In questo saggio si presenta un percorso culturale attraverso luoghi e monumenti veneziani che si richiamano alla figura del 'moro', proponendo un confronto con il più letterariamente e teatralmente celebre Moro di Venezia per eccellenza, l'Otello di Shakespeare. Applicando il gesto classico della critica di impostazione neostoricista, che giustappone a un testo classico un artefatto minore capace di illuminare il 'classico' da una prospettiva diversa, questo contributo suggerisce che l'osservazione dei meccanismi che hanno portato la tradizione popolare ad associare diversi siti veneziani ai 'mori' possa dare indicazioni preziosi per interpretare l'etnicità immaginaria del personaggio shakespeariano. Lungi dal costituire una precisa categoria etnografica, il 'moro' si rivela infatti essere una classica figura di proiezione, figura ambivalente e polisemica a cui vengono attribuiti caratteristiche diverse in luoghi e momenti diversi. Ecco che i vari mori di Venezia sono spesso figure leggendarie, o etnicamente neutre, o provenienti da contesti culturali lontanissimi da quelli associati alla nozione di 'moro', ma che riflettono fantasie e ansie ricapitolate da questa ambigua etichetta. Esemplare è in particolare l'aneddoto che vuole che il gruppo scultoreo dei Tetrarchi incastonato sul fianco della Basilica di San Marco racchiuda il corpo pietrificato di quattro ladri musulmani, giunti a Venezia per rapire le spoglie del santo, che in realtà proprio dai veneziano furono trafugate con uno stratagemma. Proprio come avviene nella trama della tragedia shakespeariana il moro diventa il capro espiatorio di azioni e sentimenti di cui l'accusatore stesso si è reso responsabile. Il saggio si conclude con una riflessione filosofica, ispirata dagli studi di Giorgio Agamben, sulla figura della pietrificazione e il suo rapporto con il meccanismo di costruzione del pregiudizio.
'Fixed Figures': gli altri mori di Venezia
BASSI, Shaul
2012-01-01
Abstract
In questo saggio si presenta un percorso culturale attraverso luoghi e monumenti veneziani che si richiamano alla figura del 'moro', proponendo un confronto con il più letterariamente e teatralmente celebre Moro di Venezia per eccellenza, l'Otello di Shakespeare. Applicando il gesto classico della critica di impostazione neostoricista, che giustappone a un testo classico un artefatto minore capace di illuminare il 'classico' da una prospettiva diversa, questo contributo suggerisce che l'osservazione dei meccanismi che hanno portato la tradizione popolare ad associare diversi siti veneziani ai 'mori' possa dare indicazioni preziosi per interpretare l'etnicità immaginaria del personaggio shakespeariano. Lungi dal costituire una precisa categoria etnografica, il 'moro' si rivela infatti essere una classica figura di proiezione, figura ambivalente e polisemica a cui vengono attribuiti caratteristiche diverse in luoghi e momenti diversi. Ecco che i vari mori di Venezia sono spesso figure leggendarie, o etnicamente neutre, o provenienti da contesti culturali lontanissimi da quelli associati alla nozione di 'moro', ma che riflettono fantasie e ansie ricapitolate da questa ambigua etichetta. Esemplare è in particolare l'aneddoto che vuole che il gruppo scultoreo dei Tetrarchi incastonato sul fianco della Basilica di San Marco racchiuda il corpo pietrificato di quattro ladri musulmani, giunti a Venezia per rapire le spoglie del santo, che in realtà proprio dai veneziano furono trafugate con uno stratagemma. Proprio come avviene nella trama della tragedia shakespeariana il moro diventa il capro espiatorio di azioni e sentimenti di cui l'accusatore stesso si è reso responsabile. Il saggio si conclude con una riflessione filosofica, ispirata dagli studi di Giorgio Agamben, sulla figura della pietrificazione e il suo rapporto con il meccanismo di costruzione del pregiudizio.File | Dimensione | Formato | |
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