Dopo il giudizio finale. C'è l'Aldilà e ci sono le pene eterne. Servono per emendare le colpe. Per questo le condanne e le pene devono essere giuste, e devono essere proporzionate alle colpe. Dike vuol dire equilibrio. C'è sempre l'immagine di una bilancia in azione. Così chi è sottoposto alla pena può diventare migliore e ne può trarre utile vantaggio. La pena insomma deve servire a qualcosa. Questo funziona quando si tratta di quelli che hanno commesso colpe guaribili. Ma coloro che si sono macchiati di crimini atroci, troppo gravi per essere corretti, sono diventati incurabili. Nessun rimedio è possibile. Per essi la pena non può servire a migliorarli. Se si mantiene la relazione tra la pena e la colpa, allora a che cosa serve? Hanno una funzione straordinaria, diventano paradeigmata, proprio così, paradigmi, che servono da modello esemplare utile per tutti. I grandi dannati che sono sottoposti alle pene eterne non possono perciò guarire. La pena, se guardiamo dalla loro prospettiva, è doppiamente vana. In questo sta forse la punizione, ma soprattutto il significato. Non c'è rimedio per i loro mali e per la loro anima. Non c'è espiazione. Non pagano nemmeno la loro colpa, perché non c'è compenso possibile per certi delitti. Non è questo l'obiettivo. Ma dalle loro sofferenze infinite possono imparare tutti gli altri. Diventano un monito. Ma c'è anche qualche problema. Perfino nella giustizia eterna. Per capirci qualcosa studieremo il caso di Sisifo e della sua pietra.
L'orgoglio di Sisifo, ovvero della resistenza
Alberto Camerotto
2020-01-01
Abstract
Dopo il giudizio finale. C'è l'Aldilà e ci sono le pene eterne. Servono per emendare le colpe. Per questo le condanne e le pene devono essere giuste, e devono essere proporzionate alle colpe. Dike vuol dire equilibrio. C'è sempre l'immagine di una bilancia in azione. Così chi è sottoposto alla pena può diventare migliore e ne può trarre utile vantaggio. La pena insomma deve servire a qualcosa. Questo funziona quando si tratta di quelli che hanno commesso colpe guaribili. Ma coloro che si sono macchiati di crimini atroci, troppo gravi per essere corretti, sono diventati incurabili. Nessun rimedio è possibile. Per essi la pena non può servire a migliorarli. Se si mantiene la relazione tra la pena e la colpa, allora a che cosa serve? Hanno una funzione straordinaria, diventano paradeigmata, proprio così, paradigmi, che servono da modello esemplare utile per tutti. I grandi dannati che sono sottoposti alle pene eterne non possono perciò guarire. La pena, se guardiamo dalla loro prospettiva, è doppiamente vana. In questo sta forse la punizione, ma soprattutto il significato. Non c'è rimedio per i loro mali e per la loro anima. Non c'è espiazione. Non pagano nemmeno la loro colpa, perché non c'è compenso possibile per certi delitti. Non è questo l'obiettivo. Ma dalle loro sofferenze infinite possono imparare tutti gli altri. Diventano un monito. Ma c'è anche qualche problema. Perfino nella giustizia eterna. Per capirci qualcosa studieremo il caso di Sisifo e della sua pietra.File | Dimensione | Formato | |
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