Ruolo e vicende della più importante industria bassanese, per mezzo secolo una delle maggiori aziende in Europa, laboratorio di imprenditorialità e origine di un distretto unico nel suo genere. La presenza delle Smalterie, una grande fabbrica che negli anni ’50 arrivava a dare lavoro a più di duemila operai, mal si concilia con l’immagine di Bassano che oggi subito viene alla mente, col suo centro storico turistico e commerciale, ricca di attività artigianali e di piccole e medie imprese. Di qui la curiosità per una vicenda la cui memoria presenta caratteristiche contraddittorie. La “Smalteria Metallurgica Veneta” nasce nel 1925 dalla convergenza tra le esigenze di sviluppo dell’area bassanese, uscita economicamente e socialmente sconvolta dalla Prima guerra mondiale, e la disponibilità di capitale di una famiglia di imprenditori ungheresi, già proprietari di fabbriche simili in altri centri di medie dimensioni nell’Europa orientale. Uno dei personaggi principali di questa storia è certamente la famiglia Westen, che nel corso del ’900 sposta il centro dei propri interessi dall’Ungheria al Venezuela, passando per l’Ucraina, l’Italia e la Spagna, inseguita dagli sconvolgimenti politici che segnano il secolo appena trascorso. L’esperienza delle nazionalizzazioni del secondo dopoguerra nei Paesi dell'Est europeo può aver suggerito ai Westen la necessità di costruire meccanismi finanziari in grado di garantire l’evacuazione dei capitali nel caso si profilasse nuovamente un simile rischio. D’altra parte, il progressivo disimpegno delle nuove generazioni dalla gestione diretta delle imprese industriali finiva per lasciare un ruolo di protagonisti nelle scelte decisive ai manager, che a Bassano paiono essere stati i veri responsabili dell’andamento dell'azienda. Il managerialismo, la presenza di tecnici e di manodopera fortemente specializzata, il ciclo di produzione caratterizzato da una forte rigidità connotano le Smalterie come una classica fabbrica “fordista”. Anche qui le condizioni e i ritmi di lavoro migliorano progressivamente nel corso degli anni ’60 e ’70 grazie alla fortissima pressione operaia, anche qui alle rivendicazioni sindacali si accompagna una forte presenza comunista, tanto più compatta quanto più isolata in un contesto di tradizione “bianca”. La gestione d’azienda, l’organizzazione razionale del lavoro si sposano d’altronde – in questo caso – con un modello di relazioni industriali che appare decisamente all’avanguardia. Se la fabbrica sembra aver funzionato per alcuni decenni come una vera “scuola” (a livello professionale, ma anche politico o imprenditoriale), negli anni ’70 diventa un “laboratorio”, in cui si concentrano tutte le tensioni che attraversano la società. È a questo punto, nel dicembre 1975, che le Smalterie, in crisi da più di un decennio ma ancora in grado di dare lavoro a 1.350 operai, chiudono. La difficile vertenza che fece seguito alla messa in liquidazione dell'azienda è analizzata nei suoi effetti e nelle soluzioni adottate per risolvere un problema occupazionale che si pose allora in termini drammatici. La seconda parte del volume è dedicata a ricostruire questa vicenda sulla base di documenti e testimonianze originali (come da titolo), nel tentativo di offrire la prima analisi in prospettiva storica della originale vicenda cinquantennale dell'impresa.

Lo smalto e la ruggine: domande, documenti e testimonianze sulle Smalterie di Bassano

FAVERO, Giovanni;
2002-01-01

Abstract

Ruolo e vicende della più importante industria bassanese, per mezzo secolo una delle maggiori aziende in Europa, laboratorio di imprenditorialità e origine di un distretto unico nel suo genere. La presenza delle Smalterie, una grande fabbrica che negli anni ’50 arrivava a dare lavoro a più di duemila operai, mal si concilia con l’immagine di Bassano che oggi subito viene alla mente, col suo centro storico turistico e commerciale, ricca di attività artigianali e di piccole e medie imprese. Di qui la curiosità per una vicenda la cui memoria presenta caratteristiche contraddittorie. La “Smalteria Metallurgica Veneta” nasce nel 1925 dalla convergenza tra le esigenze di sviluppo dell’area bassanese, uscita economicamente e socialmente sconvolta dalla Prima guerra mondiale, e la disponibilità di capitale di una famiglia di imprenditori ungheresi, già proprietari di fabbriche simili in altri centri di medie dimensioni nell’Europa orientale. Uno dei personaggi principali di questa storia è certamente la famiglia Westen, che nel corso del ’900 sposta il centro dei propri interessi dall’Ungheria al Venezuela, passando per l’Ucraina, l’Italia e la Spagna, inseguita dagli sconvolgimenti politici che segnano il secolo appena trascorso. L’esperienza delle nazionalizzazioni del secondo dopoguerra nei Paesi dell'Est europeo può aver suggerito ai Westen la necessità di costruire meccanismi finanziari in grado di garantire l’evacuazione dei capitali nel caso si profilasse nuovamente un simile rischio. D’altra parte, il progressivo disimpegno delle nuove generazioni dalla gestione diretta delle imprese industriali finiva per lasciare un ruolo di protagonisti nelle scelte decisive ai manager, che a Bassano paiono essere stati i veri responsabili dell’andamento dell'azienda. Il managerialismo, la presenza di tecnici e di manodopera fortemente specializzata, il ciclo di produzione caratterizzato da una forte rigidità connotano le Smalterie come una classica fabbrica “fordista”. Anche qui le condizioni e i ritmi di lavoro migliorano progressivamente nel corso degli anni ’60 e ’70 grazie alla fortissima pressione operaia, anche qui alle rivendicazioni sindacali si accompagna una forte presenza comunista, tanto più compatta quanto più isolata in un contesto di tradizione “bianca”. La gestione d’azienda, l’organizzazione razionale del lavoro si sposano d’altronde – in questo caso – con un modello di relazioni industriali che appare decisamente all’avanguardia. Se la fabbrica sembra aver funzionato per alcuni decenni come una vera “scuola” (a livello professionale, ma anche politico o imprenditoriale), negli anni ’70 diventa un “laboratorio”, in cui si concentrano tutte le tensioni che attraversano la società. È a questo punto, nel dicembre 1975, che le Smalterie, in crisi da più di un decennio ma ancora in grado di dare lavoro a 1.350 operai, chiudono. La difficile vertenza che fece seguito alla messa in liquidazione dell'azienda è analizzata nei suoi effetti e nelle soluzioni adottate per risolvere un problema occupazionale che si pose allora in termini drammatici. La seconda parte del volume è dedicata a ricostruire questa vicenda sulla base di documenti e testimonianze originali (come da titolo), nel tentativo di offrire la prima analisi in prospettiva storica della originale vicenda cinquantennale dell'impresa.
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