione di un sindacato giurisdizionale sul legittimo esercizio della discrezionalità contrattuale.
24-mar-2021
33
Diritto, mercato e persona
Sicchiero, Gianluca
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