Il volume ricostruisce attraverso documenti inediti le attività di protezione del patrimonio artistico umbro e marchigiano durante la seconda guerra mondiale. Articolato in quattro sezioni, analizza inizialmente il contesto internazionale e nazionale del tempo in cui maturarono le linee guida per la salvaguardia delle opere d’arte in caso di conflitto armato. Patrizia Dragoni, attraverso lo spoglio della rivista «Mouseion», organo dell’Office International des Musées, illustra infatti come i paesi membri della Società delle Nazioni, a partire dall’inizio degli anni’30 del Novecento, avessero iniziato a discutere tale tematica fino ad arrivare, dopo l’esperienza della guerra civile spagnola, alla redazione di un manuale sulla protezione del patrimonio artistico ed architettonico durante la guerra, apparso nel 1939. Carmen Vitale, invece, esamina lo specifico caso dell’Italia, dove le Soprintendenze regionali vennero incaricate di predisporre i piani protezione, di classificare le opere d’arte in base alla loro rilevanza e di metterle in sicurezza in luoghi preventivamente individuati, lontani da possibili obiettivi militari e preferibilmente in località eccentriche. La seconda parte del testo illustra le figure dei soprintendenti che guidarono le operazioni nei territori loro affidati delle Marche e dell’Umbria. Caterina Paparello analizza puntualmente l’attività delle Soprintendenze marchigiane, dai piani preventivi di salvaguardia alle operazioni di protezione poste in essere per il patrimonio regionale. Il contributo illustra inoltre l’attivazione nelle Marche dei ricoveri interregionali, presentando documenti inediti sull’operato di Pasquale Rotondi e chiarendo pertanto l’organizzazione, le tempistiche e l’effettiva consistenza del patrimonio posto in sicurezza a Sassocorvaro e Carpegna. Al territorio di Zara, affidato in base alla legge di riordino delle Soprintendenze del 1923 alla tutela delle Marche, è dedicato il saggio di Serena Brunelli, che analizza le attività di protezione preventiva dei beni artistici e archeologici messe in atto nella città dalmata prima dello scoppio della guerra. In Umbria Achille Bertini Calosso, oltre a ricoverare la maggior parte dell’ingente patrimonio regionale, si occupò anche della messa in sicurezza di numerosi oggetti della Lombardia dapprima in località individuate nella campagna umbra e poi, dopo l’armistizio, nella neutrale basilica di San Francesco di Assisi divenuta, dopo le norme del Concordato, di proprietà del Vaticano. Si dà poi conto, nella terza sezione, del ruolo svolto dagli “alleati”, dai membri del Kunstschutz agli ufficiali americani della Monuments and Fine Arts & Archives Sub-Commission. Al Kunstschutz sono dedicati i saggi di Susanne Adina Meyer e di Andrea Paolini. La prima, anche attraverso un attento spoglio della letteratura tedesca, generalmente poco conosciuta in Italia, analizza il lavoro svolto dagli ufficiali tedeschi che agirono in stretta collaborazione con gli uffici di tutela prima e anche dopo l’8 settembre 1943. Ugualmente Andrea Paolini, che esamina il caso specifico delle Marche, pur senza negare alcune operazioni discutibili, contribuisce a mitigare il luogo comune che descrive i tedeschi come predatori e mette invece in luce l’attività di “protezione del Reich” su un patrimonio culturale del quale conoscevano ubicazione e ricoveri. Della Monuments and Fine Arts & Archives Sub-Commission si occupa dapprima Ilaria Dagnini Brey, che ne descrive accuratamente l’origine e la formazione, con particolare attenzione ai momenti di formazione accademica dei membri che avrebbero dovuto operare in Italia. Caterina Paparello e Ruggero Ranieri, invece, puntualizzano l’attività dei monument officers nelle Marche e in Umbria, dove agirono in stretta collaborazione con gli uffici di tutela per le operazioni di primo intervento, cercando di evitare le dispersioni e di recuperare gli oggetti trafugati, come nel caso di alcuni oggetti della collezione perugina del noto storico dell’arte olandese Raimond Van Marle, asportati dalle ville di San Marco e Solomeo (Perugia) nel giugno 1944 dalle truppe tedesche in ritirata. La collezione Van Marle, per la prima volta, è ricostruita da Maria Cecilia Mazzi che, oltre a documentare la vicenda, cerca di far luce sui rapporti del critico con il mercato collezionistico del tempo per aggiungere informazioni ad un momento carico di luci ed ombre nella storia della conservazione del patrimonio artistico italiano negli anni’30. Contraltare a questa dispersione è invece il caso di un dipinto del Cavalier d’Arpino, proprietà della Galleria Nazionale dell’Umbria, che si credeva trafugato dai tedeschi e che invece Patrizia Dragoni, sulla scorta di nuova documentazione, riconduce all’ambito alleato. Il volume si chiude con un’ultima sezione dedicata all’analisi del diritto internazionale di tutela del patrimonio in caso di conflitti armati. Carmen Vitale offre un contributo critico in cui documenta, dalla convenzione dell’Aja del 1954 alla recentissima istituzione dei Caschi Blu per la Cultura, il lavoro compiuto per tentare di salvaguardare un patrimonio che anche i più recenti avvenimenti confermano essere costantemente a rischio Infine, Patrizia Dragoni e Caterina Paparello presentano note e spunti per la ricerca in relazione ai diari di Pasquale Rotondi, per cui si attende una riedizione critica e contestualizzata.
Introduzione
Caterina Paparello
2015-01-01
Abstract
Il volume ricostruisce attraverso documenti inediti le attività di protezione del patrimonio artistico umbro e marchigiano durante la seconda guerra mondiale. Articolato in quattro sezioni, analizza inizialmente il contesto internazionale e nazionale del tempo in cui maturarono le linee guida per la salvaguardia delle opere d’arte in caso di conflitto armato. Patrizia Dragoni, attraverso lo spoglio della rivista «Mouseion», organo dell’Office International des Musées, illustra infatti come i paesi membri della Società delle Nazioni, a partire dall’inizio degli anni’30 del Novecento, avessero iniziato a discutere tale tematica fino ad arrivare, dopo l’esperienza della guerra civile spagnola, alla redazione di un manuale sulla protezione del patrimonio artistico ed architettonico durante la guerra, apparso nel 1939. Carmen Vitale, invece, esamina lo specifico caso dell’Italia, dove le Soprintendenze regionali vennero incaricate di predisporre i piani protezione, di classificare le opere d’arte in base alla loro rilevanza e di metterle in sicurezza in luoghi preventivamente individuati, lontani da possibili obiettivi militari e preferibilmente in località eccentriche. La seconda parte del testo illustra le figure dei soprintendenti che guidarono le operazioni nei territori loro affidati delle Marche e dell’Umbria. Caterina Paparello analizza puntualmente l’attività delle Soprintendenze marchigiane, dai piani preventivi di salvaguardia alle operazioni di protezione poste in essere per il patrimonio regionale. Il contributo illustra inoltre l’attivazione nelle Marche dei ricoveri interregionali, presentando documenti inediti sull’operato di Pasquale Rotondi e chiarendo pertanto l’organizzazione, le tempistiche e l’effettiva consistenza del patrimonio posto in sicurezza a Sassocorvaro e Carpegna. Al territorio di Zara, affidato in base alla legge di riordino delle Soprintendenze del 1923 alla tutela delle Marche, è dedicato il saggio di Serena Brunelli, che analizza le attività di protezione preventiva dei beni artistici e archeologici messe in atto nella città dalmata prima dello scoppio della guerra. In Umbria Achille Bertini Calosso, oltre a ricoverare la maggior parte dell’ingente patrimonio regionale, si occupò anche della messa in sicurezza di numerosi oggetti della Lombardia dapprima in località individuate nella campagna umbra e poi, dopo l’armistizio, nella neutrale basilica di San Francesco di Assisi divenuta, dopo le norme del Concordato, di proprietà del Vaticano. Si dà poi conto, nella terza sezione, del ruolo svolto dagli “alleati”, dai membri del Kunstschutz agli ufficiali americani della Monuments and Fine Arts & Archives Sub-Commission. Al Kunstschutz sono dedicati i saggi di Susanne Adina Meyer e di Andrea Paolini. La prima, anche attraverso un attento spoglio della letteratura tedesca, generalmente poco conosciuta in Italia, analizza il lavoro svolto dagli ufficiali tedeschi che agirono in stretta collaborazione con gli uffici di tutela prima e anche dopo l’8 settembre 1943. Ugualmente Andrea Paolini, che esamina il caso specifico delle Marche, pur senza negare alcune operazioni discutibili, contribuisce a mitigare il luogo comune che descrive i tedeschi come predatori e mette invece in luce l’attività di “protezione del Reich” su un patrimonio culturale del quale conoscevano ubicazione e ricoveri. Della Monuments and Fine Arts & Archives Sub-Commission si occupa dapprima Ilaria Dagnini Brey, che ne descrive accuratamente l’origine e la formazione, con particolare attenzione ai momenti di formazione accademica dei membri che avrebbero dovuto operare in Italia. Caterina Paparello e Ruggero Ranieri, invece, puntualizzano l’attività dei monument officers nelle Marche e in Umbria, dove agirono in stretta collaborazione con gli uffici di tutela per le operazioni di primo intervento, cercando di evitare le dispersioni e di recuperare gli oggetti trafugati, come nel caso di alcuni oggetti della collezione perugina del noto storico dell’arte olandese Raimond Van Marle, asportati dalle ville di San Marco e Solomeo (Perugia) nel giugno 1944 dalle truppe tedesche in ritirata. La collezione Van Marle, per la prima volta, è ricostruita da Maria Cecilia Mazzi che, oltre a documentare la vicenda, cerca di far luce sui rapporti del critico con il mercato collezionistico del tempo per aggiungere informazioni ad un momento carico di luci ed ombre nella storia della conservazione del patrimonio artistico italiano negli anni’30. Contraltare a questa dispersione è invece il caso di un dipinto del Cavalier d’Arpino, proprietà della Galleria Nazionale dell’Umbria, che si credeva trafugato dai tedeschi e che invece Patrizia Dragoni, sulla scorta di nuova documentazione, riconduce all’ambito alleato. Il volume si chiude con un’ultima sezione dedicata all’analisi del diritto internazionale di tutela del patrimonio in caso di conflitti armati. Carmen Vitale offre un contributo critico in cui documenta, dalla convenzione dell’Aja del 1954 alla recentissima istituzione dei Caschi Blu per la Cultura, il lavoro compiuto per tentare di salvaguardare un patrimonio che anche i più recenti avvenimenti confermano essere costantemente a rischio Infine, Patrizia Dragoni e Caterina Paparello presentano note e spunti per la ricerca in relazione ai diari di Pasquale Rotondi, per cui si attende una riedizione critica e contestualizzata.File | Dimensione | Formato | |
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Dragoni P., Paparello C., Introduzione in_Dragoni P., Paparello C., a cura di, In difesa dell'arte_2015.pdf
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