Pur essendo ampiamente diffusa nelle discipline economiche, la nozione di «concessione portuale» è ignota all’ordinamento italiano, che la conosce solo indirettamente ed attraverso differenti qualificazioni terminologiche . La suddetta espressione è inoltre declinata negli ordinamenti di altri Paesi con accezioni che possono essere, in parte, diverse . È pertanto necessario chiarire sin d’ora che con tale espressione si intende qui far riferimento allo strumento giuridico attraverso il quale un’autorità pre-posta alla gestione di un porto marittimo nazionale concede ad un determinato operatore un’area ricadente nell’ambito portuale, affinché su di essa egli svol-ga una o più operazioni o servizi portuali, concordate con la stessa conceden-te . Questa, pur sommaria, definizione consente di rilevare come mediante il rilascio di una concessione portuale l’ente competente persegua una duplice fi-nalità, la quale consiste, per un verso, nella regolazione di parte consistente delle attività svolte all’interno del porto, conseguita attraverso la ripartizione fisica degli spazi portuali; per altro verso, nell’attribuzione di specifici diritti e facoltà in favore di taluni operatori che, proprio attraverso l’acquisizione delle aree concesse, sono posti in condizione di svolgere determinate attività nel porto. Sul piano del diritto positivo interno, l’istituto che l’espressione in esame sottende è riconducibile a quel complesso di figure che l’art. 18 della l. 28 gennaio 1994, n. 84 (“Legge di riordino del sistema portuale”) ricomprende nella rubrica “concessione di aree demaniali e banchine” . La norma, pur introducendo nel¬l’ordinamento una fattispecie originale, rappresenta tuttavia l’esito di una lunga e articolata evoluzione che ha contraddistinto la normativa portuale e più in generale la disciplina dei beni del demanio marittimo. Come si vedrà, la disciplina delle concessioni portuali, peraltro, è ancor oggi in evoluzione, sia perché non è stato ancora effettivamente completato il ri-spettivo regime normativo di riferimento, non essendo ancora stato introdotto il decreto ministeriale che dovrebbe dare attuazione alla disciplina del sopra richiamato art. 18 l. n. 84/1994, sia perché tuttora non è chiara la qualificazione giuridica di tali concessioni, ove si consideri che esse derivano da un contesto normativo ormai difficilmente rinvenibile nella situazione di fatto e di diritto attuale. Il mutato contesto normativo degli ultimi anni (si pensi solo alla riforma della l. n. 84/1994, attuata attraverso il d.lgs. n. 169/2016 ed al successivo d.lgs. n. 232/2017, nonché alle ulteriori modifiche introdotte, da ultimo, con l. n. 156/2021), le più recenti pronunce giurisprudenziali, tanto delle corti na-zionali, quanto della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, e le decisioni della Commissione Europea hanno, se possibile, reso ancora più complesse le problematiche emerse in passato. Infine, l’adozione da parte dello Stato Italiano del Piano Nazionale di Ri-presa e Resilienza (PNRR), che è avvenuta in conseguenza delle misure previ-ste dall’Unione Europea a seguito della deflagrazione della situazione pandemica da Covid-19, tuttora perdurante, ha rimarcato la necessità di effettuare una revisione della normativa in materia di concessioni portuali, che è stata prevista nell’ambito della Missione 3: Infrastrutture per una mobilità sostenibile – M3C2: Intermodabilità e logistica integrata, evidenziano così l’assoluta ri-levanza ed attualità della disciplina di cui trattasi . Il presente contributo cerca di sviluppare le principali suggestioni che pro-vengono dall’esame di tale disciplina, esaminando i più rilevanti arresti giurisprudenziali nonché le riflessioni svolte dalla dottrina nazionale ed internazionale.

La concessione portuale

Paolo Brambilla
2022-01-01

Abstract

Pur essendo ampiamente diffusa nelle discipline economiche, la nozione di «concessione portuale» è ignota all’ordinamento italiano, che la conosce solo indirettamente ed attraverso differenti qualificazioni terminologiche . La suddetta espressione è inoltre declinata negli ordinamenti di altri Paesi con accezioni che possono essere, in parte, diverse . È pertanto necessario chiarire sin d’ora che con tale espressione si intende qui far riferimento allo strumento giuridico attraverso il quale un’autorità pre-posta alla gestione di un porto marittimo nazionale concede ad un determinato operatore un’area ricadente nell’ambito portuale, affinché su di essa egli svol-ga una o più operazioni o servizi portuali, concordate con la stessa conceden-te . Questa, pur sommaria, definizione consente di rilevare come mediante il rilascio di una concessione portuale l’ente competente persegua una duplice fi-nalità, la quale consiste, per un verso, nella regolazione di parte consistente delle attività svolte all’interno del porto, conseguita attraverso la ripartizione fisica degli spazi portuali; per altro verso, nell’attribuzione di specifici diritti e facoltà in favore di taluni operatori che, proprio attraverso l’acquisizione delle aree concesse, sono posti in condizione di svolgere determinate attività nel porto. Sul piano del diritto positivo interno, l’istituto che l’espressione in esame sottende è riconducibile a quel complesso di figure che l’art. 18 della l. 28 gennaio 1994, n. 84 (“Legge di riordino del sistema portuale”) ricomprende nella rubrica “concessione di aree demaniali e banchine” . La norma, pur introducendo nel¬l’ordinamento una fattispecie originale, rappresenta tuttavia l’esito di una lunga e articolata evoluzione che ha contraddistinto la normativa portuale e più in generale la disciplina dei beni del demanio marittimo. Come si vedrà, la disciplina delle concessioni portuali, peraltro, è ancor oggi in evoluzione, sia perché non è stato ancora effettivamente completato il ri-spettivo regime normativo di riferimento, non essendo ancora stato introdotto il decreto ministeriale che dovrebbe dare attuazione alla disciplina del sopra richiamato art. 18 l. n. 84/1994, sia perché tuttora non è chiara la qualificazione giuridica di tali concessioni, ove si consideri che esse derivano da un contesto normativo ormai difficilmente rinvenibile nella situazione di fatto e di diritto attuale. Il mutato contesto normativo degli ultimi anni (si pensi solo alla riforma della l. n. 84/1994, attuata attraverso il d.lgs. n. 169/2016 ed al successivo d.lgs. n. 232/2017, nonché alle ulteriori modifiche introdotte, da ultimo, con l. n. 156/2021), le più recenti pronunce giurisprudenziali, tanto delle corti na-zionali, quanto della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, e le decisioni della Commissione Europea hanno, se possibile, reso ancora più complesse le problematiche emerse in passato. Infine, l’adozione da parte dello Stato Italiano del Piano Nazionale di Ri-presa e Resilienza (PNRR), che è avvenuta in conseguenza delle misure previ-ste dall’Unione Europea a seguito della deflagrazione della situazione pandemica da Covid-19, tuttora perdurante, ha rimarcato la necessità di effettuare una revisione della normativa in materia di concessioni portuali, che è stata prevista nell’ambito della Missione 3: Infrastrutture per una mobilità sostenibile – M3C2: Intermodabilità e logistica integrata, evidenziano così l’assoluta ri-levanza ed attualità della disciplina di cui trattasi . Il presente contributo cerca di sviluppare le principali suggestioni che pro-vengono dall’esame di tale disciplina, esaminando i più rilevanti arresti giurisprudenziali nonché le riflessioni svolte dalla dottrina nazionale ed internazionale.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/10278/5031240
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