Nel corso degli ultimi venticinque anni, parallelamente al progressivo aumento della temperatura media terrestre, al rapidissimo estendersi delle conoscenze scientifiche in materia di cambiamenti climatici e ai sempre più insistenti allarmi sul futuro climatico del pianeta, sono andate diffondendosi posizioni di stampo cosiddetto “scettico” o “negazionista”. Pur muovendo da un novero di presupposti teorici, scientifici o ideologici tra loro anche assai diversi, queste possono essere sintetizzate nella non-accettazione della cosiddetta “verità ufficiale”, spesso (e un po’ semplicisticamente) fatta corrispondere con quanto pubblicato nei rapporti di valutazione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc). Un’insistente eco di tali voci, non di rado gravata da preconcetti e da lacune scientifiche, è rinvenibile anche all’interno della geografia accademica italiana. A partire dal ruolo e dal funzionamento dell’Ipcc e alla luce delle più recenti acquisizioni in materia, di volta in volta confrontate con le argomentazioni negazioniste, nelle pagine che seguono si intende richiamare, anche all’interno di questa disciplina, a una prassi di più accurato esame dei problemi del cambiamento climatico e dei loro attuali e futuri (possibili) esiti. In chiave propositiva vengono messe in luce alcune linee di approfondimento rispetto alle quali la geografia è chiamata a dare più adeguate risposte alle esigenze conoscitive provenienti dal mondo scientifico, da quello scolastico e dell’informazione, dalla società nel suo complesso.
La geografia italiana di fronte ai cambiamenti climatici
L. Bonardi
2016-01-01
Abstract
Nel corso degli ultimi venticinque anni, parallelamente al progressivo aumento della temperatura media terrestre, al rapidissimo estendersi delle conoscenze scientifiche in materia di cambiamenti climatici e ai sempre più insistenti allarmi sul futuro climatico del pianeta, sono andate diffondendosi posizioni di stampo cosiddetto “scettico” o “negazionista”. Pur muovendo da un novero di presupposti teorici, scientifici o ideologici tra loro anche assai diversi, queste possono essere sintetizzate nella non-accettazione della cosiddetta “verità ufficiale”, spesso (e un po’ semplicisticamente) fatta corrispondere con quanto pubblicato nei rapporti di valutazione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc). Un’insistente eco di tali voci, non di rado gravata da preconcetti e da lacune scientifiche, è rinvenibile anche all’interno della geografia accademica italiana. A partire dal ruolo e dal funzionamento dell’Ipcc e alla luce delle più recenti acquisizioni in materia, di volta in volta confrontate con le argomentazioni negazioniste, nelle pagine che seguono si intende richiamare, anche all’interno di questa disciplina, a una prassi di più accurato esame dei problemi del cambiamento climatico e dei loro attuali e futuri (possibili) esiti. In chiave propositiva vengono messe in luce alcune linee di approfondimento rispetto alle quali la geografia è chiamata a dare più adeguate risposte alle esigenze conoscitive provenienti dal mondo scientifico, da quello scolastico e dell’informazione, dalla società nel suo complesso.File | Dimensione | Formato | |
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