Dal mito ai fantasmi, industrializzazione e catabasi della Natura

Recent developments in the Environmental Humanities have brought to light the existing interconnections between the ecological crisis, the current production and reproduction system, and the narratives that legitimize or criticize it. Based on the most recent studies, this research revisits some of the major Italian authors who lived between the period of fascism and the early 21st century. The analysis of their works has allowed for reading literary production in relation to the historical, economic, and socio-natural transformations of the national landscape. The modernization processes initiated by fascism, culminating in the Italian economic miracle (1958-’63), with the rise of consumerist society and the progressive industrialization of the entire economy, led to the disappearance of the social relations and ways of life characteristic of the previous tradition. The mythification and idealization of a countryside free from the contradictions of modern cities, which dominates Italian literature until the 1960s, thus begins to turn towards the past, lamenting the end of a millennia-old civilization and adopting elegiac tones or denunciations of the corruption of previous socio-natural relations. The landscape is no longer a totality in which one could find a truth capable of reconciling the subject with Nature, as it still was for Cesare Pavese, but is increasingly experienced and represented as labyrinthine, fragmented, and mute. The colonized, divided, and privatized territory of postmodernity, of which Pier Paolo Pasolini sees the first signs, and in which the characters of Vitaliano Trevisan move, is instead marked by the destruction and degeneration of its traditional forms.

I recenti sviluppi delle Environmental Humanities hanno fatto emergere le interconnessioni esistenti fra la crisi ecologica, il sistema produttivo e riproduttivo attuale, e le narrazioni che lo legittimano o lo criticano. A partire dagli studi più recenti, questa ricerca torna su alcuni dei maggiori autori italiani vissuti fra il periodo del fascismo e gli anni Venti del XXI secolo. L’analisi delle loro opere ha permesso di leggere la produzione letteraria in relazione alle trasformazioni storiche, economiche e socio-naturali del paesaggio nazionale. I processi di modernizzazione intrapresi dal fascismo che culminano nel boom economico, con l’affermazione della società dei consumi e la progressiva industrializzazione di tutta l’economia italiana hanno portato alla scomparsa dei rapporti sociali e delle forme di vita proprie della tradizione precedente. La mitizzazione e l’idealizzazione di una campagna libera dalle contraddizioni delle città moderne che domina la letteratura italiana fino agli anni ’60 inizia così a rivolgersi al passato, lamentando la fine di una civiltà millenaria e assumendo toni elegiaci o di denuncia della corruzione dei precedenti rapporti socio-naturali. Il paesaggio non è più una totalità in cui era possibile trovare una verità capace di riconciliare il soggetto con la Natura, come era ancora per Cesare Pavese, ma è sempre più vissuto e rappresentato come labirintico, frantumato e muto. Il territorio colonizzato, lottizzato e privatizzato della post-modernità, di cui Pier Paolo Pasolini vede i primi segni e in cui si muovono i personaggi di Vitaliano Trevisan, è segnato invece dalla distruzione e degenerazione delle sue forme tradizionali.