Il saggio analizza un’opera della spagnola Olga de Soto (1970) e una del francese di origine algerina Rachid Ouramdane (1971) create nel 2004 a partire da un omaggio a Le Jeune homme et la Mort (1946), un balletto di Jean Cocteau e Roland Petit diventato un classico della danza moderna. Ad accumunare Histoire(s) e Les morts pudiques è la questione dell’eredità culturale. De Soto e Ouramdane appartengono a una schiera di coreografi contemporanei che, da alcuni anni, costruiscono i loro spettacoli facendo riferimento a opere del passato e affiancando il processo di rimemorazione a quello della documentazione, fino a mettere talvolta in discussione i presupposti e il funzionamento del canone storico. De Soto si confronta con un’eredità in parte negata dalle insidie dell’oblio, che la sua indagine sulla ricezione del balletto da parte di otto spettatori della prima rappresentazione rivela. Ouramdane, invece, desiderando farsi erede di una storia e di una tradizione a cui sente di appartenere, si è visto negare questa possibilità da Petit in nome del diritto d’autore. Il saggio guarda all’esperienza di de Soto e Ouramdane come a un modo per sollecitare nel pubblico un atteggiamento più attivo e critico nei confronti delle tracce del passato, e la sua partecipazione alla costruzione di una storia della danza meno immutabile e assoluta di quella spesso tramandata per via istituzionale. L’autrice dimostra, inoltre, come anche lo statuto di opera canonica apparentemente solido sul piano istituzionale di Le Jeune homme et la Mort celi in realtà una trasmissione tormentata proprio nei modi e nelle forme in cui è stata ereditata.
Eredità negate. Canone, storia e memoria
FRANCO, Susanne
2010-01-01
Abstract
Il saggio analizza un’opera della spagnola Olga de Soto (1970) e una del francese di origine algerina Rachid Ouramdane (1971) create nel 2004 a partire da un omaggio a Le Jeune homme et la Mort (1946), un balletto di Jean Cocteau e Roland Petit diventato un classico della danza moderna. Ad accumunare Histoire(s) e Les morts pudiques è la questione dell’eredità culturale. De Soto e Ouramdane appartengono a una schiera di coreografi contemporanei che, da alcuni anni, costruiscono i loro spettacoli facendo riferimento a opere del passato e affiancando il processo di rimemorazione a quello della documentazione, fino a mettere talvolta in discussione i presupposti e il funzionamento del canone storico. De Soto si confronta con un’eredità in parte negata dalle insidie dell’oblio, che la sua indagine sulla ricezione del balletto da parte di otto spettatori della prima rappresentazione rivela. Ouramdane, invece, desiderando farsi erede di una storia e di una tradizione a cui sente di appartenere, si è visto negare questa possibilità da Petit in nome del diritto d’autore. Il saggio guarda all’esperienza di de Soto e Ouramdane come a un modo per sollecitare nel pubblico un atteggiamento più attivo e critico nei confronti delle tracce del passato, e la sua partecipazione alla costruzione di una storia della danza meno immutabile e assoluta di quella spesso tramandata per via istituzionale. L’autrice dimostra, inoltre, come anche lo statuto di opera canonica apparentemente solido sul piano istituzionale di Le Jeune homme et la Mort celi in realtà una trasmissione tormentata proprio nei modi e nelle forme in cui è stata ereditata.I documenti in ARCA sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.