Il contributo indaga la memoria di Azia Maggiore, madre di Augusto. Pur pervenuta a noi attraverso una tradizione eterogenea che individua in Nicolao di Damasco il principale testimone, essa sembra derivare dall’Autobiografia di Augusto e configurarsi come l’esito di meditate strategie comunicative del principe, artefice di una rilettura di alcuni momenti della biografia della madre con l’intento di assicurare post res solide giustificazioni alla sua condotta nei turbolenti anni triumvirali. La memoria della matrona, lungi dal rivestire un valore autonomo, trovava infatti la sua ragion d’essere in rapporto al figlio dall’eccezionale destino, per le azioni del quale fornisce precisazioni e giustificazioni. In ottemperanza a questa prospettiva, il ritratto di Azia si connota come esaltazione di quelle virtutes di cui, secondo il mos maiorum, una matrona doveva disporre; tuttavia registra l’adozione da parte della donna anche di comportamenti in parte dissonanti rispetto al modello tradizionale: in particolare la violazione del confine della domus, che identificava gli spazi fisici ma anche gli ambiti ideologici dell’agire femminile; inoltre l’uso della parola, tradizionalmente prerogativa maschile, connessa alla vita pubblica; infine l’interferenza in ambito politico, soprattutto per tramite del figlio. La memoria di Azia, dunque, non sembra rispondesse solo all’obiettivo generico di dar lustro al figlio tramite l’immagine standardizzata di una madre virtuosa, ma pare fosse funzionale anche al perseguimento di obiettivi più circostanziati, per i quali si imponeva la valorizzazione di iniziative della donna estranee alla prassi canonica dell’agire femminile. In questo senso alcuni passaggi della biografia della donna opportunamente assicurano un’efficace replica a quelle accuse che erano state mosse a Ottaviano da Antonio e che dopo la morte del triumviro d’Oriente alcuni esponenti della famiglia di quest’ultimo e del gruppo dei suoi sostenitori ancora rivolgevano a Ottaviano divenuto Augusto. Così la memoria di Azia concorre efficacemente a ribadire la solidità del legame tra Giulio Cesare e il giovane Gaio Ottavio, conseguenza dell’affetto ma anche del vincolo di sangue tra i due, prima giustificazione dell’adozione e quindi dell’eredità politica lasciata dal dittatore al nipote. Così il ricordo di Azia contribuisce a nobilitare le contestate origini oscuro loco di Gaio Ottavio, figlio di un homo novus di Velletri, sia ricordando la discendenza dalla nobilissima Gens Iulia sia evocando il concepimento divino, per il quale il padre naturale del futuro Augusto sarebbe stato Apollo. Così Azia, nell’esercizio di quel ruolo di educatrice del figlio che la tradizione attribuiva proprio alle matres familias, aveva garantito la moralità di Gaio Ottavio, divenuto, in contrapposizione al lascivo collega d’Oriente, incarnazione del mos maiorum e del modello di vita occidentale. Così, infine, Azia aveva incoraggiato alla pratica militare il figlio, contestato invece in più occasioni per le sue scarse capacità e il suo insufficiente coraggio, e ne aveva constatato le capacità e il valore. La memoria della matrona, dunque, quando era ancora in vita ma soprattutto dopo la sua morte, rappresentò per il figlio uno strumento importante di replica alle accuse che gli venivano mosse nel contesto della polemica politica del tempo: accuse riferite ai complessi anni della sua prima attività politica ma pericolose anche quando si accingeva a rifondare la res publica come principato e si imponeva che la sua immagine non venisse intaccata da ombre. Se l’occasione di una prima valorizzazione di tale memoria potrebbe essere stata la laudatio funebris del 43 a.C., l’Autobiografia probabilmente intorno al 25 a.C. avrebbe potuto costituire l’occasione per una organica rilettura di questa preziosa biografia femminile. Nicolao di Damasco avrebbe poi acquisito segmenti importanti di tale ritratto, diffondendolo in Oriente lì dove il nemico Antonio aveva fidelizzato regni clienti e quindi si imponeva una valorizzazione del nuovo signore di Roma. La selezione dei passi da conservare effettuata da Costantino VII Porfirogenito, che ha privilegiato quelle notizie che potessero illustrare le due categorie delle virtù di Augusto e delle insidie che il principe dovette affrontare, suggerisce come i riferimenti ad Azia sopravvissuti dovessero essere interpretati proprio come esemplificativi delle virtutes di Augusto e quindi, probabilmente, come dovessero essere stati concepiti nella loro prima elaborazione, nell’Autobiografia augustea, e poi nella redazione mutuata della Biografia del principe di Nicolao di Damasco, in questa prospettiva.
Dopo Ottaviano: la Azia di Augusto.
ROHR, Francesca
2018-01-01
Abstract
Il contributo indaga la memoria di Azia Maggiore, madre di Augusto. Pur pervenuta a noi attraverso una tradizione eterogenea che individua in Nicolao di Damasco il principale testimone, essa sembra derivare dall’Autobiografia di Augusto e configurarsi come l’esito di meditate strategie comunicative del principe, artefice di una rilettura di alcuni momenti della biografia della madre con l’intento di assicurare post res solide giustificazioni alla sua condotta nei turbolenti anni triumvirali. La memoria della matrona, lungi dal rivestire un valore autonomo, trovava infatti la sua ragion d’essere in rapporto al figlio dall’eccezionale destino, per le azioni del quale fornisce precisazioni e giustificazioni. In ottemperanza a questa prospettiva, il ritratto di Azia si connota come esaltazione di quelle virtutes di cui, secondo il mos maiorum, una matrona doveva disporre; tuttavia registra l’adozione da parte della donna anche di comportamenti in parte dissonanti rispetto al modello tradizionale: in particolare la violazione del confine della domus, che identificava gli spazi fisici ma anche gli ambiti ideologici dell’agire femminile; inoltre l’uso della parola, tradizionalmente prerogativa maschile, connessa alla vita pubblica; infine l’interferenza in ambito politico, soprattutto per tramite del figlio. La memoria di Azia, dunque, non sembra rispondesse solo all’obiettivo generico di dar lustro al figlio tramite l’immagine standardizzata di una madre virtuosa, ma pare fosse funzionale anche al perseguimento di obiettivi più circostanziati, per i quali si imponeva la valorizzazione di iniziative della donna estranee alla prassi canonica dell’agire femminile. In questo senso alcuni passaggi della biografia della donna opportunamente assicurano un’efficace replica a quelle accuse che erano state mosse a Ottaviano da Antonio e che dopo la morte del triumviro d’Oriente alcuni esponenti della famiglia di quest’ultimo e del gruppo dei suoi sostenitori ancora rivolgevano a Ottaviano divenuto Augusto. Così la memoria di Azia concorre efficacemente a ribadire la solidità del legame tra Giulio Cesare e il giovane Gaio Ottavio, conseguenza dell’affetto ma anche del vincolo di sangue tra i due, prima giustificazione dell’adozione e quindi dell’eredità politica lasciata dal dittatore al nipote. Così il ricordo di Azia contribuisce a nobilitare le contestate origini oscuro loco di Gaio Ottavio, figlio di un homo novus di Velletri, sia ricordando la discendenza dalla nobilissima Gens Iulia sia evocando il concepimento divino, per il quale il padre naturale del futuro Augusto sarebbe stato Apollo. Così Azia, nell’esercizio di quel ruolo di educatrice del figlio che la tradizione attribuiva proprio alle matres familias, aveva garantito la moralità di Gaio Ottavio, divenuto, in contrapposizione al lascivo collega d’Oriente, incarnazione del mos maiorum e del modello di vita occidentale. Così, infine, Azia aveva incoraggiato alla pratica militare il figlio, contestato invece in più occasioni per le sue scarse capacità e il suo insufficiente coraggio, e ne aveva constatato le capacità e il valore. La memoria della matrona, dunque, quando era ancora in vita ma soprattutto dopo la sua morte, rappresentò per il figlio uno strumento importante di replica alle accuse che gli venivano mosse nel contesto della polemica politica del tempo: accuse riferite ai complessi anni della sua prima attività politica ma pericolose anche quando si accingeva a rifondare la res publica come principato e si imponeva che la sua immagine non venisse intaccata da ombre. Se l’occasione di una prima valorizzazione di tale memoria potrebbe essere stata la laudatio funebris del 43 a.C., l’Autobiografia probabilmente intorno al 25 a.C. avrebbe potuto costituire l’occasione per una organica rilettura di questa preziosa biografia femminile. Nicolao di Damasco avrebbe poi acquisito segmenti importanti di tale ritratto, diffondendolo in Oriente lì dove il nemico Antonio aveva fidelizzato regni clienti e quindi si imponeva una valorizzazione del nuovo signore di Roma. La selezione dei passi da conservare effettuata da Costantino VII Porfirogenito, che ha privilegiato quelle notizie che potessero illustrare le due categorie delle virtù di Augusto e delle insidie che il principe dovette affrontare, suggerisce come i riferimenti ad Azia sopravvissuti dovessero essere interpretati proprio come esemplificativi delle virtutes di Augusto e quindi, probabilmente, come dovessero essere stati concepiti nella loro prima elaborazione, nell’Autobiografia augustea, e poi nella redazione mutuata della Biografia del principe di Nicolao di Damasco, in questa prospettiva.File | Dimensione | Formato | |
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