Negli anni Settanta la questione geografica e le esigenze allestitive della Biennale di Venezia affrontano un salto di scala, oltre che una significativa e proficua crisi di ripensamento, legati in parte ma anche simulati dalla necessità di cambiamenti strutturali alla sua modalità di gestione. I Giardini divengono allora sede non solo di manifestazioni contro l’autoritarismo politico o il capitalismo che avrebbe contaminato il sistema dell’arte, ma di nuove istanze e ricerche che comprendono azioni, videoarte, interazioni differenti col pubblico, esperienze di arte ambientale che si allargano anche ad altre sedi, nell’ambizione di coinvolgere la città e certe sue aree dimenticate, di creare una situazione partecipativa. Questa ricerca inizia da quel mutamento genetico che è l’edizione del 1968, investita dalla protesta e da un flusso di sollecitazioni urgenti, alla prima vera Biennale tematica del 1976, fino al crinale del 1980. La storyline individua però delle emergenze, siano esse cambiamenti strutturali, presenze significative o questioni da enucleare: è retta e condotta attraverso episodi che intendono porsi come interstizi di significato, o perché evidenziano particolari momenti di svolta o cortocircuiti di interesse critico e interpretativo, approfondendo alcuni nodi tematici, dalla questione dell'ufficio vendite alle prime presenze performative, dalle edizioni senza numero del 1974, 1975 e 1977 al confronto con Kassel.
Autori: | Portinari (Corresponding) | |
Titolo: | Anni settanta. La Biennale di Venezia | |
Data di pubblicazione: | 2018 | |
Appare nelle tipologie: | 1.01 Monografia o trattato scientifico |
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