I principali autori della letteratura bioetica contemporanea, trattando della fine della vita, hanno sempre dato ampio spazio al problema dell’eutanasia, trascurando invece, nella maggior parte dei casi, il tema dell’accompagnamento dei morenti, quasi che la questione del “quando” morire costituisse un problema più rilevante rispetto a quello del “come” morire. Warren T. Reich ha posto con forza questo problema in un suo recente intervento: «Come mai», si chiede infatti Reich, «coloro che si interessano di bioetica pongono tanta attenzione alla questione se il suicidio assistito e l’eutanasia siano moralmente giusti o sbagliati, ma negano quasi totalmente la questione del se e come dovremmo effettivamente prenderci cura di coloro che stanno morendo?»(1). Occorre, allora, che la bioetica faccia maggiore spazio al capitolo dell’etica del morire e all’etica dell’accompagnamento dei morenti, perché affrontare l’etica di fine vita nei soli termini dell’eutanasia rischia di dare un tono troppo legalistico (nella forma di un “è lecito – non è lecito”) ad una questione i cui contorni umani sono di un’infinita ricchezza e complessità.
L'umanizzazione del morire
Fabrizio Turoldo
2024-01-01
Abstract
I principali autori della letteratura bioetica contemporanea, trattando della fine della vita, hanno sempre dato ampio spazio al problema dell’eutanasia, trascurando invece, nella maggior parte dei casi, il tema dell’accompagnamento dei morenti, quasi che la questione del “quando” morire costituisse un problema più rilevante rispetto a quello del “come” morire. Warren T. Reich ha posto con forza questo problema in un suo recente intervento: «Come mai», si chiede infatti Reich, «coloro che si interessano di bioetica pongono tanta attenzione alla questione se il suicidio assistito e l’eutanasia siano moralmente giusti o sbagliati, ma negano quasi totalmente la questione del se e come dovremmo effettivamente prenderci cura di coloro che stanno morendo?»(1). Occorre, allora, che la bioetica faccia maggiore spazio al capitolo dell’etica del morire e all’etica dell’accompagnamento dei morenti, perché affrontare l’etica di fine vita nei soli termini dell’eutanasia rischia di dare un tono troppo legalistico (nella forma di un “è lecito – non è lecito”) ad una questione i cui contorni umani sono di un’infinita ricchezza e complessità.File | Dimensione | Formato | |
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