La Belle Époque splende tra bagliori e oscurità: quella soglia di tempo ambiguo tra la fine dell’Ottocento e la prima guerra mondiale, che si innesta nella stagione del postimpressionismo e del simbolismo, oltre che del rafforzarsi dei nazionalismi europei, cerca dei linguaggi improntati alla modernità e alla trasgressione, distaccandosi da tradizioni accademiche già messe in crisi da personaggi eccezionali - come Gustave Courbet e Édouard Manet - e da esigui gruppi, dalla Scuola di Barbizon agli impressionisti ai Nabis. Se da lato la celerità delle comunicazioni e degli scambi commerciali transnazionali lasciano intendere fulgidi successi tecnologici e l’illusione un illimitato progresso economico, alimentati dalle aspettative create dalla rivoluzione industriale e da quelle occasioni privilegiate che sono le Esposizioni Universali (fin dalla prima di Londra nel 1851), dall’altro questo momento si accompagna alla rapina delle risorse coloniali e alla sopraffazione su scala mondiale di Paesi politicamente più fragili. Nelle ricche e antiche capitali cosmopolite d’Europa erompono insoliti fermenti e necessità artistiche: la borghesia, che come classe sociale è stata una promotrice importante di questi cambiamenti e di aggiornate esigenze di status symbols nella prima metà dell’Ottocento e che ora diviene un capitalismo rampante che cerca di fondersi con la vecchia aristocrazia in declino, è spesso acquirente e mecenate di tali istanze, ma continua anche a scandalizzarsene. È un mondo per cui la moda e l’eccentricità sono valori importanti.
Secessioni e Art Nouveau, in Manuale di Storia dell’arte. Il primo Novecento
Stefania Portinari
2025-01-01
Abstract
La Belle Époque splende tra bagliori e oscurità: quella soglia di tempo ambiguo tra la fine dell’Ottocento e la prima guerra mondiale, che si innesta nella stagione del postimpressionismo e del simbolismo, oltre che del rafforzarsi dei nazionalismi europei, cerca dei linguaggi improntati alla modernità e alla trasgressione, distaccandosi da tradizioni accademiche già messe in crisi da personaggi eccezionali - come Gustave Courbet e Édouard Manet - e da esigui gruppi, dalla Scuola di Barbizon agli impressionisti ai Nabis. Se da lato la celerità delle comunicazioni e degli scambi commerciali transnazionali lasciano intendere fulgidi successi tecnologici e l’illusione un illimitato progresso economico, alimentati dalle aspettative create dalla rivoluzione industriale e da quelle occasioni privilegiate che sono le Esposizioni Universali (fin dalla prima di Londra nel 1851), dall’altro questo momento si accompagna alla rapina delle risorse coloniali e alla sopraffazione su scala mondiale di Paesi politicamente più fragili. Nelle ricche e antiche capitali cosmopolite d’Europa erompono insoliti fermenti e necessità artistiche: la borghesia, che come classe sociale è stata una promotrice importante di questi cambiamenti e di aggiornate esigenze di status symbols nella prima metà dell’Ottocento e che ora diviene un capitalismo rampante che cerca di fondersi con la vecchia aristocrazia in declino, è spesso acquirente e mecenate di tali istanze, ma continua anche a scandalizzarsene. È un mondo per cui la moda e l’eccentricità sono valori importanti.I documenti in ARCA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.



