Il rapporto travagliato tra la poeta misconosciuta Maria Ermenegilda Fuxa (1913-2004) e l’esperienza del manicomio si dipana come un viaggio nell’abisso dell’animo umano, attraverso i meandri di un’esistenza segnata da dolore e dalla lotta per la dignità. Attraverso la sua voce poetica, il racconto di Fuxa ci trasporta in un mondo da decifrare all’interno della città di Palermo e dell’ospedale psichiatrico Pietro Pisani. Artista autodidatta, seppur soffocata dalla coercizione del manicomio, Fuxa trova nella scrittura uno spazio vitale diventando una nota figura antistituzionale all’interno della città. Il suo lascito, intriso di umanità e resilienza, ci invita a riflettere sulle profonde ferite inflitte dalle istituzioni totalitarie e sull’importanza di dare voce a coloro che sono stati privati del diritto di essere ascoltati, a figure marginali ed emarginate loro malgrado.
Maria Fuxa e la resilienza nell’esperienza del manicomio
ALESSANDRA TREVISAN
In corso di stampa
Abstract
Il rapporto travagliato tra la poeta misconosciuta Maria Ermenegilda Fuxa (1913-2004) e l’esperienza del manicomio si dipana come un viaggio nell’abisso dell’animo umano, attraverso i meandri di un’esistenza segnata da dolore e dalla lotta per la dignità. Attraverso la sua voce poetica, il racconto di Fuxa ci trasporta in un mondo da decifrare all’interno della città di Palermo e dell’ospedale psichiatrico Pietro Pisani. Artista autodidatta, seppur soffocata dalla coercizione del manicomio, Fuxa trova nella scrittura uno spazio vitale diventando una nota figura antistituzionale all’interno della città. Il suo lascito, intriso di umanità e resilienza, ci invita a riflettere sulle profonde ferite inflitte dalle istituzioni totalitarie e sull’importanza di dare voce a coloro che sono stati privati del diritto di essere ascoltati, a figure marginali ed emarginate loro malgrado.I documenti in ARCA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.



