Nell’Italia dell’Ottocento la dimensione municipale, individuata dalla classe dirigente risorgimentale come il luogo dove il rapporto tra cittadini e ammininistrazione avrebbe dovuto prender forma, fu oggetto per certi versi di attenzione particolare, per altri di ostinate disattenzioni da parte della statistica unitaria . Nei primi anni del Novecento, proprio dai municipi delle maggiori città italiane sarebbero poi venute le proposte organizzative più interessanti in campo statistico. Di qui il taglio peculiare che ho inteso dare a questa ricerca, che individua appunto nelle iniziative statistiche intraprese a livello cittadino, nel difficile rapporto tra la Direzione centrale e le istanze comunali, nella progressiva definizione di categorie specifiche atte a misurare i fenomeni urbani, una delle chiavi di lettura per comprendere le forme e gli strumenti propri dell’interrogazione statistica nell’Italia liberale. La storia della statistica pone alcuni problemi di metodo che recenti studi comparativi hanno abbondantemente evidenziato, sottolineando in particolare la difficoltà di mettere a fuoco l’oggetto, dal duplice punto di vista della storia della scienza e della storia dell’amministrazione . La statistica si presenta, infatti, contemporaneamente in veste di disciplina scientifica e di istituzione amministrativa, costruita nella stretta implicazione reciproca di discorsi e apparati, d’organizzazione burocratica ed elaborazione teorica. I due aspetti si articolano però in forme e maniere estremamente diverse secondo la scala di osservazione prescelta. L’astrattezza di un’impostazione che individua nella dialettica tra scienza ed amministrazione il motore unico delle complesse vicende della statistica diventa - poi - evidente di fronte alle questioni sollevate dall’intricato sovrapporsi di resistenze, mediazioni ed istanze di indagine a livello locale. Ad uno sguardo ravvicinato, si scopre, infatti, che le istituzioni e i soggetti interrogati reagiscono all'indagine determinandone la riuscita, modificandone i risultati, mettendone in discussione le categorie. L'attenzione rivolta in questo studio alle amministrazioni comunali, nella loro duplice veste di fonti di informazione e di oggetto d'indagine per l'amministrazione centrale, deriva anche dalla constatazione che la statistica municipale fu in Italia un terreno di confronto tra progetti politici, amministrativi e scientifici profondamente diversi. Ma l'articolazione istituzionale tra potere centrale e autonomie era solo una delle poste in gioco dei conflitti di cui il dibattito sulla statistica fu di volta in volta espressione. Quel che emerge da questo studio, che ha investito i presupposti teorici così come l'organizzazione delle indagini e i risultati prodotti, è la sostanziale alternanza tra progetti che riconoscono un ruolo autonomo alla statistica in quanto fondamento dell'azione amministrativa e concezioni che assegnano all'indagine quantitativa una funzione direttamente strumentale alle scelte del potere politico. La teoria e la pratica statistica diventano così metafora concreta di concezioni alternative del rapporto tra società e Stato, in cui quest’ultimo termine assume di volta in volta le vesti di arbitro di una corretta applicazione di regole preesistenti, o di demiurgo di un ordine tutt’altro che spontaneo. A questa prima contrapposizione si sovrappone la dialettica fra istanze locali - più o meno coordinate tra loro - e tentativi di centralizzazione amministrativa . Non si tratta dunque di un’opposizione statica: progetti, realizzazioni e fallimenti si accavallano in una storia complicata nella quale un'organizzazione su basi municipali emerge come possibile soluzione al problema della statistica nazionale solo molto tardi, all'inizio del Novecento, per essere presto dimenticata.

Le misure del Regno: Direzione di statistica e municipi nell'Italia liberale

FAVERO, Giovanni
2001-01-01

Abstract

Nell’Italia dell’Ottocento la dimensione municipale, individuata dalla classe dirigente risorgimentale come il luogo dove il rapporto tra cittadini e ammininistrazione avrebbe dovuto prender forma, fu oggetto per certi versi di attenzione particolare, per altri di ostinate disattenzioni da parte della statistica unitaria . Nei primi anni del Novecento, proprio dai municipi delle maggiori città italiane sarebbero poi venute le proposte organizzative più interessanti in campo statistico. Di qui il taglio peculiare che ho inteso dare a questa ricerca, che individua appunto nelle iniziative statistiche intraprese a livello cittadino, nel difficile rapporto tra la Direzione centrale e le istanze comunali, nella progressiva definizione di categorie specifiche atte a misurare i fenomeni urbani, una delle chiavi di lettura per comprendere le forme e gli strumenti propri dell’interrogazione statistica nell’Italia liberale. La storia della statistica pone alcuni problemi di metodo che recenti studi comparativi hanno abbondantemente evidenziato, sottolineando in particolare la difficoltà di mettere a fuoco l’oggetto, dal duplice punto di vista della storia della scienza e della storia dell’amministrazione . La statistica si presenta, infatti, contemporaneamente in veste di disciplina scientifica e di istituzione amministrativa, costruita nella stretta implicazione reciproca di discorsi e apparati, d’organizzazione burocratica ed elaborazione teorica. I due aspetti si articolano però in forme e maniere estremamente diverse secondo la scala di osservazione prescelta. L’astrattezza di un’impostazione che individua nella dialettica tra scienza ed amministrazione il motore unico delle complesse vicende della statistica diventa - poi - evidente di fronte alle questioni sollevate dall’intricato sovrapporsi di resistenze, mediazioni ed istanze di indagine a livello locale. Ad uno sguardo ravvicinato, si scopre, infatti, che le istituzioni e i soggetti interrogati reagiscono all'indagine determinandone la riuscita, modificandone i risultati, mettendone in discussione le categorie. L'attenzione rivolta in questo studio alle amministrazioni comunali, nella loro duplice veste di fonti di informazione e di oggetto d'indagine per l'amministrazione centrale, deriva anche dalla constatazione che la statistica municipale fu in Italia un terreno di confronto tra progetti politici, amministrativi e scientifici profondamente diversi. Ma l'articolazione istituzionale tra potere centrale e autonomie era solo una delle poste in gioco dei conflitti di cui il dibattito sulla statistica fu di volta in volta espressione. Quel che emerge da questo studio, che ha investito i presupposti teorici così come l'organizzazione delle indagini e i risultati prodotti, è la sostanziale alternanza tra progetti che riconoscono un ruolo autonomo alla statistica in quanto fondamento dell'azione amministrativa e concezioni che assegnano all'indagine quantitativa una funzione direttamente strumentale alle scelte del potere politico. La teoria e la pratica statistica diventano così metafora concreta di concezioni alternative del rapporto tra società e Stato, in cui quest’ultimo termine assume di volta in volta le vesti di arbitro di una corretta applicazione di regole preesistenti, o di demiurgo di un ordine tutt’altro che spontaneo. A questa prima contrapposizione si sovrappone la dialettica fra istanze locali - più o meno coordinate tra loro - e tentativi di centralizzazione amministrativa . Non si tratta dunque di un’opposizione statica: progetti, realizzazioni e fallimenti si accavallano in una storia complicata nella quale un'organizzazione su basi municipali emerge come possibile soluzione al problema della statistica nazionale solo molto tardi, all'inizio del Novecento, per essere presto dimenticata.
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