Il volume si fonda sulla consapevolezza che non esiste una storia del cinema bensì una pluralità di storie, del cinema o di ciò in cui il cinema si è trasformato dopo le rivoluzioni (tecnologiche, culturali, politiche, economiche) avvenute tra la fine del vecchio e l’inizio del nuovo millennio. Da qui l’idea di un racconto – in cui la prospettiva storica si intrecci con quella teorica – affidato a una serie di studiosi di generazioni diverse e di primissimo piano sia a livello nazionale che internazionale. Partendo dall’oggi per un percorso à rebours, il manuale è scandito da undici capitoli ciascuno dei quali, a propria volta, è anticipato e seguito da “contesti” e “controstorie”: apparati nei quali si forniscono al lettore le coordinate storiche, politiche, sociali in cui si collocano i fenomeni cinematografici affrontati nei capitoli, così come brevi ma dense riflessioni mirate a problematizzare alcune questioni cruciali riguardanti la settima arte. Sfruttando questo impianto originale, l’obiettivo del libro è dare vita alla trama omogenea di una storia globale, costruita sul fitto intreccio delle tante narrazioni che la compongono.

Nei primi anni Ottanta del Novecento, quando ancora di globalizzazione si parlava solo nei dipartimenti di comunicazione di massa, espressioni come world music e world cinema invece cominciavano prepotentemente a imporsi, nel discorso pubblico come negli scaffali dei negozi. Per troppo a lungo, le storie del cinema, con la parziale eccezione di quelle che contenevano l’aggettivo mondiale nel titolo, e magari a più volumi, hanno riproposto, con alcune varianti, uno schema binario unico, in cui l’Occidente (West) finiva per coincidere con Hollywood, e tutte le altre cinematografie, quelle europee comprese (Rest), finivano compresse nel medesimo contenitore, ciascuna interpretata nelle sue varie fasi in relazione al modello unico di riferimento. Salvo rare eccezioni, le cinematografie del Sud e dell’Est hanno scontato e scontano tuttora in Italia, nei manuali di storia del cinema più letti, una marginalizzazione occidentalocentrica a tratti ancora più brutale. Abbiamo scelto, in questo capitolo, di dar conto di alcune linee di sviluppo che caratterizzano le produzioni provenienti da Asia, Africa e America Latina limitatamente all’ultimo quarantennio scarso, partendo cioè dai primi anni Ottanta. Nell’impossibilità di fornire un resoconto complessivo delle dinamiche produttive e delle coordinate estetiche dominanti, abbiamo seguito un approccio sintomatico, cercando di isolare alcune traiettorie e macroquestioni a vario titolo significative e utili a stabilire raffronti in chiave transnazionale con altre cinematografie ma partendo anzitutto dal lavoro di filtro e promozione che il mercato italiano e soprattutto i festival hanno svolto dai primi anni Ottanta nei confronti delle cinematografie asiatiche, africane e latinoamericane.

Sguardi dal Sud e dall’Est globale: Asia, Africa e America Latina

Marco Dalla Gassa
;
2020-01-01

Abstract

Nei primi anni Ottanta del Novecento, quando ancora di globalizzazione si parlava solo nei dipartimenti di comunicazione di massa, espressioni come world music e world cinema invece cominciavano prepotentemente a imporsi, nel discorso pubblico come negli scaffali dei negozi. Per troppo a lungo, le storie del cinema, con la parziale eccezione di quelle che contenevano l’aggettivo mondiale nel titolo, e magari a più volumi, hanno riproposto, con alcune varianti, uno schema binario unico, in cui l’Occidente (West) finiva per coincidere con Hollywood, e tutte le altre cinematografie, quelle europee comprese (Rest), finivano compresse nel medesimo contenitore, ciascuna interpretata nelle sue varie fasi in relazione al modello unico di riferimento. Salvo rare eccezioni, le cinematografie del Sud e dell’Est hanno scontato e scontano tuttora in Italia, nei manuali di storia del cinema più letti, una marginalizzazione occidentalocentrica a tratti ancora più brutale. Abbiamo scelto, in questo capitolo, di dar conto di alcune linee di sviluppo che caratterizzano le produzioni provenienti da Asia, Africa e America Latina limitatamente all’ultimo quarantennio scarso, partendo cioè dai primi anni Ottanta. Nell’impossibilità di fornire un resoconto complessivo delle dinamiche produttive e delle coordinate estetiche dominanti, abbiamo seguito un approccio sintomatico, cercando di isolare alcune traiettorie e macroquestioni a vario titolo significative e utili a stabilire raffronti in chiave transnazionale con altre cinematografie ma partendo anzitutto dal lavoro di filtro e promozione che il mercato italiano e soprattutto i festival hanno svolto dai primi anni Ottanta nei confronti delle cinematografie asiatiche, africane e latinoamericane.
2020
Le storie del cinema. Dalle origini al digitale
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