Una delle sfide più complesse per l'antropologia contemporanea sta nell'indagare come il cambiamento climatico globale si inscriva nei diversi micro-contesti, riconnettendo tra loro le complesse scale temporali di questi fenomeni. In questo saggio mi sono concentrato sul caso della tempesta Vaia, un ciclone extra-tropicale che nell'ottobre 2018 ha attraversato l'arco alpino, abbattendo nel solo Trentino Alto-Adige quasi 23mila ettari di foreste. I danni provocati alla Val di Fiemme, contesto caratterizzato da una plurisecolare esperienza nella selvicoltura, hanno rivelato un'insospettata fragilità del suo territorio. Per comprendere la dimensione culturale di questo disastro, occorre anzitutto riassemblare i fenomeni che ne sono alla radice: una coincidenza di ritmi e tempi differenti. La tempesta Vaia, infatti, ha rappresentato un disastroso intreccio di pratiche orientate dal capitalismo (capitalist-driven practices), le cui ripercussioni di lungo periodo sono entrate “in risonanza” tra loro. Da una parte vi sono le politiche di gestione forestale ereditate dall'Ottocento, che hanno modellato gran parte delle foreste fiemmesi. La diffusione di fustaie coetanee di abeti rossi, la specie economicamente più redditizia, ha comportato un impoverito della biodiversità e reso più vulnerabile il soprassuolo forestale. Nonostante la svolta selvicolturale iniziata negli anni '80, cambiare la struttura dei boschi richiede secoli, una “inerzia” dovuta alla lenta crescita degli abeti. L'altro fenomeno sono le emissioni antropiche di anidride carbonica, capaci di alterare i paesaggi atmosferici globali (airscape). Una conseguenza diretta è il rafforzamento dei cicloni extratropicali europei, che negli ultimi cinquant'anni hanno visto aumentare la loro frequenza, intensità ed estensione. Di fronte a questo scenario, la comunità di Fiemme ha reagito attraverso un nuovo immaginario del disastro, riconoscendo la comune matrice antropica di eventi atmosferici estremi che in passato hanno colpito altre regioni europee (es: Vivian, Lothar, Gudrun). Questa “parentela” dei venti permette non solo di redistribuire consapevolmente le responsabilità di Vaia tra attori umani e non-umani, ma anche di superare la dimensione traumatica dell'evento isolato (narrazione del passato), confrontandosi con altre comunità per elaborare modelli sostenibili di gestione forestale (progettazione futura).

Ripensare la tempesta per rigenerare il bosco: temporalità sociali del disastro Vaia in Val di Fiemme

Nicola Martellozzo
2023-01-01

Abstract

Una delle sfide più complesse per l'antropologia contemporanea sta nell'indagare come il cambiamento climatico globale si inscriva nei diversi micro-contesti, riconnettendo tra loro le complesse scale temporali di questi fenomeni. In questo saggio mi sono concentrato sul caso della tempesta Vaia, un ciclone extra-tropicale che nell'ottobre 2018 ha attraversato l'arco alpino, abbattendo nel solo Trentino Alto-Adige quasi 23mila ettari di foreste. I danni provocati alla Val di Fiemme, contesto caratterizzato da una plurisecolare esperienza nella selvicoltura, hanno rivelato un'insospettata fragilità del suo territorio. Per comprendere la dimensione culturale di questo disastro, occorre anzitutto riassemblare i fenomeni che ne sono alla radice: una coincidenza di ritmi e tempi differenti. La tempesta Vaia, infatti, ha rappresentato un disastroso intreccio di pratiche orientate dal capitalismo (capitalist-driven practices), le cui ripercussioni di lungo periodo sono entrate “in risonanza” tra loro. Da una parte vi sono le politiche di gestione forestale ereditate dall'Ottocento, che hanno modellato gran parte delle foreste fiemmesi. La diffusione di fustaie coetanee di abeti rossi, la specie economicamente più redditizia, ha comportato un impoverito della biodiversità e reso più vulnerabile il soprassuolo forestale. Nonostante la svolta selvicolturale iniziata negli anni '80, cambiare la struttura dei boschi richiede secoli, una “inerzia” dovuta alla lenta crescita degli abeti. L'altro fenomeno sono le emissioni antropiche di anidride carbonica, capaci di alterare i paesaggi atmosferici globali (airscape). Una conseguenza diretta è il rafforzamento dei cicloni extratropicali europei, che negli ultimi cinquant'anni hanno visto aumentare la loro frequenza, intensità ed estensione. Di fronte a questo scenario, la comunità di Fiemme ha reagito attraverso un nuovo immaginario del disastro, riconoscendo la comune matrice antropica di eventi atmosferici estremi che in passato hanno colpito altre regioni europee (es: Vivian, Lothar, Gudrun). Questa “parentela” dei venti permette non solo di redistribuire consapevolmente le responsabilità di Vaia tra attori umani e non-umani, ma anche di superare la dimensione traumatica dell'evento isolato (narrazione del passato), confrontandosi con altre comunità per elaborare modelli sostenibili di gestione forestale (progettazione futura).
2023
La caduta. Antropologie dei tempi inquieti
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