La crescente sfiducia nei confronti delle figure degli esperti e delle istituzioni scientifiche e lo scetticismo sulla validità della conoscenza da questi prodotta sono temi centrali tanto in riflessioni epistemologiche che politiche ed offrono un collegamento con l’epistemologia femminista, disciplina che si è interrogata in precedenza su questi temi, seppur guidata da propositi differenti. Una delle strategie per riflettere e rimettere al centro dell’attenzione lo statuto dell’expertise nella società contemporanea è ripercorrere, da un lato, le critiche femministe che fanno capo all’ingiustizia epistemica [Fricker (2007), Tuana (2007) e, dall’altro, usare le strategie proposte dalla standpoint theory [Harding (1986), Collins (1990), Rose (2013), Smith (2004)] per sopperire a questa ingiustizia. Le riflessioni sull’ingiustizia epistemica svelano come l’aura sacrale che circonda il ruolo dell’esperto è talvolta condizionata da fattori sociali e politici che minano la credibilità epistemica attribuita a un agente epistemico, indipendentemente dalla sua effettiva conoscenza. La standpoint theory, condividendo queste critiche, le capovolge a proprio vantaggio quando sostiene, come punto di partenza per una conoscenza meno parziale e più trasparente, di partire proprio da quei soggetti che normalmente soffrono di ingiustizia o ignoranza epistemica. Non includere certi gruppi sociali quindi, non solo è un’ingiustizia sociale ma è anche un errore cognitivo in quanto il loro punto di vista ignorato potrebbe illuminare aspetti della ricerca non immediatamente visibili a chi beneficia, inconsapevolmente o meno, di un ambiente sessista o razzista. Nell’ultima parte del paper, applico queste riflessioni in epistemologia femminista allo studio della composizione delle comunità accademiche e suggerisco che esse possono essere migliorare se si seguono tre step: democrazia, inclusione e collaborazione. Queste linee guida servono a promuovere un dialogo critico fra le prospettive capace di ottenere una conoscenza meno parziale e di assicurare anche giusta rappresentazione ai gruppi sociali esclusi dalle comunità scientifiche.
Per una epistemologia politica femminista: diversità da preservare ed expertise
Francesca Putignano
2022-01-01
Abstract
La crescente sfiducia nei confronti delle figure degli esperti e delle istituzioni scientifiche e lo scetticismo sulla validità della conoscenza da questi prodotta sono temi centrali tanto in riflessioni epistemologiche che politiche ed offrono un collegamento con l’epistemologia femminista, disciplina che si è interrogata in precedenza su questi temi, seppur guidata da propositi differenti. Una delle strategie per riflettere e rimettere al centro dell’attenzione lo statuto dell’expertise nella società contemporanea è ripercorrere, da un lato, le critiche femministe che fanno capo all’ingiustizia epistemica [Fricker (2007), Tuana (2007) e, dall’altro, usare le strategie proposte dalla standpoint theory [Harding (1986), Collins (1990), Rose (2013), Smith (2004)] per sopperire a questa ingiustizia. Le riflessioni sull’ingiustizia epistemica svelano come l’aura sacrale che circonda il ruolo dell’esperto è talvolta condizionata da fattori sociali e politici che minano la credibilità epistemica attribuita a un agente epistemico, indipendentemente dalla sua effettiva conoscenza. La standpoint theory, condividendo queste critiche, le capovolge a proprio vantaggio quando sostiene, come punto di partenza per una conoscenza meno parziale e più trasparente, di partire proprio da quei soggetti che normalmente soffrono di ingiustizia o ignoranza epistemica. Non includere certi gruppi sociali quindi, non solo è un’ingiustizia sociale ma è anche un errore cognitivo in quanto il loro punto di vista ignorato potrebbe illuminare aspetti della ricerca non immediatamente visibili a chi beneficia, inconsapevolmente o meno, di un ambiente sessista o razzista. Nell’ultima parte del paper, applico queste riflessioni in epistemologia femminista allo studio della composizione delle comunità accademiche e suggerisco che esse possono essere migliorare se si seguono tre step: democrazia, inclusione e collaborazione. Queste linee guida servono a promuovere un dialogo critico fra le prospettive capace di ottenere una conoscenza meno parziale e di assicurare anche giusta rappresentazione ai gruppi sociali esclusi dalle comunità scientifiche.File | Dimensione | Formato | |
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