Il saggio è diretto ad analizzare la disciplina delle cause di ineleggibilità, sia in senso stretto, sia in senso lato (includendo quindi anche l’istituto dell’incandidabilità), che incidono tanto sul diritto di voto, nella sua duplice dimensione attiva e passiva, quanto sull’esercizio del libero mandato elettivo. In primis, si procederà all’inquadramento dogmatico dell’istituto, evidenziandone la ratio e il fondamento costituzionale, il regime costituzionale assistito da riserva di legge e la compatibilità con il diritto convenzionale e in particolare con gli orientamenti della Corte EDU relativi alle misure limitative dell’elettorato passivo. Con specifico riguardo alle ineleggibilità in senso stretto, si affronteranno i due profili critici maggiormente rilevanti, relativi rispettivamente alla loro progressiva trasfigurazione ad opera della prassi parlamentare, che ha originato il fenomeno della confusione ed indistinzione rispetto alle incompatibilità, da un lato; e all’inadeguatezza ed inattualità del catalogo delle fattispecie tipizzate a livello normativo nel 1957 rispetto all’attuale contesto socio-economico, dall’altro. Riguardo all’incandidabilità, i profili critici di maggiore rilievo, affrontati e risolti sia dalla Corte costituzionale che dalla Corte EDU, attengono alla natura dell’istituto e all’ambito di applicazione ratione temporis. L’esclusione della natura sanzionatoria-penale dell’istituto ha consentito conseguentemente di risolvere la vexata quaestio della sua applicazione retroattiva. Da ultimo, l’attenzione viene rivolta alle modalità di accertamento e applicazione degli istituti e agli strumenti di tutela giurisdizionale avverso gli atti applicativi. Sotto quest’ultimo profilo emergono gli elementi di maggiore criticità. Si versa infatti nel campo di applicazione della verifica dei poteri ex art. 66 Cost. che, oltre a risultare di dubbia natura giurisdizionale, non garantisce di per sé alcuna garanzia di tutela effettiva. Come dimostra la prassi, infatti, il sindacato degli organi camerali risulta ispirato, più che alla rigorosa applicazione delle disposizioni legislative, a considerazioni di carattere politico o addirittura a logiche di schieramento, e le delibere camerali non sono in alcun modo impugnabili. In via conclusiva, si evidenzia come i profili di criticità emersi sul piano della disciplina sostanziale potrebbero essere agevolmente risolti mediante un intervento legislativo di revisione del catalogo delle fattispecie di ineleggibilità e dei rati ostativi. Viceversa, i profili di criticità emersi sul piano degli strumenti rimediali, ove si evidenzia un vero e proprio vuoto di tutela, appaiono di più difficile risoluzione, perché implicherebbe una revisione costituzionale dell’art. 66 Cost. o, al limite, una concreta apertura della Corte costituzionale ai conflitti di attribuzioni sollevati dai singoli parlamentari che, appare, allo stato, altamente improbabile.
Le cause di ineleggibilità, tra garanzie del diritto di elettorato attivo e passivo e assenza di strumenti di tutela effettiva
Mancini Marco
2024-01-01
Abstract
Il saggio è diretto ad analizzare la disciplina delle cause di ineleggibilità, sia in senso stretto, sia in senso lato (includendo quindi anche l’istituto dell’incandidabilità), che incidono tanto sul diritto di voto, nella sua duplice dimensione attiva e passiva, quanto sull’esercizio del libero mandato elettivo. In primis, si procederà all’inquadramento dogmatico dell’istituto, evidenziandone la ratio e il fondamento costituzionale, il regime costituzionale assistito da riserva di legge e la compatibilità con il diritto convenzionale e in particolare con gli orientamenti della Corte EDU relativi alle misure limitative dell’elettorato passivo. Con specifico riguardo alle ineleggibilità in senso stretto, si affronteranno i due profili critici maggiormente rilevanti, relativi rispettivamente alla loro progressiva trasfigurazione ad opera della prassi parlamentare, che ha originato il fenomeno della confusione ed indistinzione rispetto alle incompatibilità, da un lato; e all’inadeguatezza ed inattualità del catalogo delle fattispecie tipizzate a livello normativo nel 1957 rispetto all’attuale contesto socio-economico, dall’altro. Riguardo all’incandidabilità, i profili critici di maggiore rilievo, affrontati e risolti sia dalla Corte costituzionale che dalla Corte EDU, attengono alla natura dell’istituto e all’ambito di applicazione ratione temporis. L’esclusione della natura sanzionatoria-penale dell’istituto ha consentito conseguentemente di risolvere la vexata quaestio della sua applicazione retroattiva. Da ultimo, l’attenzione viene rivolta alle modalità di accertamento e applicazione degli istituti e agli strumenti di tutela giurisdizionale avverso gli atti applicativi. Sotto quest’ultimo profilo emergono gli elementi di maggiore criticità. Si versa infatti nel campo di applicazione della verifica dei poteri ex art. 66 Cost. che, oltre a risultare di dubbia natura giurisdizionale, non garantisce di per sé alcuna garanzia di tutela effettiva. Come dimostra la prassi, infatti, il sindacato degli organi camerali risulta ispirato, più che alla rigorosa applicazione delle disposizioni legislative, a considerazioni di carattere politico o addirittura a logiche di schieramento, e le delibere camerali non sono in alcun modo impugnabili. In via conclusiva, si evidenzia come i profili di criticità emersi sul piano della disciplina sostanziale potrebbero essere agevolmente risolti mediante un intervento legislativo di revisione del catalogo delle fattispecie di ineleggibilità e dei rati ostativi. Viceversa, i profili di criticità emersi sul piano degli strumenti rimediali, ove si evidenzia un vero e proprio vuoto di tutela, appaiono di più difficile risoluzione, perché implicherebbe una revisione costituzionale dell’art. 66 Cost. o, al limite, una concreta apertura della Corte costituzionale ai conflitti di attribuzioni sollevati dai singoli parlamentari che, appare, allo stato, altamente improbabile.| File | Dimensione | Formato | |
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