L’anonimo e antico volgarizzamento della prima Catilinaria, orazione pronunciata da Cicerone con le altre tre requisitorie contro Catilina nel 63 a.C., ebbe fra Tre- e Quattrocento larga diffusione manoscritta, cui non corrispose altrettanta fortuna a stampa nei secoli seguenti, dato che l’editio princeps risale addirittura al 1832. Proprio in quell’edizione, curata da Luigi Maria Rezzi, a una delle due redazioni del volgarizzamento fu accostato per la prima volta il nome di Brunetto Latini, sulla base di presunte analogie stilistiche con le tre orazioni cesariane tradotte dal notaio fiorentino. L’attribuzione, ribadita fermamente nel corso dell’Ottocento, è stata spesso accolta anche in seguito, per quanto parte della critica recente si sia mostrata più cauta, revocandola in dubbio o sospendendo il giudizio. Del volgarizzamento rimangono due redazioni: la prima, che ha indubbia patente di antichità (e anche per questo, probabilmente, fu avvicinata al Latini), è assai fedele al dettato ciceroniano; la seconda, qualitativamente più modesta e assai più libera nel rapporto col latino sotto il profilo sintattico e lessicale, fu senz’altro tratta dalla precedente in tempi piuttosto precoci, essendo conservata in un codice datato 1313, anno che dunque costituisce il terminus ante quem di entrambe le redazioni. Nell’Introduzione ai due testi, sinora leggibili esclusivamente attraverso meritorie ma poco affidabili edizioni ottocentesche, si affronta in apertura la ricca tradizione manoscritta, indagando i circuiti di trasmissione dei volgarizzamenti e la tipologia dei codici che li contengono. Nei capitoli successivi ampio spazio è dato al rapporto tra le due redazioni, portando prove a sostegno della dipendenza di un volgarizzamento dall’altro, così come è affrontata la questione attributiva, risolta negando la paternità brunettiana, cui ostano soprattutto alcune modalità di traduzione diverse rispetto ai volgarizzamenti sicuri del Latini. Inoltre è sondata la tradizione latina della Catilinaria, allo scopo di ricostruire la fisionomia del codice utilizzato dal volgarizzatore. La Nota al testo include le schede descrittive di ciascuno degli oltre trenta manoscritti, e rende conto dei rapporti stemmatici tra i testimoni. Il testo critico, infine, è accompagnato da un commento puntuale, che intende in primo luogo chiarire i dubbi di natura esegetica e porre all’attenzione del lettore i problemi legati alla pratica traduttiva, fornendo al contempo osservazioni di approfondimento di natura stilistica, linguistica e filologica.

Cicerone, Prima Catilinaria. Volgarizzamento fiorentino già attribuito a Brunetto Latini

Cristiano Lorenzi
2021-01-01

Abstract

L’anonimo e antico volgarizzamento della prima Catilinaria, orazione pronunciata da Cicerone con le altre tre requisitorie contro Catilina nel 63 a.C., ebbe fra Tre- e Quattrocento larga diffusione manoscritta, cui non corrispose altrettanta fortuna a stampa nei secoli seguenti, dato che l’editio princeps risale addirittura al 1832. Proprio in quell’edizione, curata da Luigi Maria Rezzi, a una delle due redazioni del volgarizzamento fu accostato per la prima volta il nome di Brunetto Latini, sulla base di presunte analogie stilistiche con le tre orazioni cesariane tradotte dal notaio fiorentino. L’attribuzione, ribadita fermamente nel corso dell’Ottocento, è stata spesso accolta anche in seguito, per quanto parte della critica recente si sia mostrata più cauta, revocandola in dubbio o sospendendo il giudizio. Del volgarizzamento rimangono due redazioni: la prima, che ha indubbia patente di antichità (e anche per questo, probabilmente, fu avvicinata al Latini), è assai fedele al dettato ciceroniano; la seconda, qualitativamente più modesta e assai più libera nel rapporto col latino sotto il profilo sintattico e lessicale, fu senz’altro tratta dalla precedente in tempi piuttosto precoci, essendo conservata in un codice datato 1313, anno che dunque costituisce il terminus ante quem di entrambe le redazioni. Nell’Introduzione ai due testi, sinora leggibili esclusivamente attraverso meritorie ma poco affidabili edizioni ottocentesche, si affronta in apertura la ricca tradizione manoscritta, indagando i circuiti di trasmissione dei volgarizzamenti e la tipologia dei codici che li contengono. Nei capitoli successivi ampio spazio è dato al rapporto tra le due redazioni, portando prove a sostegno della dipendenza di un volgarizzamento dall’altro, così come è affrontata la questione attributiva, risolta negando la paternità brunettiana, cui ostano soprattutto alcune modalità di traduzione diverse rispetto ai volgarizzamenti sicuri del Latini. Inoltre è sondata la tradizione latina della Catilinaria, allo scopo di ricostruire la fisionomia del codice utilizzato dal volgarizzatore. La Nota al testo include le schede descrittive di ciascuno degli oltre trenta manoscritti, e rende conto dei rapporti stemmatici tra i testimoni. Il testo critico, infine, è accompagnato da un commento puntuale, che intende in primo luogo chiarire i dubbi di natura esegetica e porre all’attenzione del lettore i problemi legati alla pratica traduttiva, fornendo al contempo osservazioni di approfondimento di natura stilistica, linguistica e filologica.
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