Nell’ideale processo che – in parallelo con l’aggravarsi dello squilibrio finanziario e/o patrimoniale di una società di capitali – sottopone il controllo sul patrimonio da parte dell’organizzazione sociale a una crescente pressione, la regola “ricapitalizza o liquida” individua uno snodo centrale. La cifra comune delle alternative da questa poste, cui da tempo se n’è aggiunta una terza nella “ristrutturazione”, è data dal necessario ripristino di una corretta allocazione del controllo e del valore; nel far ciò, la recente attrazione della struttura societaria nel raggio d’azione del diritto concorsuale ha permesso di uscire dalla dicotomia tra il ripristino all’interno dell’organizzazione sociale, a spese dei soci o, comunque, con la loro collaborazione, e all’esterno della stessa, come conseguenza della liquidazione del patrimonio. Si delinea, in particolare, la possibilità di ricomporre la correlazione potere-rischio in modo “fluido”, operando forzosamente sulla struttura societaria, attraverso la riqualificazione di parte del “capitale di debito” in “capitale proprio”. Tale operazione – identificata come ricapitalizzazione “interna”, in quanto non richiede l’apporto di nuove risorse alla società – può costituire una modalità di ristrutturazione, in alternativa all’attuazione della responsabilità patrimoniale, oppure assolvere a finalità economicamente assimilabili a quelle della liquidazione forzata, e dunque essere impiegata quale forma di attuazione della responsabilità patrimoniale che, tuttavia, si distingue per operare esclusivamente sull’organizzazione e sulla struttura finanziaria della società. L’eclissi del tradizionale principio di neutralità organizzativa, che a questo punto appare davvero definitiva, si accompagna alla necessità di individuare adeguate tutele per i soci e creditori, tenendo conto delle diverse funzioni cui la forzosa ricapitalizzazione interna può assolvere.

Le ricapitalizzazioni forzose

DONATI I
2020-01-01

Abstract

Nell’ideale processo che – in parallelo con l’aggravarsi dello squilibrio finanziario e/o patrimoniale di una società di capitali – sottopone il controllo sul patrimonio da parte dell’organizzazione sociale a una crescente pressione, la regola “ricapitalizza o liquida” individua uno snodo centrale. La cifra comune delle alternative da questa poste, cui da tempo se n’è aggiunta una terza nella “ristrutturazione”, è data dal necessario ripristino di una corretta allocazione del controllo e del valore; nel far ciò, la recente attrazione della struttura societaria nel raggio d’azione del diritto concorsuale ha permesso di uscire dalla dicotomia tra il ripristino all’interno dell’organizzazione sociale, a spese dei soci o, comunque, con la loro collaborazione, e all’esterno della stessa, come conseguenza della liquidazione del patrimonio. Si delinea, in particolare, la possibilità di ricomporre la correlazione potere-rischio in modo “fluido”, operando forzosamente sulla struttura societaria, attraverso la riqualificazione di parte del “capitale di debito” in “capitale proprio”. Tale operazione – identificata come ricapitalizzazione “interna”, in quanto non richiede l’apporto di nuove risorse alla società – può costituire una modalità di ristrutturazione, in alternativa all’attuazione della responsabilità patrimoniale, oppure assolvere a finalità economicamente assimilabili a quelle della liquidazione forzata, e dunque essere impiegata quale forma di attuazione della responsabilità patrimoniale che, tuttavia, si distingue per operare esclusivamente sull’organizzazione e sulla struttura finanziaria della società. L’eclissi del tradizionale principio di neutralità organizzativa, che a questo punto appare davvero definitiva, si accompagna alla necessità di individuare adeguate tutele per i soci e creditori, tenendo conto delle diverse funzioni cui la forzosa ricapitalizzazione interna può assolvere.
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