L’art. 2093 chiude la Sezione I del Capo I del Titolo II del Libro del lavoro dedicato alla figura dell’imprenditore. È quindi una disposizione di carattere generale che delinea l’ubi consistam dell’impresa, inserita però, secondo la logica propria dell’epoca in cui è stata scritta, entro il sistema corporativo e dirigistico proprio del fascismo. Essa ci dice che agli enti pubblici « inquadrati nelle associazioni professionali » ed alle imprese pubbliche, anche se « esercitate » da un ente istituzionale, si applicano le disposizioni del Libro V. In sostanza tutto quanto attiene alla struttura giuridica di tali soggetti non accede al diritto amministrativo, ma trova la propria fonte regolativa nel codice di diritto privato e segnatamente nel Libro dedicato alla produzione ed ai produttori. Sennonché — ad onta di questa vocazione totalizzante — l’attenzione di giudici e dottori, fin dall’entrata in vigore del codice civile, è stata fondamentalmente attratta dall’idea che l’art. 2093 fornisse indicazioni circa lo statuto giuridico non tanto dell’ente-impresa in generale, quanto del rapporto di lavoro corrente con i dipendenti di tali istituzioni. Il commento che segue corrisponde quindi alla storia dell’impiego dell’art. 2093 così come delineata dal diritto vivente giurisprudenziale e dottrinale. Ciò non toglie che una parte importante della trattazione sia dedicata a delineare i tratti caratterizzanti dei soggetti pubblici indicati dalla norma. L’autore pone particolare attenzione nel fissare la regolamentazione di confini tra fenomeni contigui, ma diversi, come le nozioni di ente pubblico e società pubblica (o in mano pubblica). Ne risulta un importante contributo in termini di chiarificazione dei tratti che circoscrivono il carattere “economico” dell’ente pubblico e, in una prospettiva un po’ più à la page, della non facile distinzione fra questo e le cosiddette società in house. L’autore peraltro sottolinea come la tendenza legislativa più recente, distribuita in una massa normativa erratica e di difficile lettura, non sia affatto diretta al superamento della figura dell’ente pubblico economico. Anzi, a suo avviso, dopo l’ubriacatura dell’ideologia delle privatizzazioni degli anni novanta, sussisterebbero corposi indizi di una nuova giovinezza del modello (un esempio fra i tanti è la neonata “Agenzia delle entrate - Riscossione”, che è testualmente definita dalla legge come “ente pubblico economico”). Infatti il modello dell’ente pubblico economico consente l’applicazione di un regime di diritto privato, caratterizzato da deroghe pubblicistiche meno rilevanti di quelle applicabili alle società pubbliche (v. il d.lgs. n. 175 del 2016). Ciò acquisito la parte centrale dell’opera è ovviamente dedicata a delineare lo statuto giuridico dei lavoratori dipendenti dagli enti pubblici economici e delle imprese esercitate da altri enti pubblici, seguendo l’itinerario tracciato dalla dinamica del rapporto di lavoro. Il volume si sofferma in particolare, con dovizia di indicazioni dottrinarie e giurisprudenziali, sui più rilevanti profili in discussione nel delicato equilibrio fra la natura pubblica del soggetto-datore e la struttura privatistica del rapporto di lavoro. Vengono così in considerazione i nodi del reclutamento e delle progressioni in carriera del personale, rispetto ai quali si pone la questione della trasparenza e della selezione dei più meritevoli, pur sempre inserite in un contesto privatistico e senza ovviamente la stretta osservanza del principio del pubblico concorso. Concludono il volume due dense sezioni, tendenzialmente speculari, sulle discipline di matrice pubblicistica (ad onta della natura privata del rapporto) e di matrice privatistica (ad onta della natura pubblica dell’ente-datore) applicabili ai dipendenti nello svolgimento ed alla cessazione del rapporto di lavoro.
I rapporti di lavoro nelle imprese esercitate da enti pubblici - art. 2093
M. Falsone
2018-01-01
Abstract
L’art. 2093 chiude la Sezione I del Capo I del Titolo II del Libro del lavoro dedicato alla figura dell’imprenditore. È quindi una disposizione di carattere generale che delinea l’ubi consistam dell’impresa, inserita però, secondo la logica propria dell’epoca in cui è stata scritta, entro il sistema corporativo e dirigistico proprio del fascismo. Essa ci dice che agli enti pubblici « inquadrati nelle associazioni professionali » ed alle imprese pubbliche, anche se « esercitate » da un ente istituzionale, si applicano le disposizioni del Libro V. In sostanza tutto quanto attiene alla struttura giuridica di tali soggetti non accede al diritto amministrativo, ma trova la propria fonte regolativa nel codice di diritto privato e segnatamente nel Libro dedicato alla produzione ed ai produttori. Sennonché — ad onta di questa vocazione totalizzante — l’attenzione di giudici e dottori, fin dall’entrata in vigore del codice civile, è stata fondamentalmente attratta dall’idea che l’art. 2093 fornisse indicazioni circa lo statuto giuridico non tanto dell’ente-impresa in generale, quanto del rapporto di lavoro corrente con i dipendenti di tali istituzioni. Il commento che segue corrisponde quindi alla storia dell’impiego dell’art. 2093 così come delineata dal diritto vivente giurisprudenziale e dottrinale. Ciò non toglie che una parte importante della trattazione sia dedicata a delineare i tratti caratterizzanti dei soggetti pubblici indicati dalla norma. L’autore pone particolare attenzione nel fissare la regolamentazione di confini tra fenomeni contigui, ma diversi, come le nozioni di ente pubblico e società pubblica (o in mano pubblica). Ne risulta un importante contributo in termini di chiarificazione dei tratti che circoscrivono il carattere “economico” dell’ente pubblico e, in una prospettiva un po’ più à la page, della non facile distinzione fra questo e le cosiddette società in house. L’autore peraltro sottolinea come la tendenza legislativa più recente, distribuita in una massa normativa erratica e di difficile lettura, non sia affatto diretta al superamento della figura dell’ente pubblico economico. Anzi, a suo avviso, dopo l’ubriacatura dell’ideologia delle privatizzazioni degli anni novanta, sussisterebbero corposi indizi di una nuova giovinezza del modello (un esempio fra i tanti è la neonata “Agenzia delle entrate - Riscossione”, che è testualmente definita dalla legge come “ente pubblico economico”). Infatti il modello dell’ente pubblico economico consente l’applicazione di un regime di diritto privato, caratterizzato da deroghe pubblicistiche meno rilevanti di quelle applicabili alle società pubbliche (v. il d.lgs. n. 175 del 2016). Ciò acquisito la parte centrale dell’opera è ovviamente dedicata a delineare lo statuto giuridico dei lavoratori dipendenti dagli enti pubblici economici e delle imprese esercitate da altri enti pubblici, seguendo l’itinerario tracciato dalla dinamica del rapporto di lavoro. Il volume si sofferma in particolare, con dovizia di indicazioni dottrinarie e giurisprudenziali, sui più rilevanti profili in discussione nel delicato equilibrio fra la natura pubblica del soggetto-datore e la struttura privatistica del rapporto di lavoro. Vengono così in considerazione i nodi del reclutamento e delle progressioni in carriera del personale, rispetto ai quali si pone la questione della trasparenza e della selezione dei più meritevoli, pur sempre inserite in un contesto privatistico e senza ovviamente la stretta osservanza del principio del pubblico concorso. Concludono il volume due dense sezioni, tendenzialmente speculari, sulle discipline di matrice pubblicistica (ad onta della natura privata del rapporto) e di matrice privatistica (ad onta della natura pubblica dell’ente-datore) applicabili ai dipendenti nello svolgimento ed alla cessazione del rapporto di lavoro.File | Dimensione | Formato | |
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