La lingua araba contemporanea si avvale, per dire “tortura”, del termine ta‘dhîb, il quale in sé e per sé dice semplicemente “punizione dolorosa, eventualmente reiterata”, e lascia in secondo piano i sensi di torto e ingiustizia. Per di più, le ricorrenze coraniche della sua radice verbale - ‘dhb – richiamano l’affermazione della giustizia divina; infatti il Libro santo dell’Islam afferma che Dio punisce (‘adhdhaba) le colpe e gli errori umani. La scelta di questo termine può rivelare che il contenuto stesso del lemma “tortura” (notoriamente derivato dal latino torqueo) non è parte del sostrato culturale islamico; d’altro canto, proprio il rimando all’operato di Dio offre lo spunto per considerare il ta‘dhîb una prerogativa divina, con ciò sottratta alla spettanza umana. The contemporary Arabic word for “torture” is ta‘dhîb. This word, however, simply means “a painful and eventually repeated punishment” with almost no reference to injustice and wrong. Moreover, the Koranic usage of the verbal root ‘dhb recalls the assertion of divine justice – in fact the Holy Book of Islam says that God punishes (‘adhdhaba) human sins and faults. So, choosing the above-mentioned word would reveal that the Islamic cultural heritage lacks indeed the semantic content of “torture” (derived from the Latin torqueo). On the other hand, it’s precisely the reference to divine justice what gives rise to consider ta‘dhîb an action that God only can make, not man.

Osservazioni sul nome arabo della tortura alla luce del sostrato culturale islamico

ZILIO GRANDI, Ida
2012-01-01

Abstract

La lingua araba contemporanea si avvale, per dire “tortura”, del termine ta‘dhîb, il quale in sé e per sé dice semplicemente “punizione dolorosa, eventualmente reiterata”, e lascia in secondo piano i sensi di torto e ingiustizia. Per di più, le ricorrenze coraniche della sua radice verbale - ‘dhb – richiamano l’affermazione della giustizia divina; infatti il Libro santo dell’Islam afferma che Dio punisce (‘adhdhaba) le colpe e gli errori umani. La scelta di questo termine può rivelare che il contenuto stesso del lemma “tortura” (notoriamente derivato dal latino torqueo) non è parte del sostrato culturale islamico; d’altro canto, proprio il rimando all’operato di Dio offre lo spunto per considerare il ta‘dhîb una prerogativa divina, con ciò sottratta alla spettanza umana. The contemporary Arabic word for “torture” is ta‘dhîb. This word, however, simply means “a painful and eventually repeated punishment” with almost no reference to injustice and wrong. Moreover, the Koranic usage of the verbal root ‘dhb recalls the assertion of divine justice – in fact the Holy Book of Islam says that God punishes (‘adhdhaba) human sins and faults. So, choosing the above-mentioned word would reveal that the Islamic cultural heritage lacks indeed the semantic content of “torture” (derived from the Latin torqueo). On the other hand, it’s precisely the reference to divine justice what gives rise to consider ta‘dhîb an action that God only can make, not man.
2012
Il divieto di tortura e altri comportamenti inumani o degradanti
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