La vicenda personale, giudiziaria, e successivamente finanche storiografica, di Francesco Tenan, detto Pipon, originario di Guarda Veneta, sulle sponde rodigine del fiume Po, condannato a morte e fucilato dalla temutissima Commissione Militare in Este nell’ottobre del 1852, risulta un case study di grande interesse per cercare di mettere a fuoco un fenomeno più generale di repressione della criminalità comune in una condizione di emergenza quale fu quella in cui si vennero a trovare le autorità austriache in una parte delle Province Venete all’indomani degli sconvolgimenti del 1848. Una situazione in cui, a seguito di una crescente preoccupazione di fronte al manifestarsi in primis di casi di furti pericolosi e di rapine nella Bassa Padovana e nel Polesine (ma pure nel Mantovano), per circa un quinquennio le misure ordinarie di polizia e di intervento delle istituzioni giudiziarie civili cedettero il passo, in modo non incontrastato, all’azione dei militari, sia per ciò che concerneva il controllo preventivo del territorio, sia, soprattutto, per ciò che riguardava appunto l’attività repressiva dei tribunali, mettendo così in discussione anche consolidate condotte processuali poste fino ad allora in essere da parte dei malviventi perseguiti per tentare di rendere quanto più inefficace possibile l’impegno profuso dalle autorità asburgiche indirizzato alla conservazione degli equilibri sociali e dei valori culturali predominanti.
Ordo est ordinem non servare: l'azione della Commissione militare in Este nel Veneto asburgico del post '48
Luca Rossetto
2023-01-01
Abstract
La vicenda personale, giudiziaria, e successivamente finanche storiografica, di Francesco Tenan, detto Pipon, originario di Guarda Veneta, sulle sponde rodigine del fiume Po, condannato a morte e fucilato dalla temutissima Commissione Militare in Este nell’ottobre del 1852, risulta un case study di grande interesse per cercare di mettere a fuoco un fenomeno più generale di repressione della criminalità comune in una condizione di emergenza quale fu quella in cui si vennero a trovare le autorità austriache in una parte delle Province Venete all’indomani degli sconvolgimenti del 1848. Una situazione in cui, a seguito di una crescente preoccupazione di fronte al manifestarsi in primis di casi di furti pericolosi e di rapine nella Bassa Padovana e nel Polesine (ma pure nel Mantovano), per circa un quinquennio le misure ordinarie di polizia e di intervento delle istituzioni giudiziarie civili cedettero il passo, in modo non incontrastato, all’azione dei militari, sia per ciò che concerneva il controllo preventivo del territorio, sia, soprattutto, per ciò che riguardava appunto l’attività repressiva dei tribunali, mettendo così in discussione anche consolidate condotte processuali poste fino ad allora in essere da parte dei malviventi perseguiti per tentare di rendere quanto più inefficace possibile l’impegno profuso dalle autorità asburgiche indirizzato alla conservazione degli equilibri sociali e dei valori culturali predominanti.File | Dimensione | Formato | |
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