Questo libro rappresenta uno dei pochi contributi italiani agli studi musicologici sul genere e sulla sessualità, che hanno conosciuto negli ultimi decenni un significativo sviluppo oltreoceano, rimanendo di converso un ambito di ricerca ancora scarsamente esplorato nel nostro Paese. Tra gli anni Settanta e Duemila, l’incontro del teatro musicale contemporaneo con il mito di Fedra vede protagonisti Benjamin Britten, Sylvano Bussotti e Hans Werner Henze, compositori tutti e tre omosessuali. Le loro elaborazioni scenico-musicali dell’antico racconto di un amore incestuoso, e quindi censurato dalle norme sociali, vengono lette come portatrici delle istanze di tre autori che, partendo dal proprio vissuto, hanno raccontato sulle scene teatrali (in maniera ora esplicita ora più celata) forme di desiderio erotico non normative. Anche rintracciando il materiale archivistico esistente, il libro esamina i diversi adattamenti con un atteggiamento analitico teso a leggere la partitura come sede di tensioni dialettiche tra l’identità del compositore e il contesto storico-sociale in cui egli ha operato. Se interpretata alla luce degli aspetti che, attraverso le fonti letterarie, il libretto e la drammaturgia, danno voce alle identità non normative, la partitura rivela come anche la musica, la più intangibile delle arti, può raccontarci aspetti dell’umanità sottaciuti nel mondo reale perché considerati tabù.

La seduzione «queer» di Fedra. Il mito secondo Britten, Bussotti e Henze. Prefazione di Michele Girardi

Marsico, Federica
2020-01-01

Abstract

Questo libro rappresenta uno dei pochi contributi italiani agli studi musicologici sul genere e sulla sessualità, che hanno conosciuto negli ultimi decenni un significativo sviluppo oltreoceano, rimanendo di converso un ambito di ricerca ancora scarsamente esplorato nel nostro Paese. Tra gli anni Settanta e Duemila, l’incontro del teatro musicale contemporaneo con il mito di Fedra vede protagonisti Benjamin Britten, Sylvano Bussotti e Hans Werner Henze, compositori tutti e tre omosessuali. Le loro elaborazioni scenico-musicali dell’antico racconto di un amore incestuoso, e quindi censurato dalle norme sociali, vengono lette come portatrici delle istanze di tre autori che, partendo dal proprio vissuto, hanno raccontato sulle scene teatrali (in maniera ora esplicita ora più celata) forme di desiderio erotico non normative. Anche rintracciando il materiale archivistico esistente, il libro esamina i diversi adattamenti con un atteggiamento analitico teso a leggere la partitura come sede di tensioni dialettiche tra l’identità del compositore e il contesto storico-sociale in cui egli ha operato. Se interpretata alla luce degli aspetti che, attraverso le fonti letterarie, il libretto e la drammaturgia, danno voce alle identità non normative, la partitura rivela come anche la musica, la più intangibile delle arti, può raccontarci aspetti dell’umanità sottaciuti nel mondo reale perché considerati tabù.
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